LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 546/2021 proposto da:
K.I., elettivamente domiciliato in Roma Via del Casale Strozzi, 31,presso lo studio dell’avvocato Barberio Laura,che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Veglio Maurizio, come da procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
Questore della Provincia di Torino;
– intimato –
avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di TORINO, depositata il 02/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/10/2021 da Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO
che:
Il Giudice di pace di Torino, con decreto del 5 ottobre 2020, ha convalidato il provvedimento di trattenimento di K.I., cittadino extracomunitario nato in *****, presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri ***** emesso dal Questore di Torino, ravvisando la ricorrenza dei presupposti D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 2, lett. b).
Avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione K.I. affidandolo a quattro motivi, corroborati da memoria. L’amministrazione è rimasta intimata.
CONSIDERATO
che:
1.1. Con il primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, comma 6, art. 13, comma 7, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3, comma 3, art. 24 Cost., e la manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione emesso il 10/8/2020, presupposto dal trattenimento, per omessa traduzione in lingua conosciuta, essendo stato accompagnato solo da traduzione in lingua inglese di cui il ricorrente non aveva sufficiente conoscenza; si sostiene che il Giudice di pace avrebbe dovuto rilevare incidentalmente la manifesta illegittimità del decreto di espulsione e si richiamano i principi stabiliti da Cass. n. 17407 del 30/7/2014 1.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2-bis, art. 14, comma 4, art. 111 Cost. e la nullità del provvedimento per omessa pronuncia in merito alla richiesta di rigetto della convalida per mancata traduzione in lingua conosciuta del decreto di espulsione.
1.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 4, art. 15, par. 2 Direttiva 2008/115/CE, 111, comma 6, Cost. e la motivazione apparente del provvedimento di convalida del trattenimento dello straniero presso il C.P.R..
1.4. Con il quarto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 1998, art. 14, comma 5, art. 125 c.p.c., comma 3, e art. 111 Cost., e la nullità del provvedimento per mancanza della motivazione.
2.1. I motivi secondo, terzo e quarto, da trattare congiuntamente perché connessi, risultano da esaminare con priorità e vanno disattesi.
Il ricorrente, con questi motivi, denuncia sotto vari profili (omessa pronuncia, motivazione apparente, mancanza di motivazione) la statuizione del Giudice di pace, assumendo che non si sarebbe fatto carico della denuncia concernente la pretesa illegittimità del decreto espulsivo (atto presupposto della convalida del trattenimento) per omessa traduzione in lingua conosciuta.
2.2. Giova rammentare che, poiché il vizio di omessa pronuncia si concreta nel difetto del momento decisorio, per integrare detto vizio occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto: il che si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte ovvero quando egli pronuncia solo nei confronti di alcune parti. Per contro, il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni delle parti integra un vizio di natura diversa, relativo all’attività svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio (Cass. n. 3388 del 18/02/2005).
2.3. Nel caso di specie il Giudice di pace ha motivato la convalida del trattenimento osservando che “E’ definitiva l’espulsione del decreto prefettizio 10.08.2020 non opposto; non sono emersi elementi ostativi al rimpatrio ed al trattenimento; si è sottratto alla misura alternativa questorile (obbligo di consegna del passaporto, disposto con precedente decreto del questore: n.d.r.) già convalidata dal g.d.p. di Milano il 10.8.2020;… sussistono altresì i presupposti di cui al successivo art. 14; manca vettore”.
Ne consegue che, anche se in questa motivazione manca qualsiasi riferimento all’eccezione sollevata dalla difesa del trattenuto, relativa all’illegittimità del provvedimento presupposto di espulsione per difetto di traduzione in lingua conosciuta dal destinatario (georgiano), tuttavia è chiaramente indicata la ratio decidendi in ragione della quale non sono state esaminate le questioni afferenti il decreto di espulsione, e cioè la circostanza che quest’ultimo era oramai intangibile, perché definitivo per mancata opposizione.
Le tre censure, pertanto, non colgono nel segno perché la motivazione è stata svolta, sia pure in forma sintetica, non è apparente, perché consente di ricostruire il percorso logico/giuridico seguito, ed è immune dal vizio di omessa pronuncia perché la pronuncia sull’accertamento dei presupposti della convalida richiesta dall’amministrazione nei confronti del destinatario, che costituisce l’oggetto del giudizio vi è stata e la mancata confutazione, da parte del giudice della convalida del provvedimento questorile di trattenimento, dell’argomentazione svolta in uno dei motivi di opposizione dal cittadino straniero, non integra omessa pronuncia.
3.1. Tanto premesso, va dichiarata l’inammissibilità anche del primo motivo, che non coglie la ratio decidendi fondata sull’intangibilità del decreto di espulsione, oramai definitivo, e non la censura.
3.2 Tale conclusione non è incisa dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, richiamata dal ricorrente, secondo la quale “Il sindacato giurisdizionale sul provvedimento di convalida del trattenimento del cittadino straniero non deve essere limitato alla verifica delle condizioni giustificative dell’adozione della misura indicate nel D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 4 bis e art. 14, comma 1, nella formulazione attualmente vigente, ma deve essere esteso, oltre che all’esistenza ed efficacia del provvedimento espulsivo, anche alla verifica delle condizioni di manifesta illegittimità del medesimo, in quanto indefettibile presupposto della disposta privazione della libertà personale” Cass. n. 17407 del 30/07/2014; conf. Cass. n. 7841 del 20/03/2019) perché tali principi sono stati affermati in relazione a provvedimenti espulsivi non ancora definitivi e non sono applicabili al caso in esame, non essendo stata contestata l’accertata definitività del provvedimento espulsivo.
Va aggiunto che questa Corte ha riconosciuto la possibilità di proporre anche opposizione tardiva al decreto di espulsione, per mancata traduzione in una lingua conosciuta, anche se questa ipotesi non ricorre nel caso di specie; inoltre – come è stato precisato – la mancata traduzione del relativo decreto nella lingua propria del destinatario determina la nullità (non l’inesistenza) del provvedimento che, pur potendo essere fatta valere con l’opposizione tardiva, tuttavia “non è deducibile senza limiti di tempo, occorrendo a tal fine verificare se la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, abbia effettivamente determinato un’ignoranza sul contenuto dell’atto tale da impedirne l’identificazione e se, “medio tempore”, lo straniero non abbia comunque avuto adeguata conoscenza della natura dell’espulsione e del rimedio proponibile, nel qual caso è da tale momento che dovrà farsi decorrere il termine per la proposizione dell’opposizione tardiva fondata sull’intervenuta nullità.” (Cass. n. 4226 del 19/02/2020; Cass. n. 17908 del 30/07/2010).
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva degli intimati.
Poiché dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022