Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.4819 del 15/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 17234-2015 R.G., proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– Ricorrente –

contro

B.S., C.F. *****, elettivamente domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione, con indirizzo pec antoninogdistefano.pergiuffre.it, rappresentato e difeso dall’avv. Antonino G. Distefano;

– Controricorrente –

Avverso la sentenza n. 271/18/2014 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, depositata il 26.06.2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 13 ottobre 2021 dal Consigliere Dott. Francesco FEDERICI.

PREMESSO che:

A B.S. l’Agenzia delle entrate notificò l’avviso di diniego di definizione agevolata dei versamenti sospesi a seguito degli eventi sismici e vulcanici, che nell’ottobre del 2002 avevano interessato il territorio della Provincia di Catania. Il contribuente aveva chiesto di avvalersi del condono, ai sensi della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011, avendo sospeso i versamenti fiscali relativi alle annualità 2002/2005. L’Amministrazione finanziaria motivò il diniego per carenza del possesso dei requisiti soggettivi necessari. Nello specifico perché non poteva fruire della sospensione dei termini di adempimento alle obbligazioni fiscali, non essendo residente in uno dei Comuni individuati dal D.M. 14 novembre 2002, art. 1, emanato dal Ministero dell’economia, così come richiesto, ai sensi del D.L. 4 novembre 2002, n. 245, art. 4, convertito con modificazioni in L. 27 dicembre 2002, n. 286, per la sospensione dei termini di adempimento dei suddetti obblighi fiscali.

Il contribuente, che al contrario riteneva di essere nel possesso dei requisiti soggettivi, per esercitare il proprio lavoro presso una società avente sede in *****, compresa tra i Comuni identificati dal D.M., impugnò l’atto di diniego dinanzi alla Commissione tributaria di Catania, che con sentenza n. 608/03/2010 ne accolse le ragioni. Nel successivo giudizio dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate fu rigettato con la sentenza n. 271/18/2014, ora al vaglio della Corte. Il giudice regionale ritenne che dal tenore letterale della disciplina, secondo il testo normativo del cit. art. 4, come convertito con la L. n. 286 del 2002, erano compresi tra i beneficiari, oltre che i residenti, anche gli esercenti la propria attività lavorativa nei Comuni identificati con il D.M., così che la richiesta di definizione agevolata presentata dal B. doveva ritenersi corretta.

L’Agenzia delle entrate ha censurato la sentenza con un unico motivo, chiedendone la cassazione, cui ha resistito con controricorso il B..

Nell’Adunanza camerale del 13 ottobre 2021 la causa è stata trattata e decisa.

CONSIDERATO

Che:

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate ha denunciato la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 245 del 2002, art. 4, comma 1, convertito con modificazioni in L. n. 286 del 2002, della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1011, nonché del D.M. 4 novembre 2002, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’erronea interpretazione della normativa. La ricorrente assume che l’art. 4, comma 1, cit., si componga di due distinti periodi, il primo dei quali relativo alla sospensione di vari termini, sostanziali e processuali, anche previdenziali, il secondo dedicato invece specificamente alla sospensione dei termini tributari. Sostiene che l’ampliamento della platea dei beneficiari della normativa sulla sospensione, prevista con la L. di conversione n. 286 del 2002, riguarderebbe solo la prima parte dell’art. 4, non anche la seconda, specificamente dedicata ai termini tributari.

Il motivo è infondato.

