LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8192/2015 R.G. proposto da:
Costacurta S.p.A. Vico, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Mainardi, elettivamente domiciliata in Roma alla piazza della Croce Rossa n. 2, presso l’avv. Riccardo Troiano;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma alla via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5044/2014 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, pronunciata in data 19 settembre 2014, depositata in data 29 settembre 2014 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’U novembre 2021 dal consigliere Andreina Giudicepietro.
RILEVATO
CHE:
la Costacurta S.p.A. Vico ricorre con due motivi avverso l’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n. 5044/2014 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, pronunciata in data 19 settembre 2014, depositata in data 29 settembre 2014 e non notificata, che ha rigettato l’appello principale del contribuente e quello incidentale dell’ufficio, in controversia concernente l’impugnativa dell’avviso di accertamento relativo a maggiori Ires, Iva ed Irap relative all’anno di imposta 2007;
con la sentenza impugnata, per quanto ancora di interesse, la C.t.r. rilevava che i primi giudici avevano ritenuto che le spese di manutenzione oggetto di causa erano da considerarsi straordinarie, in considerazione del notevole importo in relazione al valore delle immobilizzazioni sulle quali erano state eseguite e del fatto che la ristrutturazione del cespite ne aveva allungato la vita economica;
a seguito del ricorso, l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;
il ricorso veniva fissato per la camera di consiglio dell’11 novembre 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;
la ricorrente ha depositato memoria con allegata nota spese del difensore.
CONSIDERATO
CHE:
con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 102, comma 6, ed art. 83 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
l’Agenzia delle Entrate riprendeva a tassazione oneri per Euro 168.321,31, considerati non deducibili ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102;
sul trattamento fiscale delle spese di manutenzione, dell’art. 102, il comma 6 dispone che: “Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili (..)”;
secondo la ricorrente, dal tenore letterale della norma sarebbe evidente come la deducibilità delle spese, nel periodo d’imposta di sostenimento, dipenda esclusivamente dalla circostanza che tali spese non siano “imputate ad incremento del costo” del cespite al quale si riferiscono;
cioè, l’art. 102, comma 6, contrariamente a quanto asserito dall’Agenzia delle entrate, non richiede alcuna indagine volta a stabilire se una determinata spesa sia riconducibile ad una manutenzione “ordinaria” o “straordinaria”, in quanto il trattamento fiscale delle spese di manutenzione dipenderebbe dalla mera qualificazione civilistica che di questi oneri viene fatta in bilancio;
sostiene la ricorrente che l’Agenzia delle Entrate, in violazione di detto principio, fondava la propria ripresa a tassazione disconoscendo la classificazione e imputazione delle dette spese nel bilancio della società, con ciò violando palesemente il cosiddetto principio di derivazione del risultato fiscale dal bilancio civilistico di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 83;
a questo proposito dell’art. 83, il comma 1 dispone che: “Il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione”;
la ricorrente ribadisce, inoltre, che gli interventi in discussione avevano avuto chiaramente carattere di manutenzione “ordinaria”, contrariamente a quanto sostenuto dai verificatoti, trattandosi di oneri volti ad evitare che si verificasse una interruzione della produzione industriale;
secondo la ricorrente, nessuna norma di legge, né il principio OIC n. 16, individuava nel “fattore prezzo” una discriminante tra spese di manutenzione ordinaria e straordinaria;
con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;
secondo la ricorrente, la C.t.r., non avrebbe considerato la domanda avanzata in via subordinata dalla ricorrente fin dal primo grado di giudizio, secondo cui l’accertamento non teneva conto delle 4 note di credito per alcune spese di manutenzione, pari a complessivi 19.995,80 Euro, che andavano comunque detratti dall’importo ripreso a tassazione;
il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo;
come questa Corte ha affermato, “in tema di determinazione del reddito d’impresa, le spese sostenute per la manutenzione, riparazione, trasformazione ed ammodernamento di beni strumentali sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo, ex art. 102, comma 6, T.U.I.R., non assumendo rilevanza, a tal fine, il carattere eccezionale di dette spese. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso che le spese di manutenzione straordinaria di edificio sede della società contribuente andassero imputate ad aumento dei costi dei beni ammortizzabili in ragione della loro natura incrementativa del valore dell’immobile” (Cass. n. 16820/2020; vedi anche Cass. N. 3170/2018; n. 7885/2016);
come è stato detto nelle citate pronunce, “la disposizione normativa consente all’imprenditore di esercitare l’opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative, quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati (deduzione di importo non superiore al 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili; deduzione dell’eccedenza per quote costanti nei cinque esercizi successivi)”;
pertanto, ai fini della deducibilità della spesa, ai sensi dell’art. 102, comma 6 del T.u.i.r., non rileva la natura incrementativa o meno della spesa, circostanza che non può essere sindacata dall’Amministrazione fiscale, ma piuttosto quella della sua imputazione o meno in bilancio ad incremento del bene cui si riferisce (Cass. n. 274 del 10 gennaio 2001), posto che l’art. 102 fa riferimento alle spese che dal bilancio risultano non capitalizzate e quindi applica la regola della derivazione del reddito fiscale dal bilancio di esercizio;
nel caso in esame, non è corretta in diritto l’interpretazione adottata dalla Commissione tributaria regionale, la quale, aderendo alla prospettazione dell’amministrazione, senza specificare se nel caso in esame risultassero dal bilancio imputate ad incremento del costo del bene cui si riferiscono, ha affermato che le spese di manutenzione sostenute dalla società contribuente, in quanto di natura incrementativa del valore dell’immobile interessato, dovessero obbligatoriamente essere imputate ad aumento dei costi dei beni ammortizzabili;
in conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.t.r. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.t.r. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022