LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 29099/2015 r.g. proposto da:
MONTE DEI PASCHI DI SIENA s.p.a., (cod. fisc. *****), quale incorporante per atto di fusione della cessata Banca Toscana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Alberto Cederli, con cui elettivamente domicilia in Roma, Via del Consolato n. 6, presso lo studio dell’Avvocato Massimo Serra.
– ricorrente –
contro
LANZONE NOVE S.R.L., (cod. fisc.), con sede in *****, nella qualità di assuntore del concordato fallimentare della società
M. s.r.l. Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. V.E., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Roberta Mastrorilli, con la quale elettivamente domicilia in Roma, alla Via del Corso n. 300, presso lo studio dell’Avvocato Francesco Saltelli.
– controricorrente –
contro
Fallimento della società M. s.r.l. Unipersonale;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, depositata in data 10 giugno 2015, n. 644/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/1/2022 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
RILEVATO
Che:
1. Il Tribunale di Fermo dichiarò, con sentenza del 8.7.2005, l’inammissibilità dell’opposizione allo stato passivo del fallimento M. s.r.l. proposta da MPS Gestione Crediti Banca s.p.a., in nome e per conto della Banca Toscana s.p.a., in ragione dell’accertata non tempestività dell’impugnazione.
2. Proposto gravame da parte dell’istituto di credito, la Corte di appello con sentenza parziale del 12.3.2014 ha accolto la censura proposta dall’appellante, dichiarando l’ammissibilità della proposta opposizione.
3. L’istituto di credito aveva infatti chiesto l’ammissione dei seguenti crediti:
a) Euro 819.004,11 in sede privilegiata ipotecaria (mutuo fondiario), oltre interessi, in forza di ipoteca volontaria iscritta in data 1.7.2002;
b) Euro 287.189,21 in sede privilegiata pignoratizia di cui Euro 244.973,27 per saldo debitore di conto corrente ed Euro 42.251,94 per residuo mutuo ordinario;
c) Euro 429.726,60 in sede chirografaria per anticipi fatture o ordini all’esportazione.
La corte dei merito ha ritenuto – per quanto qui ancora di interesse – che: i) fosse fondata l’eccezione revocatoria sollevata dal fallimento in relazione all’ipoteca che era stata iscritta nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, posto che risultava evidente il collegamento funzionale tra la costituzione di ipoteca e il pagamento dell’esposizione debitoria precedente, confermandosi pertanto la natura anomala dell’operazione con la quale era stato estinto il precedente debito contratto nei confronti della banca di natura chirografaria e lo stesso era stato sostituito con il debito nascente dal mutuo fondiario, con la conseguente revocabilità del mutuo fondiario ed il rigetto dell’opposizione volta ad ottenere l’ammissione del credito in via privilegiata; ii) i timbri postali – dai quali sarebbe stato possibile affermare la data certa delle scritture private contenenti la costituzione delle garanzie pignoratizie – erano stati apposti solo sulle prime pagine delle predette scritture composte invece da tre pagine, con la conseguente non opponibilità al fallimento delle invocate garanzie pignoratizie e l’ammissione dei relativi crediti in via chirografaria.
2. La sentenza, pubblicata il 10.6.2015, è stata impugnata da MONTE DEI PASCHI DI SIENA s.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui LANZONE NOVE S.R.L., nella predetta qualità di assuntore del concordato fallimentare della società M. s.r.l. Unipersonale, ha resistito con controricorso.
Il fallimento intimato non ha svolto difese.
LANZONE NOVE S.R.L., ha depositato memoria.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 1, nn. 3 e 4, in relazione al disposto del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 39, comma 4, nonché vizio di omessa ovvero insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si evidenzia da parte della ricorrente che, sulla base dei principi affermati dalla giurisprudenza più recente rispetto a quella richiamata nella sentenza impugnata, il contratto di mutuo fondiario non è un contratto di scopo, con la conseguente piena legittimità che tra le finalità di un’operazione di credito fondiario possa rientrare anche quella di utilizzazione delle somme ottenute per estinguere un debito precedente verso la stessa banca concedente il finanziamento, non essendo ravvisabile, in tale ipotesi, un uso distorto dello strumento del mutuo fondiario.
1.1 Il motivo – per come articolato – è inammissibile perché lo stesso non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato che fonda l’accoglimento dell’eccezione revocatoria del mutuo e della relativa garanzia ipotecaria, sollevata ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, sulla natura anomala dell’operazione negoziale concordata con l’istituto di credito e non già sulla presunta invalidità del contratto di mutuo fondiario, con la consequenziale non pertinenza della giurisprudenza di legittimità richiamata nel ricorso (Cass. 19282/2014). Detto altrimenti, la motivazione Impugnata non ha affatto affermato che il contratto di mutuo fondiario sia illecito qualora stipulato per sanare debiti pregressi, ma ha diversamente ribadito che, in tali ipotesi, possono ricorrere (e ricorrono, nel caso di specie) i presupposti della revocatoria L. Fall., ex art. 67, comma 1, n. 2, ovvero n. 3.
