Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.5005 del 16/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 5905/2013 proposti da:

METECNO S.P.A., (C.F. *****), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Zizzo e dall’Avv. Claudio Lucisano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Crescenzio n. 91;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 21/44/2012 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA, depositata il 17/2/2012;

udita la relazione della causa svolta in data 27/07/2021 dal Consigliere PIERPAOLO GORI;

Il sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione Dott. Fulvio Troncone ha concluso nel senso dell’accoglimento del ricorso principale, con l’accoglimento del secondo settimo e nono motivo del ricorso incidentale, l’inammissibilità del quarto motivo e il rigetto del quinto;

Gli Avvocati Giuseppe Zizzo e Claudio Lucisano, per la difesa, hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 21/44/2012 veniva parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 154/36/2010 la quale, a sua volta, aveva accolto il ricorso proposto dalla società Metecno S.p.a. quale consolidata, in relazione ad avviso di accertamento per IVA, IRPEG e IRAP 2003, oltre che per sanzioni.

2. In particolare l’atto impositivo operava in primo luogo la rettifica della svalutazione di partecipazione: a fronte dell’imputazione a conto economico 2003 di una svalutazione di partecipazioni per complessivi Euro 7.984.000, secondo l’Agenzia la partecipazione nella società Laminacier Group avrebbe potuto essere svalutata solo per il 56,66% del costo totale, pari ad Euro 4.001.000,00 Euro rispetto alla svalutazione dedotta di Euro 5.286.000,00.

3. Il fulcro della questione era se, con riferimento alla svalutazione della partecipazione nella Laminacier, il confronto fra patrimonio netto iniziale e netto finale dovesse essere svolto secondo il criterio della c.d. “stratificazione”, secondo il periodo di acquisizione, ovvero se dovesse essere seguito il criterio indicato calla CTR per cui sarebbe conforme alla normativa applicabile ratione temporis il confronto del patrimonio netto iniziale della sola società direttamente partecipata risultante dal bilancio del 31 dicembre 1999, regolarmente approvato opportunamente rettificato per tener conto dei versamenti successivi, con il patrimonio finale della stessa partecipata risultante dal bilancio al 31 dicembre 2003, regolarmente approvato.

4. L’atto impositivo impugnato non si esauriva con questa ripresa e, per la parte che qui interessa, le riprese ancora controverse riguardavano accantonamenti di somme a titolo di patto di non concorrenza, costi per cespiti immobiliari siti in ***** privi di documentazione giustificativa e inerenza, nonché il mancato riconoscimento di quote di ammortamento relative a spese di consulenza e costi di perizia e l’indebita detrazione IVA in relazione a contratto di leasing per beni consegnati a società controllata francese.

5. La contribuente propone ricorso principale, affidato ad un unico motivo. L’Agenzia resiste con controricorso in tutti i processi, proponendo altresì ricorso incidentale affidato a dieci motivi.

6. La società ha depositato controricorso al ricorso incidentale e, da ultimo, memoria illustrativa, tra l’altro, ir vocando – con riferimento alle sanzioni – lo ius superveniens di cui alla L. n. 23 del 2014, art. 8, comma 1. La difesa ha infine depositato istanza di discussione orale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Con l’unico motivo di ricorso principale la società, quanto alla rettifica della svalutazione di partecipazione nella Laminatier imputata a conto economico 2003 – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 59, art. 66, comma 1 bis e art. 61, comma 3, lett. b) nel testo applicabile ratione temporis, per aver la CTR confermato il recupero a tassazione.

8. Il motivo è fondato. Il problema posto all’attenzione della Corte è se, con riferimento alla svalutazione della partecipazione nella Laminatier, il confronto fra patrimonio netto iniziale e netto finale debba essere svolto secondo il criterio della c.d. “stratificazione”, secondo il periodo di acquisizione, ovvero se debba essere seguito il criterio indicato dalla CTR per cui è conforme alla normativa applicabile ratione temporis il confronto del patrimonio netto iniziale della sola società direttamente partecipata risultante dal bilancio del 31 dicembre 1999, regolarmente approvato opportunamente rettificato per tener conto dei versamenti successivi, con il patrimonio finale della stessa partecipata risultante dal bilancio al 31 dicembre 2003, regolarmente approvato.

