Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.4815 del 15/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12530/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF *****), in persona del Direttore p.t., rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

N.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 10058/33/14, depositata in data 20 novembre 2014, della Commissione Tributaria Regionale della Campania;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2021 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 10058/33/2014 la Commissione tributaria regionale della Campania, in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio ed in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, condannava il contribuente N.P. alla sanzione di cui al D.L. n. 167 del 1990, art. 5 in relazione alla riscontrata violazione di cui all’art. 4, comma 1, per l’omessa dichiarazione della titolarità delle quote della società Lemon & Co. s.r.l..

La vicenda traeva origine dall’impugnazione di un avviso di irrogazione delle sanzioni, relativamente all’anno di imposta 2006, in quanto il contribuente aveva omesso di indicare, nel Modello Unico, al quadro RW, redditi percepiti all’estero, essendo del tutto fittizia la cessione alla società maltese Nasopina Limited della partecipazione di controllo pari al 95% del capitale nella società Lemon & Co. s.r.l..

Osservava la CTR che del tutto errata era la sentenza di primo grado: in base a quest’ultima, posto che non era stata dimostrata la reale sussistenza dell’atto di cessione, nemmeno poteva ritenersi dimostrato il pagamento del prezzo della cessione, sicché veniva a mancare lo stesso presupposto di fatto radicante la pretesa impositiva di carattere sanzionatorio dell’Ufficio.

Al contrario, secondo la CTR, tale conclusione porterebbe all’assurdo di legittimare un atto simulato ad eludere l’applicazione della legge, sicché proprio il carattere simulato dell’atto, dimostrava che il contribuente solo formalmente si era spogliato della proprietà delle quote e dunque la mancata dichiarazione nel quadro RW della dichiarazione dei redditi comportava la violazione dell’art. 4 cit. e l’applicazione della sanzione di cui all’art. 5 “sull’ammontare degli importi non dichiarati che non possono essere quelli indicati nell’atto pubblico del 20.7.2005 per notaio G., stante il carattere simulato di tale atto cui non è seguito alcun pagamento del prezzo”.

Avverso tale sentenza l’Ufficio propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il contribuente è rimasto intimato ma ha depositato in data 23 novembre 2015 una memoria, ritualmente notificata all’Ufficio.

CONSIDERATO

che:

1. Prima di esaminare i motivi di ricorso, occorre preliminarmente dare atto che il contribuente, benché intimato, ha depositato una memoria, ritualmente notificata all’Ufficio, nella quale rappresenta l’avvenuta correzione di un errore materiale da parte della CTR che ha integrato la sentenza impugnata nel seguente modo: “a pag. 5 della sentenza, dopo le parole società Lemon & Co. s.r.l. aggiunge valore delle quote espresso secondo il valore nominale”.

1.1. L’atto depositato deve tuttavia considerarsi inutilizzabile poiché proveniente da soggetto non munito di procura speciale e dunque privo del potere di rappresentare la parte nel giudizio di cassazione.

1.2. Non avendo il difensore, al momento del deposito dell’atto ai sensi dell’art. 372 c.p.c., prodotto i documenti che giustificano la sua asserita qualità di procuratore speciale della parte in senso sostanziale, la Suprema Corte non è posta dunque in condizioni di valutare la sussistenza ed i limiti del potere rappresentativo.

2. Con il primo motivo l’Ufficio lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e art. 35, comma 3, e dell’art. 277 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, pur avendo la CTR riconosciuto la legittimità dell’irrogazione della sanzione, non avrebbe indicato l’importo esatto sul quale tale sanzione andava calcolata, limitandosi ad escludere che tale sanzione potesse essere pari al prezzo della cessione in quanto fittizia e dunque omettendo di indicare il criterio ritenuto legittimo per procedere al ricalcolo della stessa.

3. Con il secondo motivo l’Ufficio lamenta l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, essendo stato provato che il contribuente aveva realizzato un’interposizione fittizia di un soggetto estero nella titolarità delle quote della Lemon ed essendo egli rimasto titolare occulto della partecipazione di controllo in detta società, ne deriverebbe come unica conseguenza che il N. era detentore di attività estere di natura finanziaria, che lo stesso aveva tentato di nascondere all’Erario, attraverso la simulata cessione delle quote alla società maltese, che in realtà erano rimaste nella sua titolarità, e tali attività dovevano quindi essere quantificate, come minimo, in un importo pari alla somma della cessione fittizia, e cioè Euro 1.200.000.

3.1. Il primo motivo è fondato.

3.2. Nell’accogliere la pretesa dell’Ufficio e nel sottolineare la necessità di sanzionare la violazione degli obblighi dichiarativi, in relazione al valore delle quote rimaste ancora nella titolarità del contribuente, la CTR si è limitata ad escludere che il valore di tali quote potesse coincidere con il corrispettivo della cessione, ritenendo che, essendo quest’ultima fittizia, anche il prezzo doveva considerarsi tale.

3.3. In tal modo, però, la CTR ha omesso di statuire sul rapporto sostanziale concernente la pretesa tributaria.

3.4. Come più volte statuito da questa Corte, infatti, “Il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva annullato l’avviso di accertamento per l’errata determinazione del “valore normale” dei beni ceduti dalla contribuente, senza provvedere alla nuova determinazione dei ricavi della contribuente secondo il criterio ritenuto legittimo)” (cfr. Cass. n. 19750 del 2014).

3.5. Come pure, secondo Cass. n. 27560 del 2018, “Il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte”.

4. La condivisione del primo motivo determina l’assorbimento del secondo, spettando alla CTR in sede di rinvio il compito di individuare il parametro al quale ragguagliare la sanzione.

5. Le considerazioni che precedono comportano dunque l’accoglimento del ricorso, sicché la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Campania che provvederà, in differente composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Campania, che provvederà, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

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