La disciplina in esame è quella introdotta con il D.L. n. 245 del 2002, il cui art. 4, così originariamente recitava: “Per i soggetti che alle date del 29 e del 31 ottobre 2002 erano residenti nei territori individuati nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in pari data, sono sospesi fino al 31 marzo 2003 i termini di prescrizione, decadenza e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, anche previdenziali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, in scadenza nel periodo di vigenza delle dichiarazioni di emergenza. Con provvedimento adottato ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 9, comma 2, sono sospesi i termini per l’adempimento di obblighi di natura tributaria. Sono altresì sospesi per lo stesso periodo tutti i termini relativi ai processi esecutivi, mobiliari e immobiliari, nonché ad ogni altro titolo di credito avente forza esecutiva di data anteriore ai decreti sopra citati e alle rate dei mutui di qualsiasi genere in scadenza nel medesimo periodo. Sono altresì sospesi per il predetto periodo i termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi amministrativi e giurisdizionali. Con ordinanza adottata ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225, art. 5, comma 2, si provvede a disciplinare la sospensione degli obblighi di leva”. Con la legge di conversione n. 286 del 2002 furono apportate delle modifiche, e, per quanto qui d’interesse ai fini della decisione della causa, con l’allegato all’articolo unico fu previsto che la platea dei beneficiari delle sospensioni, originariamente circoscritta ai residenti nei territori individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, furono aggiunti coloro che “avevano sede operativa o esercitavano la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione nei comuni”. E’ a questa modificazione, introdotta con la legge di conversione, che il giudice regionale ha fatto riferimento per ritenere che il contribuente, quale lavoratore, ancorché non residente, ma esercente la propria attività lavorativa in uno dei Comuni individuati dal D.M. 4 novembre 2002, potesse beneficiare dei termini di sospensione per l’adempimento degli obblighi di natura tributaria, e successivamente pertanto, come ha fatto, chiedere la definizione agevolata dei versamenti fiscali sospesi, ricorrendo alla disciplina di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1011.

L’Agenzia delle entrate invece sostiene l’erroneità di tale interpretazione perché la modifica apportata in sede di conversione del decreto legge avrebbe riguardato solo il primo periodo, lasciando immodificato il secondo, relativo alle previsioni di natura tributaria, riconducibili esclusivamente, quanto alla individuazione del perimetro applicativo, all’emanazione di un decreto ministeriale, laddove il primo periodo riserva la identificazione dell’ambito applicativo a decreti del Presidente del consiglio dei ministri. In conclusione insiste sulla interpretazione secondo cui l’ampliamento della categoria dei destinatari afferisce alle sospensioni dei termini di cui al primo periodo, laddove per quelli tributari la platea resta circoscritta ai soli residenti nei Comuni individuati ai sensi della L. n. 212 del 2000.

L’interpretazione resa dalla ricorrente non può trovare condivisione.

Innanzitutto, sul piano della efficacia nella successione di una legge di conversione di un decreto legge, con modificazioni, non può verificarsi uno iato tra l’una e l’altra, soprattutto tenendo conto che la legge di conversione ha ampliato la platea dei destinatari di una disciplina agevolativa. Affermare che quella modifica non avrebbe avuto incidenza sul secondo periodo dell’art. 4, comma unico, ma solo sul primo periodo, lasciando ai soli termini di sospensione degli obblighi fiscali la perimetrazione originaria dei destinatari limitata ai residenti è un “non senso”. Nel comma, secondo periodo, non sono affatto ripetuti i destinatari, per i quali, con il decreto legge, così come con la legge di conversione, si rinvia alle categorie elencate nel primo periodo. Se le modificazioni apportate con la legge di conversione hanno “cancellato” il riferimento ai soli residenti, ampliando le categorie, non poteva certo verificarsi che per l’soli termini di sospensione degli obblighi tributari fosse procrastinabile una platea di destinatari (ridotta ai soli residenti) di cui nella norma non vi è più traccia per le modificazioni apportate dalla legge di conversione. E la pretesa distinzione di ambito applicativo soggettivo dei due periodi, che suggestivamente l’Amministrazione finanziaria pretende di ricondurre alle diversa autorità menzionate, i decreti della presidenza del consiglio dei ministri nel primo caso, i decreti ministeriali del ministero dell’economia nel secondo periodo, riguarda al più gli elementi identificativi oggettivi della legislazione di favore -i territori individuati dai PDCM, la determinazione dei termini di sospensione degli adempimenti fiscali dai D.M. – ma di certo non la platea dei fruitori della disciplina agevolativa prevista dalla norma, ossia la perimetrazione soggettiva dell’ambito applicativo della disciplina. D’altronde l’art. 4 cit. non si limita affatto a prevedere la sospensione dei termini relativi a qualsiasi diritto, azione ed eccezione, in scadenza nella vigenza delle dichiarazioni di emergenza, di cui al primo periodo, o a quelli relativi ai pagamenti fiscali di cui al secondo periodo, ma nei successivi periodi riferisce la sospensione a qualunque temine in scadenza nella fase di emergenza, compresi quelli esecutivi, processuali o relazionati a titoli di credito, nonché per rate di mutuo, pagamenti e attività difensive per ricorsi amministrativi e per la tutela giurisdizionale, sino alla sospensione degli obblighi di leva. Si tratta dunque di una disciplina tesa alla adozione di misure agevolative nell’ambito di politiche di emergenza, a fronte di eventi calamitosi per i quali il legislatore ha inteso apprestare le misure finalizzate a porre i territori colpiti da quegli eventi, e con essi i soggetti che in quei territori sono residenti oppure operano, nelle condizioni di fronteggiare al meglio i disagi. Ritenere dunque che, a fronte di una serie di interessi e “pesi” di varia natura, la norma assicurasse una platea ampia di fruitori solo per i termini relativi alle fattispecie elencate nel primo periodo, dedicando invece ad un ambito di destinatari ben più limitato tutte le altre ipotesi, comprese quelle fiscali, costituisce una interpretazione contraria al testo letterale della norma, oltre che una opzione interpretativa del tutto irragionevole.

