Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.49 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10531/2017 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico n. 70, presso lo studio dell’avvocato Palma Paolo, rappresentato e difeso dall’avvocato Bernardo Carmine, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Unicredit S.p.a., a cui si sono fuse per incorporazione UniCredit Banca s.p.a., UniCredit Banca di Roma s.p.a., Banco di Sicilia s.p.a., UniCredit Private Banking s.p.a., UniCredit Corporate Banking s.p.a., UniCredit Family Financing Bank s.p.a. e UniCredit Banca Assurance Management & Administration s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Barletta n. 29, presso lo studio dell’avvocato Noie’

Domenico, rappresentata e difesa dall’avvocato De Simone Maria Rosaria, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3842/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/06/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

RILEVATO

che:

L.G., rappresentato dal custode e amministratore giudiziario, conveniva in giudizio davanti al tribunale di Napoli, Unicredit Banca di Roma spa, affinché fosse dichiarato l’indebita escussione da parte della predetta banca delle quote di fondi meglio indicate in citazione e ciò, al fine di ottenere la restituzione, in favore dell’amministrazione giudiziaria attrice, dei titoli illegittimamente escussi, maggiorati degli interessi che sarebbero maturati a far data dalla escussione e sino alla effettiva restituzione o in subordine alla restituzione della somma di Euro 1.006.930,46, oltre rivalutazione e interessi, dai singoli versamenti al soddisfo.

A supporto delle proprie ragioni, l’attore così come rappresentato, premessa la sottoposizione a sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., dei conti correnti bancari, dei depositi, dei titoli e dei fondi d’investimento e degli altri cespiti patrimoniali intestati a L.G. ha esposto che la Banca di Roma spa aveva proceduto alla vendita di titoli intestati allo stesso con accredito dell’importo eccedente il parziale rientro dell’affidamento. La banca, tuttavia, nonostante la richiesta non aveva mai fornito gli atti con i quali i titoli escussi sarebbero stati costituiti in pegno, a garanzia degli affidamenti ricevuti. Si costituiva Unicredit Banca di Roma spa e interveniva volontariamente Unicredit Corporate Banking spa ed entrambe deducevano il difetto di legittimazione di Unicredit Banca di Roma spa per effetto della fusione per incorporazione di quest’ultima in Unicredit spa e del successivo conferimento da quest’ultima a Unicredit Corporate Banking spa del ramo d’azienda Corporate sulla base del quale titolare del rapporto controverso, per effetto dei successivi passaggi societari era Unicredit Corporate Banking spa. Nel merito, deducevano che risultava che l’attore fosse “affidato” fino ad Euro 1.275.000,00 di fido per accredito in c/c e fino ad Euro 200.000,00 di fido per accredito in c/c s.b.f. assegni e la L.G. srl aveva richiesto di rientrare per Euro 1.000.000,00 sul c/c n. *****, attraverso l’escussione delle garanzie fideiussorie e dei pegni prestati a favore della banca convenuta e che l’esistenza dei pegni risultava documentalmente provata dalla sottoscrizione degli atti costitutivi degli stessi da parte di L.G. in favore della L.G. srl, poi Mc Trans L. srl.

Il giudice di primo grado rigettava la domanda della parte attrice sul rilievo della sussistenza – ad eccezione del pegno avente ad oggetto i titoli del “fondo governativo breve termine” – delle garanzie pignoratizie escusse e sulla base del difetto di titolarità passiva di Unicredit Banca di Roma spa non avendo la parte attrice modificato le proprie difese, proponendo domanda nei confronti della società intervenuta.

L.G., rappresentato dal custode e amministratore giudiziario, ha proposto appello che è stato parzialmente accolto.

