Classamento di beni immobili, principio dell’indipendenza della disciplina catastale, applicabilità

Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.4837 del 15/02/2022

Pubblicato il
Classamento di beni immobili, principio dell’indipendenza della disciplina catastale, applicabilità

In tema di classamento di beni immobili sottoposti a vincolo storico-culturale (e quindi non a destinazione speciale ma a destinazione ordinaria), è applicabile il principio dell’indipendenza del classamento da ogni vincolo amministrativo o legislativo non dettante disposizioni in materia di catasto.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

WIND FARM ROCCHETTA S.P.A. (già Wind Farm Ricchetta s.r.l.), con sede legale in ***** (FG) alla ***** (C.F.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore F.M., nato a ***** (FG) il ***** (C.F.: *****), elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Panaro n. 25, presso lo studio dell’Avv. Francesco Visco, rappresentato e difeso dall’Avv. Vincenzo De Michele, del Foro di Foggia (C.F.: DMCVCN62A16D643W), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2967/2017 emessa dalla CTR Puglia e depositata il 12.10.2017 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza camerale del 13/01/2022 dal Consigliere Dott. ssa. Milena Balsamo.

RITENUTO IN FATTO

1. La Wind Farm Rocchetta S.p.A., proponeva ricorso alla C.T.P. di Foggia avverso l’avviso del 21.04.2015 con cui l’Agenzia delle Entrate – relativamente all’aerogeneratore sito in agro del comune di ***** alla ***** – rettificava la categoria catastale proposta da E/3 a D/1 e attribuiva la rendita catastale di 27.951,00 (a cui la contribuente aveva attribuito la rendita pari ad Euro 19.200,00).

La ricorrente eccepiva: la nullità dell’accertamento per mancanza del presupposto impositivo, ritenendo che gli immobili de quibus dovessero essere classificati in categoria “E”, anziché in quella “D”; con conseguente difetto di motivazione degli avvisi opposti.

La C.T.P. di Foggia accoglieva parzialmente la censura relativa alla rendita catastale dell’aerogeneratore ridotta ad Euro 14.422,00 stante la quantificazione del relativo capitale fondiario in Euro 360.000,00 MW., ridotto del 25% in base ai criteri della Circolare dell’Agenzia n. 6/2012.

Avverso tale sentenza interponeva appello l’Agenzia delle entrate, eccependo la carenza motivazionale della Commissione di primo grado, mentre la contribuente proponeva appello incidentale, eccependo l’errata determinazione dei giudici di prime cure sulla prospettata violazione dello statuto del Contribuente, art. 7, nonché per falsa ed erronea applicazione del DP.R. n. 1142 del 1942, artt. 28 e 29, e per violazione degli artt. 3, 233, 24,53,97 Cost..

Con sentenza indicata in epigrafe, la CTR della Puglia rigettava l’appello incidentale della contribuente ed accoglieva quello proposto in via principale dall’Agenzia, confermando la categoria D/1 e la quantificazione del capitale fondiario in Euro 400.000 MW.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Wind Farm Rocchetta s.p.a., sulla base di quattro motivi, illustrati nelle memorie depositate ex art. 380 bis c.p.c., in prossimità dell’udienza, con le quali chiedeva altresì il rinvio pregiudiziale della causa ex art. 267 TFUE.

L’Agenzia si costituiva con controricorso.

RITENUTO IN DIRITTO

2. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 387 del 2003, art. 12, della Dir. n. 2001/77/CE, e degli artt. 3, 23,53 Cost., e dell’art. 97 Cost., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR escluso che l’impianto eolico fosse accatastabile nella categoria E, anziché in quella D/1, e che gli stessi avessero un carattere di pubblico interesse e di pubblica utilità.

