Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.4904 del 15/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13526/2019 proposto da:

P.M., nella qualità di erede di S.I., (deceduta), domiciliato ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimiliano Sitta, e Cristiana Sitta;

– ricorrente –

contro

Azienda Ospedaliero Universitaria di *****, in persona del Direttore Generale e Legale Rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Piazza Prati Degli Strozzi 32, presso lo studio dell’avvocato Lanigra Maurizio, rappresentata e difesa dagli avvocati Salvini Paolo, e Uberti Manuela Giovanna;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 535/2018 del TRIBUNALE di FERRARA, depositata il 06/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/12/2021 da Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2016, P.M. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Ferrara, l’Azienda Ospedaliero Universitaria di *****, al fine di sentirla condannare al risarcimento del danno subito a seguito del decesso della moglie, S.I., avvenuto nel ***** presso l’Azienda convenuta, dove era stata ricoverata d’urgenza per sindrome cardiaca acuta.

Secondo la prospettazione dell’attore, la morte della S. per shock cardiogeno e arresto cardiorespiratorio era stata cagionata da condotte negligenti dei sanitari della struttura. In particolare, il P. dedusse l’erronea indicazione immediata alla coronagrafia in presenza di un infarto sub-endocardico (NSTEMI) e non transmurale (STEMI), nonché la mancata somministrazione di eparina.

Si costituì in giudizio la convenuta, eccependo preliminarmente l’inammissibilità delle domande e la carenza di legittimazione attiva dell’attore per i danni qualificati iure proprio sotto il profilo contrattuale. Nel merito, chiese il rigetto della domanda, contestando i profili di responsabilità dedotti.

Istruita la causa mediante c.t.u., con sentenza n. 535/2018 il Tribunale di Ferrara rigettò la domanda.

Il Giudice di prime cure – premesso che il P. aveva dichiarato di agire esclusivamente per i danni subiti iure proprio e che, quindi, la domanda fatta valere in giudizio doveva essere ricondotta al modello della responsabilità aquiliana – ritenne che l’attore non avesse fornito la prova né del nesso di causalità tra la morte della S. e la condotta dei sanitari, né di qualsivoglia profilo di colpa rinvenibile in tale condotta. In particolare, il Tribunale osservò che il c.t.u. aveva confermato la correttezza della diagnosi di infarto transmurale e della procedura tecnica eseguita, e che, quanto al nesso causale, aveva rilevato la presenza di una serie di circostanze indipendenti dalle cure sanitarie che escludevano, con certezza probabilistica, la riferibilità del decesso alla condotta dei medici (in particolare, il ritardo nell’arrivo al pronto soccorso rispetto all’insorgere della sintomatologia e il quadro coronarografico di grave severità della paziente, a causa di condizioni anatomiche gravi e al limite delle possibilità di intervento cardiologico). Con specifico riferimento all’allegazione relativa alla mancata somministrazione di eparina, il Tribunale osservò che il c.t.u., rispondendo alle osservazioni del c.t.p. di parte attrice, aveva chiarito che la valutazione di tale elemento non era idonea ad essere ricondotta causalmente con l’esito infausto delle cure poste in essere dai sanitari e che, in ogni caso, pur non essendovi evidenza della somministrazione di eparina nella cartella clinica, la visione della coronarografia consentiva di desumere con certezza che la procedura tecnica, ivi inclusa quella preliminare, era stata eseguita in maniera corretta.

2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna con ordinanza del 26 febbraio 2019, emessa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c..

I giudici di secondo grado hanno dichiarato inammissibile l’appello proposto dal P., ritenendo che lo stesso non avesse una ragionevole probabilità di essere accolto.

Secondo la Corte territoriale, infatti, le censure dedotte non erano idonee a contrastare le valutazioni della pronuncia di primo grado, basata sulle conclusioni della c.t.u. medico-legale, la quale aveva chiaramente e motivatamente escluso errori medici con riferimento alla diagnosi, all’indicazione chirurgica e alla tecnica esecutiva adottata, nonché con riferimento alla controindicazione individuale della deceduta alla terapia eparinica.

3. Avverso la sentenza del Tribunale di Ferrara propone ricorso in Cassazione, sulla base di due motivi, il signor P.M..

3.1. Resiste con controricorso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di *****.

3.2. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Il Tribunale avrebbe disatteso i principi espressi dalla Suprema Corte relativamente all’onere della prova del nesso di causalità in tema di responsabilità civile aquiliana.

In particolare, secondo il ricorrente, il giudice di primo grado avrebbe erroneamente posto a carico dell’attore la prova circa la sussistenza di tale nesso, mentre sarebbe onere dell’attore danneggiato fornire la sola prova dell’esistenza del contratto e dell’insorgenza o aggravamento della patologia, allegando un inadempimento dei sanitari astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato.

