Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.4835 del 15/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 26259 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia;

– ricorrente –

contro

Comune di Covo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, giusta mandato speciale in calce al controricorso, dall’avv. Francesco Manaresi, col quale elettivamente si domicilia in Roma, alla via degli Scipioni, n. 267/a, presso lo studio dell’avv. Francesca Fegatelli;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, depositata in data 12 aprile 2016, n. 2159/16;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 gennaio 2022 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

sentita la Procura generale, in persona del sostituto procuratore generale Locatelli Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udita, per il Comune di Covo, l’avv. Francesca Fegatelli, per delega dell’avv. Francesco Manaresi.

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla sentenza impugnata che il Comune di Covo, in forza di convenzione per la cessione in proprietà di aree comprese nell’ambito del piano di zona ex L. n. 167 del 1962, per l’edilizia economica e popolare, cedette in proprietà alla cooperativa a r.l. Edilizia Rinnovamento aree con destinazione residenziale.

La cooperativa, ottenuto un mutuo di Euro 2.400.000,00, iniziò, ma non ultimò la costruzione di una palazzina residenziale, sicché, una volta fallita, il Comune di Covo riacquisì la proprietà delle aree, nonché, in virtù dell’accessione, le opere edilizie ivi realizzate.

Il Comune, tuttavia, subentrato anche nel rapporto di mutuo ipotecario stipulato dalla cooperativa, nel 2007 vendette all’asta la palazzina al rustico acquisita, senza sottoporre a iva l’operazione, in relazione alla quale versò, invece, l’imposta di registro. Ne seguì un avviso di accertamento col quale l’Agenzia delle entrate recuperò l’iva concernente il trasferimento dell’immobile, che il Comune impugnò, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo.

Quella regionale della Lombardia ha respinto il successivo appello del fisco, perché ha escluso la soggettività passiva del Comune, reputando, invece, che l’ente, con la cessione in questione, avesse ricercato la completa attuazione del piano di edilizia economico-popolare, nell’esercizio della propria funzione istituzionale; la pur concorrente finalità di utilizzare la provvista così ottenuta anche per l’estinzione dei propri debiti, in luogo di escludere la funzione istituzionale dell’operazione, a giudizio del giudice d’appello finiva per rafforzarla, proprio per la volontà di ripianare il bilancio eliminando passività delle quali non era stata provata l’origine non istituzionale.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo, cui il Comune di Covo risponde con controricorso, che illustra con memoria. Il giudizio proviene da adunanza camerale, in esito alla quale è stato rinviato a nuovo ruolo ai fini della fissazione in udienza pubblica. Ne è seguita l’udienza odierna, in prossimità della quale la Procura generale, in persona del sostituto procuratore Locatelli Giuseppe, e il Comune di Covo hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 4, e della Dir. iva, art. 13 (Dir. del Consiglio 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE), sostenendo che lo scopo dell’operazione fosse volto ad ottenere le risorse necessarie all’estinzione delle posizioni debitorie maturate nei confronti della banca erogatrice del mutuo, e, quindi, fosse di natura eminentemente commerciale.

Il motivo è fondato.

1.1. – Con la sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale esclude l’imponibilità della cessione descritta in narrativa facendo leva sulla funzione istituzionale della quale essa sarebbe espressione, avuto riguardo anche alla finalità di ripianare il bilancio, alla quale sarebbe volta la provvista acquisita mediante la vendita del fabbricato.

Dal canto suo, invece, il Comune fa leva sul fatto che la cessione è avvenuta mediante l’asta pubblica regolata dal R.D. n. 827 del 1924, art. 73, lett. d), e non già ricorrendo a trattativa privata; il che a suo avviso ne escluderebbe lo scopo speculativo.

Per escludere la soggettività passiva del Comune, dunque, il giudice d’appello fa leva sullo scopo della cessione, mentre il Comune punta sullo strumento per mezzo del quale essa è stata compiuta.

2.1. – Nessuno dei due argomenti è persuasivo, perché nessuno dei due elementi rileva ai fini della valutazione della soggettività passiva ai fini iva del Comune.