A supporto delle proprie ragioni, la Corte d’appello ha ritenuto, in via preliminare, che la domanda della parte attrice dovesse considerarsi automaticamente estesa alla società intervenuta (anche in difetto di espressa istanza) avendo quest’ultima chiesto l’estromissione di Unicredit Banca di Roma spa per avere assunto di essere la titolare del rapporto controverso, nella qualità di successore a titolo particolare ed avendo, quindi, accettato la domanda della parte attrice che era stata originariamente proposta nei confronti della predetta Unicredit Banca di Roma spa. Nel merito, condividendo le argomentazioni del giudice di primo grado, la Corte d’appello ha ritenuto che vi fosse una continuità della linea di credito concessa dalla banca alla G.L. srl che era aumentata nel corso degli anni e garantita da tutti i titoli costituiti di volta in volta in pegno da parte della società, con esclusione della possibilità che la linea di credito fino ad Euro 1.275.000,00 del 22.11.2006 fosse autonoma e diversa da quella precedente così da non essere assistita dalle garanzie pignoratizie costituite nel tempo ad integrazione di quelle originarie, al fine di far conseguire alla G.L. srl un progressivo aumento dell’affidamento relativo alla medesima linea di credito. La Corte d’appello ha, invece, ritenuto fondate le doglianze dell’appellante in riferimento all’escussione dei titoli rappresentati da 10.258,1930 quote del “fondo governativo breve termine” laddove non risultava, dalla documentazione in atti, che i suddetti titoli fossero stati costituiti in pegno con atti sottoscritti da L.G..

L.G. in proprio (essendo stato dissequestrato il patrimonio appartenente all’odierno ricorrente, con piena legittimazione, a suo avviso, a proporre autonomamente ricorso) ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte napoletana, affidando l’impugnazione a un unico motivo, illustrato da memoria. Resiste con controricorso, Unicredit spa (a eseguito di fusione per incorporazione delle precedenti società).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il motivo di ricorso, L.G. deduce il vizio di violazione di legge, in particolare dei criteri di interpretazione della volontà negoziale di cui agli artt. 1362 e 1370 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per avere la Corte d’appello ritenuto che le garanzie pignoratizie costituite dal 25.6.2003 fino all’11..8.2005, erano relative anche alla linea di credito concessa il 22.11.2006, per la quale erano state escusse dalla banca, avendo pertanto la medesima Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’apertura di credito del 22.11.2006 fosse un ampliamento di quella già concessa in precedenza.

In via preliminare, va riconosciuta la legittimazione di L.G. a proporre il presente ricorso in cassazione, avendo lo stesso documentato il dissequestro del suo patrimonio da parte dell’A.G.O. (cfr. doc. 2) circostanza che lo ha reintegrato nel possesso dello stesso con piena legittimazione a proporre personalmente il presente ricorso in cassazione.

Il motivo è infondato. Infatti, nell’interpretazione del contratto, il criterio letterale e quello del comportamento delle parti, anche successivo al contratto medesimo, ex art. 1362 c.c., concorrono, in via paritaria, a definire la comune volontà dei contraenti. Ne consegue che il dato letterale, pur di fondamentale rilievo, non e’, da solo, decisivo, atteso che il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito esclusivamente al termine del processo interpretativo che deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé non bisognose di approfondimenti interpretativi, dal momento che un’espressione “prima facie” chiara può non apparire più tale se collegata alle altre contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti (ex multis, Cass. 16181/2017, 24560/2016, 261/2006, 15150/2003).

Nella specie, la Corte d’appello non ha affatto accertato che l’interpretazione letterale della scrittura del 22 novembre 2006 fosse univoca nel senso della costituzione di una nuova, autonoma e distinta linea di credito ma, sull’implicito presupposto che il senso letterale delle parole usate nella scrittura non fosse univoco, ha allargato l’indagine al comportamento complessivo delle parti. La medesima Corte territoriale ha così valorizzato la continuità degli incrementi progressivi del fido originario e delle garanzie di volta in volta costituite, in particolare della fideiussione del sig. L. espressamente posta in continuità con la fideiussione originaria nella nuova lettera di garanzia inviata dal fideiussore il 26 novembre 2006. D’altra parte, il rilievo del ricorrente, secondo cui l’espresso ampliamento della originaria fideiussione non sarebbe significativo, trattandosi di fideiussione omnibus, è inammissibile perché attiene ad apprezzamento discrezionale del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se non mediante idonea censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nella specie non dedotta né articolata.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali liquidate in Euro 12.000 per compensi ed Euro 200 per esborsi oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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