9. Per risolvere la questione è necessario contestualizzarla con riferimento alla rilevante disciplina al tempo vigente. Anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 al TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) la valutazione dei titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri è disciplinata dalle disposizioni contenute negli artt. 59,61 e 66 del TUIR e, in particolare, la valutazione fiscale dei titoli, indipendentemente dal fatto che siano classificati tra le immobilizzazioni finanziarie o nell’attivo circolante, è normata dall’art. 66, comma 1-bis, del TUIR nel testo ratione temporis vigente, e dall’art. 61, comma 3, lett. b), stesso TUIR. Quest’ultima previsione dispone che ai “fini dell’applicazione dell’art. 59, comma 4 il valore minimo è determinato:(…) b) per le azioni e titoli similari non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, riducendo il valore unitario determinato a norma dei commi 2, 3 e 3-bis dello stesso art. in misura proporzionalmente corrispondente alle diminuzioni patrimoniali risultanti dal confronto fra l’ultimo bilancio regolarmente approvato dalle società o enti emittenti anteriormente alla data in cui le azioni vennero acquistate e l’ultimo bilancio o, se successive, le deliberazioni di riduzione del capitale per perdite”.

Siffatta disciplina è richiamata dall’art. 36, 1-bis del TUIR, secondo cui per “la valutazione delle immobilizzazioni finanziarie si applicano le disposizioni dell’art. 61”.

10. Il combinato disposto di tali norme impone di confrontare i patrimoni netti contabili delle società partecipate così come risultanti dai loro bilanci regolarmente approvati e relativi, rispettivamente, all’esercizio antecedente a quello in cui le partecipazioni sono acquistate e all’ultimo esercizio rispetto al quale viene effettuata l’operazione di valutazione da parte della società partecipante.

Inoltre, tali previsioni prevedono che il bilancio relativo all’ultimo esercizio possa essere sostituito da una situazione patrimoniale più recente nell’ipotesi in cui si manifestino, successivamente alla data di una sua regolare approvazione e prima dell’approvazione del bilancio della società partecipante, le condizioni per procedere ad una riduzione del capitale per perdite.

11. Tanto premesso, ai fini del confronto tra i patrimoni netti, l’art. 61 TUIR, il successivo comma 5, ultimo lemma, stabilisce che “Nella determinazione, a norma del comma 3, del valore minimo dei titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri non si tiene conto dei versamenti e delle remissioni di debito fatti a copertura di perdite della società emittente”.

La disciplina dell’art. 61 citato da un lato consente la deduzione dei versamenti e delle remissioni di debito effettuati a copertura di perdite per la parte che eccede il patrimonio netto della società partecipata risultante dopo la copertura e, dall’altro, ai fini della determinazione del valore minimo dei titoli non quotati, nel periodo di tempo oggetto di osservazione, di non tener conto dei versamenti e delle remissioni di debito fatti a copertura di perdite della società partecipata.

In queste ipotesi, precisa la Circolare de l’Agenzia delle Entrate n. 8/E del 20 febbraio 2004, avente ad oggetto “Redditi di impresa – Valutazione dei titoli – Valutazione delle azioni e titoli similari non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri – Omogeneizzazione dei patrimoni di riferimento”, per rendere omogenei i due patrimoni oggetto di confronto, occorre decrementare il patrimonio netto finale di un importo pari all’ammontare dei versamenti e delle eventuali remissioni di debito effettuate dai soci a copertura delle perdite, espressamente previsti negli atti societari.

12. Allo stesso modo, occorre rendere confrontabili i patrimoni netti di riferimento nelle altre ipotesi in cui, nel periodo oggetto di osservazione, siano intervenute delle variazioni patrimoniali in seguito ad apporti effettuati a titolo diverso dalla copertura delle perdite.