Nello specifico, la mancata somministrazione di terapia antitrombotica integrerebbe un’omissione idonea a cagionare l’evento dannoso (ovvero il decesso della paziente).

Secondo il ricorrente, sul punto non vi sarebbe preclusione ex art. 348 ter, comma 5, in quanto le ragioni di fatto poste alla base della decisione di primo grado (la quale aveva interpretato la c.t.u. nel senso di ritenere avvenuta la somministrazione di eparina), sarebbero profondamente diverse rispetto a quelle della decisione di appello (la quale, invece, aveva interpretato le stesse affermazioni del c.t.u. nel senso che la terapia antitrombotica non era stata effettuata a causa di controindicazione individuale della paziente) 4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta “omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, le risultanze della c.t.u. medico-legale non consentirebbero di escludere la sussistenza del nesso causale tra l’operato dei medici e il decesso della S.. Il c.t.u., infatti, avrebbe rilevato il comportamento negligente dei medici per aver omesso la somministrazione di profilassi antitrombotica, la cui stretta contestualità con l’esito infausto dell’intervento chirurgico doveva ritenersi altamente indicativa di un nesso di causalità.

I consulenti di parte attrice, inoltre, avrebbero evidenziato come la somministrazione di eparina fosse imprescindibile per l’esecuzione di una angioplastica, anche in urgenza, al fine di evitare che trombizzino i materiali inseriti in coronaria.

5. I motivi sono entrambi infondati là dove non sono inammissibili.

Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare, è sufficiente che anche una sola delle rationes decidendi su cui si fonda la decisione impugnata non abbia formato oggetto di idonea censura perché il ricorso debba essere rigettato nella sua interezza, per essersi formato il giudicato in ordine alla rullo decidendi non censurata (v. Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602, e, conformemente, Cass., 13/10/2017, n. 24076, Cass., 27/12/2016, n. 27015Cass., 22/9/2011, n. 19254, Cass., 11/1/2007, n. 1658; Cass., 13/7/2005, n. 14740).

Nel caso di specie, i motivi del ricorso sono rivolti a censurare la sentenza Tribunale di Ferrara unicamente nella parte in cui non aveva ritenuto raggiunta la prova della riconducibilità eziologica del decesso alla condotta dei sanitari. Non viene invece formulato alcuno specifico motivo di ricorso in ordine all’ulteriore rilievo del giudice di primo grado, secondo cui, in base agli esiti della c.t.u., doveva essere comunque esclusa una condotta colposa dei sanitari dell’Azienda convenuta, risultando al contrario accertata la correttezza della diagnosi di ammissione e della procedura tecnica eseguita, compresa la fase preliminare della stessa procedura.

Al riguardo, va riaffermato, in premessa, il principio secondo il quale la responsabilità della struttura sanitaria per i danni da perdita del rapporto parentale, invocati iure proprio dai congiunti di un paziente deceduto, è qualificabile come extracontrattuale.

Infatti, il rapporto contrattuale che si instaura fra il paziente e la struttura sanitaria o il medico esplica i suoi effetti tra le sole parti del contratto., e pertanto l’inadempimento della struttura o del professionista genera responsabilità “contrattuale” esclusivamente nei confronti del paziente (responsabilità che, in caso di decesso, può essere fatta valere dai congiunti ime ereditario: Cass., Sez. III, 9 luglio 2020, n. 14615; cfr. anche Cass., Sez. III, 8 luglio 2020, n. 14258; Cass. Sez. III, 8 maggio 2012, n. 6914).

Pertanto, nel caso in esame, vertendosi in tema di danni subiti iure proprio dal ricorrente per la morte della moglie, era onere del P. dimostrare l’esistenza di un comportamento censurabile, sotto il profilo della colpa, da parte dei medici – in disparte, pertanto, l’ulteriore considerazione per cui, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la sentenza impugnata ha correttamente applicato anche i principi affermati da questa Corte in tema di onere della prova del nesso di causalità.

5.1. Il secondo motivo – in disparte i possibili profili di inammissibilità – è comunque infondato.

Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il Tribunale prende in considerazione la possibile riconducibilità della causa del decesso alla mancata somministrazione di eparina, escludendola espressamente sulla scorta delle conclusioni del c.t.u. e delle risposte da questi fornite alle osservazioni del consulente di parte attrice.

Al riguardo, si ricorda che il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico ed abbia tenuto conto dei rilievi dei consulenti di parte esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa, al riguardo, configurarsi la fattispecie del vizio di motivazione (Cass. n. 1815/2015).

6. Il ricorso va, pertanto, rigettato e la parte ricorrente condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Azienda controricorrente, delle spese presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200, di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

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