LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. PEPE Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
C.M. rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Migliarini, giusta procura in calce del ricorso (pec andrea.migliarini.avvocatiperugiapec.it);
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 5915/VI/2016 emessa dalla CTR Lazio e depositata il 12.10.2016 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 19/01/2022 dal Consigliere Dott.ssa. Balsamo Milena.
Udito il P.G. che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o in via subordinata per il rigetto del ricorso.
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA 1. C.M. impugnava l’avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate concernente l’imposta di registro nel suo importo ordinario, per decadenza dai benefici riservati alla prima abitazione, relativamente alla scrittura privata registrata del 30.06.2010, con la quale acquistava un immobile in *****.
Il contribuente eccepiva la mancata allegazione della delega all’avviso di accertamento nonché il trasferimento di fatto nel comune di ubicazione dell’abitazione.
La C.T.P. di Roma respingeva il ricorso con sentenza gravata dinanzi alla C.T.R. del Lazio.
In particolare, la C.T.R., ricordate le disposizioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972 e l’obbligo di trasferire la residenza, entro 18 mesi dall’acquisto, nel comune ove è ubicata l’abitazione, ha confermato la decadenza dall’agevolazione.
Ricorre per cassazione la contribuente sulla base di tre motivi.
L’Agenzia resiste con controricorso.
Il P.G. ha concluso per l’inammissibilità, ovvero, in subordine, per il rigetto del ricorso.
CONSIDERAZIONI DI DIRITTO 2. Con il primo motivo del ricorso, si deduce “omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5) per avere la Regionale trascurato di esaminare le censure dedotte con l’atto di appello” individuate nell’omessa pronuncia sulle eccezioni opposte e carenza di motivazione (pagina 4 del ricorso).
3. Con la seconda critica si lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in quanto l’avviso risultava sottoscritto dal funzionario, nel qual caso incombeva all’amministrazione l’onere di dimostrare l’esercizio del potere sostitutivo da, parte del sottoscrittore e la presenza di delega da parte del titolare.
4. Con la terza censura si deduce l’insussistenza dei requisiti per la decadenza del beneficio, avendo il ricorrente trasferito di fatto la residenza nel Comune, rilevando a suo avviso la dimora di fatto in modo abituale e rivestendo le residenze anagrafiche solo valore presuntivo, citando all’uopo la decisione di questa Corte n. 5713/2002.
5. Con la quarta censura si sostiene che, svolgendo il ricorrente attività lavorativa nel Comune di Roma, questi aveva comunque diritto alle agevolazioni prima casa.
6. Con l’ultimo mezzo si afferma la natura non perentoria del termine di diciotto mesi previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, nota II bis della tariffa, parte I allegata.
7. Il primo motivo del ricorso non supera il vaglio di ammissibilità, per difetto di specificità, in quanto i motivi di gravame non sono stati compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. 25359 del 20/09/2021; Cass. n. 11659 del 16/06/2020Cass. 17049/2015; n. 21083 del 07/10/2014). Neppure risulta trascritta o allegata la delega al funzionario, tenuto conto che l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o del funzionario della carriera direttiva da lui delegato e che, in caso di contestazione, incombe sull’amministrazione l’onere di provare il corretto esercizio del potere sostituivo da parte del sottoscrittore, trattandosi di documento in possesso dell’amministrazione(Cass. n. 34538/2021).
Pertanto, in assenza della trascrizione dei motivi di impugnazione, deve concludersi che, in assenza di contestazione, non sorge in capo all’ente alcun obbligo di allegare la delega al funzionario.
8.La seconda censura attingendo direttamente l’avviso di liquidazione e non la sentenza è parimenti inammissibile.
8.1 La proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quelle impugnate. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo del ricorso di una società di persone, con cui, nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di rettifica del reddito di partecipazione, si censurava la sentenza emessa in un altro giudizio, avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di rettifica del reddito dichiarato dalla società, e richiamata nella sentenza impugnata dal socio; Cass. 17125 del 03/08/2007; Cass. n. 4036 del 18/02/2011; n. 28838 del 08/11/2019; n. 15517 del 21/07/2020).
9. La terza censuri è destituita di fondamento.
Sul mancato trasferimento della residenza per usufruire dei benefici “prima casa” l’orientamento di questa Corte (n. 14399/2013; id n. 7067/2014; n. 7764/2014, 16082/2014, 4800/2015, 5015/2015;n. 38552 del 06/12/2021), è consolidato nel senso di ritenere che “in tema di imposta di registro, il D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 2 (convertito nella L. 5 aprile 1985, n. 118), richiede, per la fruizione dei benefici cd. prima casa, previsti in caso di acquisto di immobile in altro Comune, che il compratore vi trasferisca la residenza anagrafica, rilevante ai fini del godimento dell’agevolazione, entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto; detto trasferimento, elemento costitutivo del beneficio richiesto e provvisoriamente accordato, rappresenta un obbligo del contribuente verso il fisco, dovendosi però tenere conto di eventuali ostacoli nell’adempimento di tale obbligazione, caratterizzati dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento. Ne consegue che il mancato stabilimento nei termini di legge della residenza non comporta la decadenza dall’agevolazione, solo qualora tale evento sia dovuto a causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto alla stipula dell’acquisto”.