Non rileva quello addotto in sentenza, perché, ai fini del riconoscimento della soggettività passiva dell’ente pubblico, l’oggetto o lo scopo dell’attività sono ininfluenti: solo il fatto che l’esercizio dell’attività implichi l’esercizio di prerogative di pubblico potere consente di stabilire che l’attività è sottoposta a un regime di diritto pubblico (Corte giust. 29 ottobre 2015, causa C-174/14, Saudagor, punto 70). Il fatto che l’attività persegua uno scopo d’interesse generale, persino nell’esercizio di funzioni conferite e regolamentate dalla legge, è irrilevante per valutarne l’imponibilità (Corte giust. 2 giugno 2016, causa C-263/15, Lajve’r, punto 42, sia pure resa in relazione alle prestazioni di servizi; in termini, da ultimo, Cass. 2 dicembre 2021, n. 37951). E allora, la prospettazione del giudice d’appello, che fa leva sulla finalità, perseguita con la vendita all’asta, di “ricercare la completa attuazione del piano di edilizia economico popolare”, si rivela erronea, proprio perché punta su un elemento insignificante.

3. – Neanche, rileva, tuttavia, la circostanza che alla vendita si sia pervenuti mediante lo strumento dell’asta disciplinata dal R.D. n. 827/24.

La deroga posta dalla Dir. iva, art. 13, paragrafo 1 (il contenuto del quale è compendiato nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4) alla regola generale di assoggettamento all’iva prevista dalla medesima Dir., art. 9, paragrafo 1, che esclude i Comuni dalla qualità di soggetto passivo per attività od operazioni economiche che esercitano in quanto pubbliche autorità, a meno che il loro non assoggettamento provochi distorsioni della concorrenza di una certa importanza, dev’essere interpretata restrittivamente (Corte giust. 20 marzo 2014, causa C-72/13, Gmina Wroclaw, punto 19).

3.1. – In particolare, affinché la regola del non assoggettamento trovi applicazione, devono essere soddisfatte cumulativamente due condizioni, vale a dire che, da un lato, le attività in questione siano esercitate da un ente di diritto pubblico e che, dall’altro, quest’ultimo agisca in qualità di pubblica autorità.

Quanto a questa seconda condizione – essendo la prima pacifica nel caso in esame -, sono le modalità di esercizio delle attività che consentono di determinare la portata del non assoggettamento a iva.

Pertanto, le attività esercitate in quanto pubbliche autorità sono quelle esercitate dagli enti di diritto pubblico nell’ambito del regime giuridico loro proprio, ossia iure imperii (Corte giust. 20 marzo 2014, in causa C-72/13, cit., punto 19; 25 febbraio 2021, causa C604/19, Gmina Wroclaw, punti 76-79, e, nella giurisprudenza interna, da ultimo, Cass. 28 settembre 2021, n. 26208 e 18 ottobre 2021, n. 28558).

4. – In questo contesto, la circostanza che il Comune abbia proceduto, per la vendita del bene, all’asta pubblica regolata dal R.D. n. 827 del 1924, art. 73, lett. d), non e’, come si anticipava, elemento di per sé idoneo a escludere la sussistenza di un’operazione rilevante ai fini dell’iva.

Va difatti considerato che la Dir. iva, art. 14, così dispone:

“1. Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario.

2. Oltre all’operazione di cui al par. 1, sono considerate cessione di beni le operazioni seguenti:

a) il trasferimento, accompagnato dal pagamento di un’indennità, della proprietà di un bene in forza di un’espropriazione compiuta dalla pubblica amministrazione o in suo nome o a norma di legge; (…)”.

La fattispecie regolata dall’art. 14, paragrafo 2, lett. a), è dunque equiparata alla cessione di beni ed è delineata da tre elementi, che consistono nel trasferimento del diritto di proprietà, nel fatto che il trasferimento avvenga in forza di un’espropriazione compiuta dalla pubblica amministrazione, o in suo nome, o in forza di legge, e nel versamento di un’indennità, della quale sono irrilevanti natura e importo, occorrendo soltanto che essa sia correlata al trasferimento della proprietà e che sia versata effettivamente (Corte giust. 25 febbraio 2021, in causa C-604/19, cit.). Sicché la giurisprudenza unionale ha ravvisato un’operazione soggetta a iva proprio nel trasferimento della proprietà di beni immobili appartenenti a un Comune, in vista della costruzione di una strada nazionale, avvenuto mediante un’espropriazione da parte della pubblica amministrazione (Corte giust. 13 giugno 2018, causa C-665/16, Gmina Wroclaw, punto 49).

E questi elementi sono tutti sussistenti nel caso in esame.

4.1. – Della disciplina unionale v’e’ d’altronde riscontro nel diritto interno: il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, difatti, giustappunto sul presupposto della qualificazione come cessioni di beni di quelle “per atto della pubblica autorità”, detta una disciplina particolare quanto al momento della loro effettuazione, stabilendo (comma 2, lett. a), che, in deroga al comma precedente, le operazioni in questione si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo.