In assenza di un’espressa previsione normativa, che individui il patrimonio netto su cui effettuare le rettifiche, è opinione diffusa anche in dottrina che sia corretto adottare una tecnica di “omogeneizzazione” che, in questo caso, incrementi il patrimonio netto iniziale. Per logica simmetria, in conseguenza della riduzione del capitale sociale per esuberanza o della distribuzione di riserve di capitale, il patrimonio netto iniziale deve essere ridotto.

13. Orbene, il procedimento di “omogeneizzazione”, nel caso in cui la partecipazione del socio sia la risultante di acquisti succedutisi in diversi esercizi, richiede anche di valorizzare la “stratificazione” prevista dall’art. 59, comma 3, del TUIR ante riforma, il quale prevede di tener conto degli “strati” corrispondenti ai vari esercizi: “Negli esercizi successivi, se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all’esercizio precedente, le maggiori quantità, valutate a norma del comma 2, costituiscono voci distinte per esercizi di formazione. Se la quantità è diminuita, la diminuzione si imputa agli incrementi formati nei precedenti esercizi, a partire dal più recente.”

Tener conto di siffatta previsione è coerente con la prassi già invalsa nell’interpretazione della norma originaria, contenuta nella L. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 21 (circolare 15 aprile 1957, n. 3/B/350860), secondo cui il flusso dei costi, e le partecipazioni in una determinata società devono essere suddivise in “strati” corrispondenti ai periodi di imposta in cui le medesime sono state progressivamente acquistate, onde procedere alla rilevazione della flessione patrimoniale subita dalla partecipata.

Deve pertanto essere affermato il seguente principio di diritto:

“In tema di deduzione dalla base imponibile di svalutazione della partecipazione in società non quotate, allorquando è necessario un procedimento di “omogeneizzazione” per confrontare il patrimonio netto iniziale e quello netto finale oggetto di confronto, ai sensi dell’art. 61, comma 5, u.p., TUIR, occorre decrementare il patrimonio netto finale di un importo pari all’ammontare dei versamenti e delle eventuali remissioni di debito effettuate dai soci a copertura delle perdite; nel caso in cui la partecipazione del socio sia la risultante di acquisti succedutisi in diversi esercizi, deve tenersi conto anche della “stratificazione” prevista dall’art. 59, comma 3, del TUIR, nel testo ratione temporis vigente, secondo cui le partecipazioni in una determinata società devono essere suddivise in “strati” corrispondenti ai periodi di imposta in cui le medesime sono state progressivamente acquistate, onde procedere alla rilevazione della flessione patrimoniale subita dalla partecipata”.

14. Al contrario, la CTR ha operato un’a3plicazione del disposto normativo dell’art. 61 sopra richiamato non coordinato in modo sistematico con il principio della stratificazione per distinti esercizi di formazione di cui all’art. 59, comma 3, TUIR, ratione temporis vigente, dal momento che il criterio seguito non considera che, come indicato dai giudici di prime cure, la base di calcolo non deriva dalle poste del bilancio consolidato, né contabilizza quanto singolarmente avvenuto nei diversi esercizi, che invece va percentualizzato quanti sono gli strati. In tal modo, la CTR ha fatto un’applicazione atomistica della pertinente normativa, e si è limitata a confrontare due patrimoni netti, applicando la medesima percentuale di svalutazione, nonostante il fatto che la partecipazione sia stata acquista in tempi diversi, come ricavabile dal prospetto riportato in ricorso.

Ragionando così la sentenza impugnata non ha compiutamente chiarito perché il criterio esposto e da tempo recepito nella stessa menzionata circolare dell’Agenzia delle Entrate non potesse trovare applicazione nella fattispecie, onde determinare la percentuale di svalutazione per ciascuno strato considerando la quota di netto relativa ai titoli posseduti in base all’ultimo bilancio approvato e la quota da attribuirsi in base al bilancio precedente all’acquisto se rettificato.