A nulla rileva ai fini della permanenza delle agevolazioni il mero trasferimento di fatto, sia pur comunicato al Comune.
10.Anche il quarto motivo è privo di pregio.
In base al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte Prima, allegata, l’agevolazione cd. “prima casa” è subordinata alla dichiarazione del contribuente, nell’atto di acquisto, di svolgere la propria attività lavorativa nel comune dove è ubicato l’immobile (requisito alternativo a quello del trasferimento della residenza anagrafica nello stesso entro diciotto mesi), poiché le agevolazioni sono generalmente condizionate ad una dichiarazione di volontà dell’avente diritto di avvalersene e, peraltro, l’Amministrazione finanziaria deve poter verificare la sussistenza dei presupposti del beneficio provvisoriamente riconosciuto(Cass. n.. 13850 del 2017; Cass. n. 6501 del 16/03/2018; Cass. n. 21814/2019; Cass.n. 24542/2020, in motiv.; Cass. n. 2181472020, in motiv.).
Ciò si desume dall’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in tema di beneficio fiscale relativo all’acquisto della prima casa, il contribuente deve invocare, a pena di decadenza, al momento della registrazione dell’atto di acquisto, alternativamente, il criterio della residenza o quello della sede effettiva di lavoro, dovendosi valutare la spettanza del beneficio, nel primo caso, in base alle risultanze delle certificazioni anagrafiche e, nel secondo, alla stregua dell’effettiva sede di lavoro.
Ne consegue che decade dall’agevolazione il contribuente che non abbia indicato, nell’atto notarile, di volere utilizzare l’abitazione in luogo di lavoro diverso dal comune di residenza (Cass., Sez. 6-5, n. 13850 del 31 maggio 2017).
10.1. Si tratta di indirizzo che pone condivisibilmente in evidenza l’alternatività ed infungibilità intercorrente tra le plurime cause agevolative previste dalla legge, da correlarsi all’onere dichiarativo della parte che se ne voglia avvalere ed alla tutela dell’azione accertativa dell’amministrazione finanziaria, affidata – appunto a seconda dell’opzione agevolativa prescelta dal contribuente al momento dell’atto – a modalità e termini decadenziali differenti.
11. L’ultima censura neppure coglie nel segno.
Il trasferimento della residenza entro diciotto mesi, elemento costitutivo del beneficio richiesto e provvisoriamente accordato, rappresenta un obbligo del contribuente verso il fisco, dovendosi però tenere conto di eventuali ostacoli nell’adempimento di tale obbligazione, caratterizzati dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento. Ne consegue che il mancato stabilimento, nei termini di legge, della residenza non comporta la decadenza dall’agevolazione, solo qualora tale evento sia dovuto a causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto alla stipula dell’acquisto.
Quando l’ordinamento, come nel caso in esame, limita nel tempo la possibilità del soggetto di produrre un effetto giuridico a sé favorevole, o d’impedirne uno a sé sfavorevole, mediante l’esercizio di un potere, la mancata produzione dell’effetto scaturente dal mancato compimento dell’atto entro il termine fissato si presenta come estinzione del potere, ossia come decadenza.
Con la previsione del termine, il legislatore fissa il momento oltre il quale l’interesse del titolare del potere di esercitarlo nel tempo prefissato non può più prevalere sui contrapposti interessi, pubblici o privati, in base all’esigenza che la possibilità di modificazione giuridica sia limitata nel tempo per garantire la certezza nel trattamento delle situazioni. A presidiare quest’esigenza è posto l’art. 2964 c.c., il quale esclude, al cospetto della fissazione di un termine di decadenza, l’applicabilità delle norme relative all’interruzione della prescrizione nonché, salva diversa previsione, di quelle che si riferiscono alla sospensione (sull’applicabilità di questa regola e sulla sua cogenza giustappunto in tema di revoca delle agevolazioni in questione, sia pure con riguardo al regime previgente, vedi, in motivazione, Cass., sez.un., 21 novembre 2000, n. 1196; più in generale, 11 febbraio 2010, n. 3078 e 10 gennaio 2007, n. 1090; Cass.n. 2616/2016).
13. Ne segue il rigetto del ricorso, con aggravio di spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla refusione delle spese del giudizio sostenute dall’Agenzia che liquida in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, il 19 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022