3. Con la seconda censura si deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonché della L. n. 241 del 1990, art. 3, e degli artt. 3,23,53 e 97 Cost, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5); per avere la Regionale erroneamente ritenuto l’adeguatezza motivazionale dell’atto opposto, sul rilievo che la valorizzazione del capitale fondiario era stato desunto da parchi similari ubicati nella medesima zona, i cui valori erano stati tratti dai bilanci depositati presso il registro delle Imprese, assumendo che, al contrario, detta affermazione non corrispondeva al contenuto degli avvisi, nei quali l’Ufficio non aveva palesato i dati concernenti i valori del capitale fondiario di altri parchi eolici, presuntivamente ritenuti analoghi né aveva fatto riferimento ai valori desunti dai bilanci depositati dalle imprese; elementi questi allegati dall’ufficio solo nel giudizio di merito.

Deduce, dunque, che i giudici regionali avrebbero omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio ovvero la circostanza che negli avvisi non fossero indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste a fondamento dell’azione accertatrice.

3. La terza censura prospetta violazione dell’art. 24 Cost., ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere i giudici di secondo grado affermato che la motivazione degli atti impugnati aveva consentito alla contribuente di censurare nel merito gli avvisi, citando a fondamento della critica la sentenza della Corte n. 24024/2015, secondo la quale la motivazione deve essere valutata ex ante senza valutare la sufficienza delle difese svolte dal contribuente.

4. Con il quarto mezzo, si lamenta la violazione del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10, nonché del D.P.R. n. 1142 del 1042, artt. 28 e 29, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); per avere i giudici territoriali erroneamente applicato i criteri di cui alla Circolare 6/12 e i principi di legittimità, invocando all’uopo il criterio che questa Corte avrebbe affermato con la decisione n. 8592/2013.

Sostiene al riguardo che l’Agenzia avrebbe dovuto tener conto del deprezzamento dovuto alla vetustà degli impianti determinando il valore catastale sulla base della media aritmetica dei valori riferiti agli anni futuri stimati considerando l’effetto della vetustà e soprattutto avrebbe dovuto decrementare nella misura dell’80% il valore dell’impianto per effetto della entrata in vigore della L. di stabilità (n. 208 del 2015) che ha determinata una drastica limitazione dell’accatastabilità dell’impianto eolico; aggiungendo di aver depositato nel giudizio di primo grado una perizia di stima non presa in considerazione dalla CTR.

5. La prima censura è priva di pregio.

L’orientamento di questa Corte, dal quale non vi è ragione per discostarsi, è consolidato (Sez. 5, Sentenza n. 4028 del 14/03/2012; conf. Sez. 5, Sentenza n. 24815 del 21/11/2014; Cass. n. 4217/2019; Cass. n. 14042/2020;) nel senso che i parchi eolici, in quanto costituiscono centrali elettriche, rispetto alle quali il sistema normativo non offre indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, sono accatastabili nella categoria “D/1-Opificio” e gli impianti (cabina elettrica e aerogeneratori) debbono essere computate ai fini della determinazione della rendita. Ai soli fini del riparto di giurisdizione, Sez. U, Ordinanza n. 18165 del 24/07/2017 hanno statuito che, in tema di energia, la realizzazione di un parco eolico, che attiene alla produzione di energia elettrica ed al suo trasporto nella rete nazionale, costituisce un intervento di interesse pubblico, sicché ricadono nella giurisdizione esclusiva amministrativa gli atti del gestore di tale servizio funzionali alla sua costituzione ed alla determinazione delle sue modalità di esercizio e, conseguentemente, le domande del proprietario confinante, aventi ad oggetto la collocazione delle pale eoliche e le immissioni da esse provocate. In base alla circolare n. 14, emessa dall’agenzia del Territorio in data 22 novembre 2007, non è revocabile in dubbio che un impianto eolico sia sottoposto all’obbligo della dichiarazione catastale, in quanto trova piena applicazione il D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, art. 2 – Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale. In particolare, tale decreto, nel delineare i criteri utili per l’individuazione delle unità immobiliari urbane, all’art. 2, comma 3, ha evidenziato come siano da considerare tali “… anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale”. Orbene, la categoria catastale, in base alle disposizioni di settore, va individuata tenendo in considerazione la destinazione d’uso e la compatibilità con le caratteristiche intrinseche dell’immobile di cui si discute. L’impianto eolico è indubbiamente un opificio, in quanto è destinato alla produzione di energia, e come tale, allo stesso deve essere attribuita la categoria D/1 – Opifici. Irrilevanti, sotto il profilo catastale, appaiono le considerazioni sulla finalità dei manufatti in esame e sulla circostanza che lo Stato, le Regioni e perfino l’Unione Europea ne incentivino la costruzione.

