LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 588-2018 proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE TARANTO (ASL TA), in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI N. 30, presso lo STUDIO PLACIDI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIANGELA CARULLI;
– ricorrente –
contro
R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIANTURCO n. 1, presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA LENOCI, rappresentata e difesa dall’avvocato MICHELE BRUNETTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 322/2017 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ. DIST. DI TARANTO, depositata il 04/10/2017 R.G.N. 194/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/11/2021 dal Consigliere Dott.ssa SPENA FRANCESCA.
RILEVATO
CHE:
1. Con sentenza del 4 ottobre 2017 la Corte d’Appello di Lecce riformava la sentenza del tribunale di Taranto e, per l’effetto, condannava la ASL TARANTO (in prosieguo: ASL) a pagare le somme oggetto del decreto ingiuntivo emesso in favore di R.C., dipendente addetta al Servizio Integrazione Scolastica Handicappati (SISH), a titolo di differenze retributive maturate nel periodo gennaio 2001-settembre 2006.
La Corte territoriale riteneva la carenza di legittimazione processuale del direttore generale della ASL a proporre opposizione al decreto ingiuntivo, in quanto non era in atti né la delibera autorizzativa ad agire in giudizio in favore del direttore generale (ai sensi dell’art. 75 c.p.c., comma 3, del D.Lgs. n. 502 del 1992 e del Reg.R. Puglia 20 dicembre 2002, n. 9) né la delibera di incarico al legale.
3. In ogni caso, anche a volere esaminare il merito, non era corretta la decisone del Tribunale di disporre consulenza contabile in assenza di contestazione dei conteggi da parte della ASL e di escludere dai compensi alcune voci sul presupposto che, trattandosi di prestazioni di fatto, erano retribuibili le sole ore lavorate e non era dovuto l’aumento legato alla progressione economica orizzontale, non avendo i lavoratori interessati partecipato ad alcuna procedura selettiva. Al riguardo il giudice dell’appello richiamava per relationem le decisioni rese in giudizi analoghi (sentenze dello stesso ufficio nn. 50, 51 e 52 dell’anno 2021).
4. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la ASL articolato in un unico motivo di censura, cui ha resistito COSIMA R. con controricorso.
5. Con atto notificato in data 4 maggio 2021 la ASL ha rinunciato al ricorso, prendendo atto dell’orientamento ad essa sfavorevole espresso da questa Corte in giudizi analoghi (Cass. numeri 4693 e 4604/2021; da 5842 a 5846/2021).
6. Con decreto del 10 giugno 2021 il Presidente della Sezione Lavoro dichiarava estinto il processo, ai sensi dell’art. 391 c.p.c., comma 3, con spese compensate.
7. Con atto del 18 giugno 2021 COSIMA R. ha chiesto la fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 391 c.p.c., comma 3, al fine di ottenere la condanna della ASL rinunciante al pagamento delle spese di giudizio.
8. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. Alla rinuncia, regolarmente sottoscritta dal difensore- munito di mandato speciale a tale effetto- e comunicata al difensore di controparte, segue la estinzione del giudizio di cassazione.
2. Quanto alle spese, va premesso che a seguito della modificazione dell’art. 391 c.p.c. introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006 la statuizione di condanna alle spese non è più necessitata, potendo il giudice discrezionalmente negarla. Compete pertanto alla Corte apprezzare l’esistenza di ragioni, particolarmente meritevoli, atte a determinare il superamento della regola per cui, in base al principio di causalità, le dette spese dovrebbero far carico alla parte che ha dapprima introdotto il giudizio per cassazione e poi determinato, con la rinuncia, la sua estinzione (in termini: Cassazione civile sez. I, 22/05/2020, n.9474).
3. Nel caso di specie, il Collegio ritiene che debba essere disposta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione nella misura del 50%, in ragione dell’esito alterno dei gradi di merito e del comportamento processuale del rinunciante, che ha spontaneamente preso atto della giurisprudenza formatasi in relazione a casi simili. Tale condotta appare particolarmente apprezzabile, perché la rinuncia alla decisione del giudizio di cassazione nel caso in cui sulle ragioni di impugnazione questa Corte abbia avuto già modo di pronunciarsi, nell’ambito di un diverso procedimento, contribuisce a rafforzare la funzione nomofilattica della Corte di legittimità.
4. Le spese, quanto alla residua quota del 50%, si liquidano in dispositivo e vanno a carico del rinunciante.
5. Non sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, perché la norma si applica nei soli casi, tipici, di rigetto dell’impugnazione e di dichiarazione di inammissibilità o di improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale lato sensu sanzionatoria non è suscettibile di interpretazione estensiva o analogica.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio di cassazione. Compensa le spese nella misura del 50%. Condanna la parte rinunciante al pagamento della quota residua, che liquida in Euro 100 per esborsi ed Euro 2.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione al difensore.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022