L’asta, dunque, è strumento di attuazione dell’attività, non caratteristica intrinseca di essa, ed è quindi inidonea a mutarne la natura.

5. – Quel che rileva, nel giudizio in esame, in realtà, e che comporta necessità di accertamento, è la verifica del carattere economico, e quindi imponibile ai fini iva, dell’attività del Comune: è l’esistenza di una tale attività che ne giustifica la qualifica di soggetto passivo (Corte giust. 3 marzo 2005, causa C-32/03, Fini H, punto 19), salva l’ipotesi in cui il mancato assoggettamento dell’attività istituzionale provochi distorsioni della concorrenza di una certa importanza. Coerentemente, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 4, stabilisce che, “Per gli enti indicati al comma 2, n. 2 – tra i quali rientrano, appunto, quelli pubblici -, che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole”.

Occorre quindi che l’attività svolta corrisponda alla definizione fornita dalla Dir. iva, art. 9, paragrafo 1, ossia che consista in un’attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, o che comunque si traduca in operazioni che comportano “lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.

5.1. – Di per sé, il trasferimento di proprietà, se si traduce nel mero esercizio del diritto di proprietà da parte del suo titolare, non configura sfruttamento di un bene volto alla produzione di introiti di carattere stabile, posto che l’unico reddito risultante da tale operazione consiste nell’eventuale profitto all’atto della vendita (Corte giust. 29 aprile 2004, causa C-77/01, EDM, punto 58, e 21 ottobre 2004, causa C-8/03, BBL, punto 39).

Neanche rilevano, sempre di per sé, il numero e l’ampiezza delle vendite, posto che vendite anche ingenti possono essere compiute da investitori privati (v., in tal senso, Corte giust. 20 giugno 1996, causa C-155/94, Wellcome Trust, punto 37).

6. – A diverse conclusioni si perviene, tuttavia, qualora il soggetto si adoperi attivamente per commercializzare immobili (nel caso esaminato dalla giurisprudenza unionale, terreni) mobilitando mezzi simili a quelli utilizzati da un produttore, commerciante o prestatore di servizi (Corte giust. 15 settembre 2011, cause C-180 e C-181/10, Slaby e altri, punti 36 e 39); e ciò anche quando si tratti di un ente pubblico (Corte giust. 20 marzo 2014, in causa C72/13, cit., punto 17, relativa giustappunto a un Comune).

6.1. – Nel caso in esame, dunque, lo stesso Comune ammette di aver proceduto, nel medesimo anno 2007, ad altre cessioni, “…in regime di esenzione ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, numero 8 bis…” (così a pag. 6 del controricorso), e quindi, benché esenti, comunque imponibili ai fini dell’iva. A tanto l’Agenzia aggiunge che, in particolare nell’anno 2007, ma anche in quelli successivi, gli atti di compravendita erano stati preceduti da atti di gestione e di organizzazione.

In questo contesto, diversamente da quanto obiettato dal controricorrente, non è dirimente la statuizione della sentenza impugnata che “…il Comune non ha approntato alcuna collaterale attività né organizzazione di beni, mezzi o risorse che lo ponessero al di fuori della finalità istituzionale espletata”, proprio perché non si esclude che un’attività di organizzazione di beni, mezzi o risorse sia stata comunque compiuta, sia pure servente rispetto alla finalità istituzionale che, lo si è già rimarcato, non rileva ai fini della valutazione della soggettività passiva.

Occorre quindi che si verifichi se la cessione della quale si discute sia espressione di un’attività di commercializzazione imponibile ai fini dell’iva, in base alla nozione unionale esposta.

7. – Ininfluente e’, invece, la circostanza, evidenziata in entrambe le memorie, dell’omesso rimborso dell’importo pagato a titolo d’imposta di registro, che in nulla incide sulla determinazione del regime impositivo applicabile.

8. – Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:

“In tema di iva, la vendita compiuta dal Comune mediante l’asta prevista dal R.D. n. 827 del 1924, art. 73, lett. d), di un immobile acquisito in esito al fallimento di una società alla quale il Comune aveva ceduto l’area affinché fosse destinata alla realizzazione di interventi di edilizia economica e popolare, è imponibile qualora l’ente pubblico cedente abbia organizzato mezzi simili a quelli utilizzati da un produttore o da un commerciante, la proprietà sia stata effettivamente trasferita e ne sia stato incassato il controvalore”.

Il giudice del rinvio esaminerà anche le questioni rimaste assorbite, compresa quella concernente la ravvisabilità della fattispecie di esenzione del D.P.R. n. 633 del 1972, citato art. 10, n. 8-bis, e regolerà le spese dell’odierno giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

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