Nella circolare 16 maggio 2006, n. 4, e circolare 13 aprile 2007, n. 4, cui si rimanda, è ampiamente documentata l’autonomia dell’ordinamento catastale, rispetto a quelli di altri settori. Pare opportuno, sotto tale profilo, richiamare, a mero titolo esemplificativo, la sentenza di questa Corte n. 11369 del 22 luglio 2003, in tema di classamento di beni immobili sottoposti al vincolo storico-culturale, nella quale è ribadita l’indipendenza del classamento da ogni vincolo amministrativo o legislativo non dettante disposizioni in materia di catasto.

Del resto, già in passato è stato chiarito (Sez. 5, Sentenza n. 12741 del 23/05/2018) che, in tema di classamento di immobili, un impianto (nella specie si trattava di una discarica pubblica oggetto di sfruttamento economico per la gestione di rifiuti solidi urbani e la captazione di biogas) connotato da autonomia funzionale e reddituale costituisce un’unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento e rientra nella categoria D/7 – non in quella residuale E, concernente gli immobili a particolare destinazione pubblica -, in quanto svolge attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che assuma rilevanza l’eventuale destinazione dell’immobile anche ad attività di pubblico interesse. Applicando lo stesso criterio, si è affermato (Sez. 5, Ordinanza n. 5070 del 21/02/2019) che gli impianti di risalita al servizio di piste sciistiche, come le sciovie, le funivie e le seggiovie, possono essere classificati come “mezzi pubblici di trasporto”, con il conseguente accatastamento nella categoria catastale E, ove, pur soddisfacendo un interesse commerciale, siano destinati prevalentemente, sul piano funzionale, alle esigenze di mobilità generale della collettività. Ugualmente, è stato escluso che gli immobili costituenti un terminal portuale adibito al deposito e alla movimentazione di merce, oggetto di concessione demaniale marittima, fossero compresi in categoria E/1 e fossero perciò soggetti all’esenzione ICI di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. b (Sez. 5, Sentenza n. 23067 del 17/09/2019). E’, peraltro, errato identificare il concetto di “finalità istituzionali”, che sono proprie dell’ente locale e che costituiscono la ragion d’essere dello stesso, con quello di “servizio pubblico”, che può essere svolto anche per tramite di altri soggetti di natura privata, quali le aziende municipalizzate o altri enti o società che (come nel caso di specie) forniscono energia elettrica. Dette forniture, sia pure costituenti servizi per il pubblico, non possono essere ricomprese tra i compiti istituzionali che hanno una propria differenziata connotazione e le imprese che le assicurano, quali esercenti attività commerciali, non hanno ragione di godere esenzioni classificazioni differenziate.

D’altra parte, come chiarito da Sez. 5, Sentenza n. 2621 del 11/02/2015, nel quadro normativo delineato dalla Dir. Comunitaria 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE, attuata con D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, ed abrogata dalla Dir. Comunitaria 23 aprile 2009, n. 2009/28/CE, a sua volta attuata con D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, il quale prevede un regime di sostegno per lo sviluppo di energia elettrica da fonti rinnovabili, non emerge alcuna specificità dell’accatastamento degli impianti.