D’altronde la conferma sulla correttezza di una interpretazione della disciplina meno rigorosa di quanto preteso dall’Agenzia delle entrate viene da alcuni precedenti di questa Corte, proprio in riferimento al D.L. n. 245 del 2002, art. 4 comma 1, ma con riguardo alla distinta questione della fruizione dell’ulteriore differimento del pagamento di rate di condono non pagate, cui l’Amministrazione finanziaria si opponeva sostenendo che il contribuente non avesse titolo a fruire di disposizioni sopravvenute per aver già goduto del beneficio fiscale. Ebbene, questa Corte, nell’interpretare la ratio del D.L. n. 245 del 2002, che richiama per gli aspetti fiscali la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 9, comma 2, (e dunque i D.M. 14 novembre 2002 e 17 maggio 2005), ha evinto che la sospensione o il differimento dell’adempimento degli obblighi tributari, riconosciuta a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili -quali i fenomeni vulcanici che interessarono nel 2002 e negli anni successivi alcune porzioni del territorio catanese -, impone una lettura letterale, logica e costituzionalmente orientata, pur in una materia di stretta interpretazione quale quella agevolativa, senza eccezioni sia nell’individuazione della categoria dei contribuenti, né limitazioni operative, che risulterebbero “inconferenti” laddove “si verte in tema di sospensione dei versamenti” (Cass., 20 gennaio 2014, n. 1074; 16 luglio 2014, n. 16296; 17 novembre 2014, n. 24415; cfr. anche 5 luglio 2017, n. 16556; 14 maggio 2018, n. 11628; 5 luglio 2018, n. 17634).

Può conclusivamente affermarsi che “In tema di agevolazioni tributarie, la sospensione dei termini di adempimento degli obblighi tributari, ai sensi del combinato disposto del D.L. 4 novembre 2002, n. 245, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 2002, n. 286, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 9, comma 2, si applica non solo ai residenti ma anche ai soggetti che alla data del 29 e del 31 ottobre 2002 esercitavano la propria attività lavorativa nei Comuni calamitati, in quanto il tenore di tale disciplina e la sua ratio, che è quella di favorire i contribuenti interessati da eventi eccezionali e imprevedibili, alla stregua di una interpretazione letterale, logica e costituzionalmente orientata, non consente di limitare la portata generale delle agevolazioni da essa previste, introducendo limitazioni soggettive non contemplate”.

Il giudice regionale ha deciso uniformandosi ai suddetti principi e il ricorso va pertanto rigettato.

All’esito del giudizio segue la soccombenza dell’Amministrazione finanziaria nelle spese processuali, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia alla rifusione delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese nella misura forfettaria del 15% e accessori come per legge dovuti.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

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