15. La decisione del giudice d’appello in altri termini non tiene conto di quanto via via accaduto nel tempo trascorso per distinti esercizi di formazione ai sensi dell’art. 59, comma 3, TUIR, vigente all’epoca dei fatti, ed incorre nel vizio denunciato perché motiva come se non ci fossero state modifiche periodo per periodo sul patrimonio netto, tanto con riferimento al valore nominale delle azioni, quanto con riguardo all’emissione di nuove azioni e all’acquisizione di nuove partecipazioni.

16. Con il primo motivo di ricorso incidentale, relativo alla ripresa per costi non riconosciuti per accantonamenti di somme a titolo di patto di non concorrenza – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa predetta.

Con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente incidentale, sempre circa i costi non riconosciuti per accantonamenti di somme a titolo di patto di non concorrenza – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 70,73 e 75 TUIR (ante riforma 2004 oggi 105, 107 e 109) dal momento che il corrispettivo legato al patto di non concorrenza non è contemplato tra le voci deducibili né assimilabile ad esse, vivendo sul punto il principio di tassatività e numero chiuso.

Con il terzo motivo la ricorrente incidentale, con riferimento alla medesima questione del regime fiscale in capo alla società del compenso previsto dai patti di non concorrenza, deduce anche l’omessa motivazione su fatto decisivo della controversia.

17. E’ fondato il secondo motivo, assorbito il primo e il terzo, posto che il patto di non concorrenza, anche se e stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato, rimane autonomo da questo, sotto il profilo prettamente causale. Infatti, questa Corte ha già statuito nei confronti della contribuente (Cass. Sez. E – 5, Ordinanza n. 26163 del 2013) con argomentazioni interamente condivise dal Collegio che il patto in questione è riconducibile ad un contratto oneroso a prestazioni corrispettive che implica corresponsione di un’indennità di natura non provvisionale il cui accantonamento fiscale non è previsto (e perciò è da ritenersi escluso) dal menzionato art. 75 del TUIR (rectius art. 70, commi 2-bis e 3) che consente la deducibilità dei soli accantonamenti rientranti tra quelli ivi espressamente previsti.

18. Con il quarto motivo di ricorso incidentale, relativo alla ripresa per Euro 49.484,07 di costi per cespiti immobiliari siti in ***** privi di documentazione giustificativa e inerenza si prospetta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa predetta.

19. Il motivo è infondato, dal momento che la ratio decidendi espressa dal giudice d’appello, secondo cui il litro cespiti è stato prodotto in giudizio, visionato ai fini della prova dei costi oggetto di ripresa e la mancanza delle fatture di acquisto risalenti ad oltre 10 anni prima non giustifica la ripresa delle quote di ammortamento dedotte nel conto economico del bilancio, soddisfa i minimo costituzionale ed è sorretta da logica argomentativa poggiante su di un accertamento in fatto ancorato al quadro istruttorio.

20. Con il quinto motivo in via incidentale circa la medesima ripresa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22 e art. 109 TUIR.

21. Il mezzo non è inammissibile sotto un profilo eccepito nel controricorso al ricorso incidentale di non congruità con la decisione, perché in effetti specificamente censura la complessiva ratio decidendi sulla ripresa per costi per cespiti immobiliari siti in ***** privi di documentazione giustificativa e inerenza, ed è autosufficiente tenuto conto che l’Agenzia si duole di una violazione di legge.

Tuttavia a riguardo il giudice d’appello ha accertato che “il libro cespiti è stato prodotto e visionato dai verificatori e la mancata esibizione delle fatture di acquisto risalenti ad oltre dieci anni prima non può giustificare la ripresa”. (cfr.5 sentenza impugnata). Pertanto, il motivo non può trovare ingresso in presenza dell’accertamento fattuale che tiene conto del compendio istruttorio ed è nel senso sfavorevole all’Amministrazione – compiuto dalla CTR, il quale investe tanto la contestazione sull’inesistenza quanto quella della mancata inerenza dei costi oggetto della doglianza.

22. Con il sesto motivo di ricorso incidentale, in relazione al mancato riconoscimento di quote di ammortamento relative a spese di consulenza e costi di perizia, – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa.