E’ stata, quindi, ritenuta corretta la classificazione D/1, così come la prassi dell’Ufficio di individuare l’oggetto della stima finalizzata all’attribuzione di rendita nell’insieme dei beni costituenti l’aerogeneratore, comprensivo non soltanto delle componenti prettamente immobiliari o infisse al suolo, ma anche di quelle componenti (navicella, rotore, pale, cabina elettrica, spazi di manovra e servizio ecc.) di per sé fisicamente amovibili ma non separabili senza pregiudizio alla funzione precipua di generazione energetica.

Tale interpretazione ha trovato conferma nella L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244 (L. di stabilità per l’anno 2015), che risolveva la questione degli impianti funzionali al processo produttivo con il richiamo alle “istruzioni di cui alla circolare dell’Agenzia del territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012, concernente la “Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnico-estimativi””.

Il quadro normativo, e giurisprudenziale, è mutato per effetto della L. 208 n. 2015, art. 1, comma 21 (L. di stabilità 2016), secondo il quale “A decorrere dal 1 gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”, normativa non applicabile ratione temporis alla presente fattispecie.

In ogni caso, va evidenziato che alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 244 (secondo cui “Nelle more dell’attuazione delle disposizioni relative alla revisione della disciplina del sistema estimativo del catasto dei fabbricati, di cui alla L. 11 marzo 2014, n. 23, art. 2, ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 10, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni, si applica secondo le istruzioni di cui alla circolare dell’Agenzia del territorio 30 novembre 2012, n. 6, concernente la “Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnicoestimativi””), in assenza di una inequivoca disposizione che le attribuisca portata meramente interpretativa, può riconoscersi non un’efficacia retroattiva (avuto riguardo ad accertamenti compiuti, come quello in esame – che risale al 2015 -, in epoca anteriore), ma, a tutto concedere, una valenza di mero parametro di riferimento.

In quest’ottica, alla fattispecie in oggetto (riferentesi all’annualità 2015) è applicabile il principio (Sez. 5, Sentenza n. 4028 del 14/03/2012; conf. Sez. 5, Sentenza n. 24815 del 21/11/2014) secondo cui i parchi eolici, in quanto costituiscono centrali elettriche, rispetto alle quali il sistema normativo non offre indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, sono accatastabili nella categoria “D/1-Opificio” e gli impianti debbono essere computati ai fini della determinazione della rendita, come lo sono le turbine di una centrale idroelettrica, poiché anch’esse costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicché questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva ed unitaria ed incompleta nella sua struttura. E quello in base al quale, in tema di attribuzione della rendita catastale ad una centrale elettrica eolica (assegnata, nella specie, alla categoria D/1), il D.Lgs. 3 marzo 2001, n. 28, attuativo della Dir. Comunitaria n. 2009/28/CE, pur delineando un quadro normativo di sostegno alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, non prevede regole specifiche per l’accatastamento degli impianti, né esenzioni o riduzioni in materia di ICI, senza che l’assenza di una simile previsione possa ritenersi in contrasto con i principi comunitari, in quanto la determinazione della rendita catastale non costituisce un’imposta, né un presupposto d’imposta (v. Sez. 6 5, Sentenza n. 3354 del 19/02/2015). Da ciò consegue che anche l’impianto eolico complessivamente inteso era soggetto all’accatastamento in categoria D/1, ivi compresi gli aerogeneratori.

6. La seconda e la terza censura, che possono essere congiuntamente scrutinate, involgendo la medesima questione, non meritano accoglimento.

La motivazione della decisione della CTR è conforme al principio, affermato da questa Corte in tema di accertamento tributario, secondo cui ” la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, (nella specie, relativo all’imposta di registro sulla cessione di azienda), senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 2-bis, del dovere di allegazione delle informazioni date dal cedente (l’azienda) ove il contenuto essenziale degli atti sia stato riprodotto sull’avviso di accertamento.” (Cass. n. 25153/2013; n. 14027/2012).

7. L’ultima doglianza è meritevole di accoglimento.

Questa Corte ha rimarcato che il profilo dell’iscrivibilità in catasto, – che, come anticipato, già concorre ad integrare il presupposto di fatto dell’imposta, – la specifica disciplina dei “fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati”, contempla la determinazione della base imponibile, – “fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita” (id est fino a quando non venga presentata dal contribuente la dichiarazione, ora secondo la procedura cd. Docfa, di iscrizione in catasto, con attribuzione di rendita provvisoria, “a seguito della quale il proprietario diviene titolare di una situazione giuridica nuova, derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, in relazione alla quale può risultare tenuto a pagare una diversa somma rispetto a quella provvisoriamente determinata in base al metodo sopra indicato; sicché può essere tenuto a pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tali sensi), o avere diritto di pagare una somma minore, potendo, quindi, chiedere il relativo rimborso nei termini di legge.”(v. Cass. Sez. U., 9 febbraio 2011, n. 3160 cui adde Cass. n. 1517/2021; Cass., 11 aprile 2019, n. 10126; Cass., 8 5 febbraio 2019, n. 3277; Cass., 11 maggio 2018, n. 11472; Cass., 14 settembre 2016, n. 18056; Cass., 6 giugno 2012, n. 9111; Cass. Sez. U., 15 febbraio 2011, n. 3666), – sulla base del valore contabilizzato dall’impresa e, dunque, del costo rivalutato di acquisizione del bene ricavabile dalle scritture contabili, ed aumentato degli eventuali costi incrementativi (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3; per le modalità di applicazione del criterio in questione v. Cass., 10 aprile 2019, n. 10006; Cass., 13 giugno 2012, n. 9602; Cass., 28 aprile 2010, n. 10134; Cass., 21 aprile 2009, n. 9385); – disciplina, questa, della base imponibile ICI per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D (ma non ancora iscritti in catasto e a maggior ragione per quelli classificati in cat. F/4), che la Corte ha interpretato (in conformità, peraltro, alla lettura offertane dal Giudice delle leggi; v. Corte Cost., 24 febbraio 2006, n. 67) rilevando che: – l’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore contabile del cespite presuppone la ricorrenza dei due ulteriori requisiti costituiti dal possesso del bene quale interamente riferibile all’impresa e dalla sua distinta contabilizzazione; – nell’insussistenza di detti due requisiti, la base imponibile potrà, quindi, correlarsi al criterio sussidiario, e di carattere generale, fondato sulla rendita dei fabbricati similari iscritti in catasto (cd. rendita presunta), che “proprio in virtù della sua generalità, è applicabile anche ai fabbricati classificabili in cat. D “diversi da quelli indicati nel comma 3" (come la stessa norma dispone), dovendosi intendere per tali quelli che non presentino gli ulteriori due requisiti appena evidenziati” (Cass., 16 agosto 2005, n. 16916 cui adde Cass., 11 aprile 2019, n. 10125; Cass., 24 febbraio 2016, n. 3618; Cass., 15 marzo 2013, n. 6609; Cass., 6 giugno 2012, n. 9111; Cass., 9 ottobre 2009, n. 21445; Cass., 21 aprile 2009, n. 9385).

Come rilevato, sia pur incidentalmente, dalla Corte (v., in particolare, Cass., 11 aprile 2019, n. 10125, Cass., 6 giugno 2012, n. 9111) la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 173, ha abrogato le cennate disposizioni del D.Lgs. n. 504 del 1992 che consentivano di determinare (art. 5, comma 4), e di accertare (art. 11, commi 1, 2 e 3), l’imponibile ICI in relazione ai “fabbricati, diversi da quelli indicati nel comma 3, non iscritti in catasto”, sulla base del valore “determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti.” (art. 5, comma 4, cit.); – abrogazioni, quelle in discorso, che si correlano, in effetti, alla rimodulazione degli interventi legislativi volti a consentire l’emersione del patrimonio immobiliare sottratto all’inventariazione catastale (v. in particolare, e per quel che qui interessa, la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 58, nonché la L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 336) oltreché alla specifica disciplina introdotta in ordine agli atti di attribuzione e di modificazione delle rendite catastali (L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74).