Con il settimo motivo l’Agenzia, circa la medesima ripresa per spese di consulenza e relazione di stima ex art. 2343 c.c. per il conferimento da parte della società verificata di un ramo d’azienda nella controllata, – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, poiché la contribuente avrebbe eventualmente dovuto riaddebitare i costi alle società beneficiarie del conferimento in quanto il costo delle perizie è legato causalmente al conferimento d’azienda acquisito.

23. I motivi sono infondati, dal momento che, quanto alla sesta censura, il “thema decidendum” e le ragioni a fondamento della parte dispositiva della sentenza sono immediatamente rinvenibili a pag.5 della sentenza impugnata (“Parimenti deve essere confermata la sentenza sul punto 4) relativo al mancato riconoscimento delle spese di perizia e stima (…) atteso che il conferimento è avvenuto in cambio di titoli (…)”.

Inoltre, con riferimento alla settima doglianza, la decisione fa chiaro riferimento all’art. 109 TUIR compiendo a riguardo un accertamento in fatto non revocabile in dubbio in questa sede nei termini esposti nel motivo. Infatti, nella medesima pag.5 della sentenza della CTR si legge testualmente “quanto al principio di inerenza (…) non può non rilevarsi la connessione esistente tra le citate spese e gli scopi aziendali”, e ciò soddisfa il comma 5 della disposizione normativa da ultimo menzionata, invocata dall’Agenzia e applicata dal giudice d’appello sulla base di una ricognizione della fattispecie concreta.

24. Con l’ottavo motivo la ricorrente incidentale, circa l’indebita detrazione dell’IVA di Euro 25.495,73 in relazione al contratto di leasing per beni consegnati ad una controllata francese, – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa.

Con il nono motivo l’Agenzia, circa la medesima ripresa per detrazione di canoni di leasing, – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, avendo il giudice d’appello mancato di considerare che i macchinari oggetto del contratto di leasing non erano mai entrati nel ciclo produttivo della contribuente e, dunque, non avevano alcuna correlazione con i suoi ricavi.

Con il decimo motivo la ricorrente incidentale, con riferimento alla medesima questione, deduce quale vizio motivazionale anche l’omessa motivazione su fatto decisivo della controversia, con riferimento al fatto che la società italiana non ha prodotto alcuna documentazione attestante il titolo in base al quale la controllata francese disponesse dei macchinari.

25. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità della nona censura, sollevata nel controricorso al ricorso incidentale, dal momento che il mezzo non è diretto puramente a contestare l’applicabilità della norma in concreto, ma anche a colpire la sussunzione della fattispecie concreta nella pertinente previsione di legge ai fini dell’inerenza del costo ex art. 109 TUIR.

Nondimeno, i motivi non possono trovare ingresso, in quanto anche con riferimento alla ripresa oggetto delle suddette doglianze la motivazione sussiste e, anzi, vi è un preciso accertamento in fatto della CTR in merito all’inerenza, rinvenibile alle pagg.5 e 6 della sentenza impugnata (“i costi dei canoni di leasing dei macchinari costituenti al linea automatica di produzione di pannelli sono da considerarsi inerenti all’attività della società contribuente atteso che (…) la contribuente ha riaddebitato il cannone leasing alla sua partecipata (…) tra le attività proprie previste nell’oggetto sociale è contemplata l’attività di finanziamento delle partecipate”). Alla luce di quanto precede le doglianze dell’Agenzia in disamina in questa sede – anche quelle declinate sotto lo schermo della violazione di legge – sono chiaramente dirette ad ottenere un’indebita rivalutazione del quadro probatorio, preclusa al giudice di legittimità.

26. In conclusione, viene accolto il ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale e, rigettati i restanti, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.

Per effetto della cassazione con rinvio anche il tema dello ius superveniens di cui alla L. n. 23 del 2014, art. 8, comma 1 ai fini delle sanzioni sarà esaminato dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio e non anche dall’Estensore, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 3, in quanto trasmesso per posta elettronica su supporto non modificabile.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022

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