Pertanto il criterio di cui al citato art. 5, comma 4, e utilizzato dall’Agenzia al solo fine di supportare la stima diretta, criterio principale alla stregua del quale è stata determinata la rendita catastale, non era più vigente all’epoca dell’avviso di accertamento notificato alla contribuente.

Secondo quanto prescritto dal R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10, conv. in L. n. 1249 del 1939: “la rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui alla L. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 28, costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità. Egualmente si procede per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari che non sono raggruppablli in categorie e classi, per la singolarità delle loro caratteristiche”. In base al D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 30 (Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano): “Le tariffe non si determinano per le unità immobiliari indicate nell’art. 8. Tuttavia la rendita catastale delle unità immobiliari appartenenti a tali categorie si accerta ugualmente, con stima diretta per ogni singola unita”.

Ai fini della determinazione del reddito dei fabbricati, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 37, stabilisce che: “Il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta”. Va dunque affermato come il compendio normativo deponga – con riguardo ai fabbricati a destinazione speciale – per la necessità di ‘stima direttà, senza tuttavia che ciò debba necessariamente presupporre l’esecuzione del ‘sopralluogò; il quale non costituisce, in materia, un diritto del contribuente né una condizione di legittimità dell’avviso attributivo di rendita, quanto soltanto un ulteriore e concorrente strumento conoscitivo di verifica ed accertamento di cui l’amministrazione finanziaria può avvalersi per operare la valutazione (Cass. n. 22886/06; Cass. n. 12743/2018; Cass. n. 6633/2019).

Ai sensi del citato Reg., art. 28, comma 2, il valore venale dell’immobile oggetto di accertamento, quando non ne risulti possibile la determinazione dall’analisi del mercato delle compravendite, si stabilisce “…con riguardo al costo di ricostruzione, applicando su questo un adeguato coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari”. Tale approccio, come il precedente, consente di determinare la rendita catastale dell’unità immobiliare con procedimento indiretto, tramite la quantificazione del valore venale con riferimento al costo di ricostruzione deprezzato, vale a dire attraverso il calcolo del costo a nuovo dell’immobile e degli impianti fissi, opportunamente ridotto in relazione alle condizioni di vetustà ed obsolescenza tecnologica e funzionale.

Nella fattispecie, l’avviso di accertamento opposto (allegato al ricorso) ha determinato la rendita catastale su stima diretta sulla base degli elementi economici e quantitativi riportati con riferimento al biennio 1988-1989, in conformità alle disposizioni che regolano il catasto edilizio: R.D.L. n. 652 del 1939, D.P.R. n. 1142 del 1949; la scheda sintetica allegata dopo aver descritto l’impianto (acciaio, pala eolica KW 2000 con annessa corte esclusiva), gli ha attribuito correttamente la categoria D/1, stimando il fabbricato in base al costo di costruzione Vc e precisando che i valori unitari sono stati desunti (dai valori riferibili ad immobili ubicati nella stessa zona, aventi analoghe caratteristiche), anche attraverso la consultazione dei prontuari di settore.

Orbene, la stessa amministrazione finanziaria, con le Circolari MF n. 14 del 2007, e n. 6 del 2012, ha stabilito i criteri di determinazione della rendita catastale nell’ipotesi di stima diretta di beni sostanzialmente privi, per intrinseca peculiarità e funzione, sia di un “mercato” di compravendita, sia di un mercato di locazione e messa a reddito sussumibili a riferimento comparativo. Si osserva, in particolare, nella Circolare n. 6 del 2012: “Si precisa, innanzitutto, che con la locuzione “stima diretta” si intende la stima effettuata in maniera puntuale sugli immobili a destinazione speciale o particolare, per i quali, proprio in relazione alla peculiarità delle relative caratteristiche, non risulta possibile fare riferimento al sistema delle tariffe. In tale contesto, la rendita catastale può essere determinata con “procedimento diretto” o con “procedimento indiretto”. Il procedimento diretto è quello delineato dal Reg., art. 15 e ss., ove si stabilisce che la rendita catastale si ottiene dal reddito lordo ordinariamente ritraibile, detraendo le spese e le eventuali perdite. Il reddito lordo ordinario e il canone di locazione, fatte salve le eventuali aggiunte e detrazioni di cui agli artt. 16 e 17 (tra le prime, le spese manutenzione ordinaria sostenute dal locatario anziché dal proprietario; secondo, alcune spese condominiali sostenute dal proprietario anziché dal locatario). Il procedimento indiretto e’, invece, quello previsto dal Reg., art. 27 e ss., nei quali si precisa che il reddito ordinario può essere Calcolato a partire dal valore del capitale fondiario, identificabile nel valore di mercato dell’immobile (se esiste un mercato delle compravendite), ovvero nel valore di costo di ricostruzione, tenendo conto, in quest’ultimo caso, di un adeguato “coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari” (deprezzamento)”.

Sul punto sono intervenute diverse pronunce di questa corte di legittimità (tra le tante, Cass. n. 14042/2020, in motiv.), le quali hanno osservato come i criteri di prassi siano stati successivamente meglio specificati (negli indirizzi operativi, in tema di determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari destinate a centrali eoliche, allegati alla nota AE – Direzione Catasto prot.n. 0050557 del 14 marzo 2017), nel senso che: “In tema di determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari destinate a centrali eoliche realizzate in epoca antecedente al 1 gennaio 2016, deve essere utilizzato il costo medio infracensuario, dovendo poi i costi di ricostruzione, come determinati, delle diverse strutture, impianti fissi e sistemazioni esterne, essere ricondotti all’epoca censuaria delle stime catastali (biennio 1988-89) mediante l’indice FOI pubblicato dall’ISTAT, attesa l’assenza di ulteriori indici dei prezzi specifici per tale tipologia di opere” (così Cass. ord. nn. 888/18; 1476/18).

Dagli stessi “indirizzi operativi” si evince che il criterio di stima così applicato deve tenere conto del deprezzamento in ragione dello stato attuale delle unità e del loro livello di obsolescenza e ciclo di vita tecnico-funzionale. L’applicabilità in concreto e la misura del coefficiente di riduzione sul costo a nuovo devono tenere conto, in particolare, della diversa tipologia delle singole parti dell’impianto di aerogenerazione, a seconda che si tratti di immobili di supporto (ad esempio, la struttura di fondazione o la torre di sostegno) ovvero di componenti impiantistiche e tecnologiche (ad esempio, la navicella – rotore); occorre, inoltre, considerare la data di costruzione dell’impianto (antecedente o successiva all’epoca censuaria delle stime catastali di riferimento) e l’effettivo livello di deprezzamento da decadimento tecnico-fisico e funzionale attribuibile alle singole componenti (cfr Cass. 2019 nr 32861). Ciò posto è quindi necessario verificare se l’avviso di accertamento abbia fatto corretta applicazione in sede di determinazione della stima indiretta proposta dall’ufficio della normativa legislativa e regolamentare denunciata così come interpretati da questa Corte. La sentenza va cassata in accoglimento dell’ultima censura, con rinvio al giudice di merito il quale riesaminerà la fattispecie alla luce dei principi indicati, decidendo anche sulle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

Accoglie l’ultimo motivo del ricorso, respinti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, tenuta da remoto, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

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