1.2 Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che è revocabile, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2), e in ogni caso L. Fall., ex art. 67, comma 2, la rimessa conseguente alla concessione di un mutuo garantito da ipoteca destinata a ripianare uno scoperto di conto, laddove il mutuo ipotecario e il successivo impiego di una somma siano inquadrabili in un’operazione unitaria posta in essere in funzione dell’azzeramento della preesistente esposizione debitoria del mutuatario. Ne consegue che il curatore, ricorrendone i presupposti, può impugnare l’intera operazione per farne dichiarare l’inefficacia, in quanto diretta, per un verso, a estinguere con mezzi anormali le precedenti obbligazioni gravanti sul beneficiario delle somme mutuate, per altro verso, a costituire una garanzia per detti debiti preesistenti, dovendosi riconoscere l’utilità della banca non nella contrazione del mutuo fondiario in sé ma nel suo impiego come fattore ristrutturativo di un passivo almeno in parte e consistentemente diverso; essendo, tuttavia, il Tribunale tenuto ad accertare, a fronte di specifica deduzione della mutuante, se una parte del finanziamento potesse essere destinata ad una nuova sovvenzione invece che al consolidamento del passivo (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4202 del 21/02/2018; Sez. 1, Ordinanza n. 19746 del 25/07/2018).
E’ stato invero più chiaramente evidenziato – sempre dalla giurisprudenza di legittimità – che l’inopponibilità al fallimento del mutuo fondiario per nullità, simulazione ovvero revoca i esclude il cosiddetto beneficio del consolidamento, previsto dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 39 comma 4; ne consegue che, laddove la fattispecie sia ricostruita come procedimento indiretto anormalmente solutorio (costituito dal mutuo e dall’utilizzazione della somma accreditata a quel titolo ad estinzione di preesistente credito del mutuante verso il mutuatario) e quindi il contratto di mutuo venga revocato, anche l’ipoteca perde la qualificazione, che deriva dal contratto, di ipoteca iscritta a garanzia del mutuo fondiario (Sez. 1, Sentenza n. 20622 del 01/10/2007).
Ciò comporta che anche l’ulteriore censura sollevata dalla ricorrente – in relazione alla presunta violazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 39, comma 4 – oltre ad essere fuori fuoco rispetto alla ratio decidendi sopra evidenziata, si appalesa anche del tutto infondata considerata la revoca del mutuo fondiario, che esclude in radice il cd. consolidamento dell’ipoteca.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 2704 c.c., nonché vizio di motivazione, in ordine all’idoneità della scrittura privata equipollente a stabilire la certezza della data del documento costitutivo della garanzia ipotecaria.
2.1 Il motivo è infondato.
2.1.1 Come anche recentemente è stato affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nella scrittura privata non autenticata può essere ritenuta la certezza della data nel caso in cui la scrittura formi un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro postale (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13920 del 06/07/2020; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23281 del 05/10/2017), perché la timbratura eseguita da un pubblico ufficiale equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita, mentre grava sulla parte che contesti la certezza della data l’onere di provare – pur senza necessità di querela di falso – che la redazione del contenuto della scrittura è avvenuta in un momento diverso (Cass. n. 8438 del 2012).
Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata e qui riaffermata, la decisione impugnata risulta corretta posto che ha legittimamente affermato la non opponibilità dei documenti attestanti il vincolo pignoratizio al fallimento per mancanza di data certa sulla base del condivisibile rilievo della stampigliatura del timbro sulla sola prima pagina dei predetti documenti.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
3. Va invece dichiarata l’inammissibilità dell’intervento spiegato da LANZONE NOVE S.R.L., quale successore a titolo particolare del controricorrente Fallimento della società M. s.r.l. Unipersonale, ex art. 111 c.p.c., comma 3.
3.1. Secondo l’orientamento tradizionale e prevalente di questa Corte, infatti, – “il successore a titolo particolare nel diritto controverso può tempestivamente impugnare per cassazione la sentenza di merito, ma non anche intervenire nel giudizio di legittimità, mancando una espressa previsione normativa riguardante la disciplina di quell’autonoma fase processuale, che consenta al terzo la partecipazione al giudizio con facoltà di esplicare difese, assumendo una veste atipica rispetto alle parti necessarie, che hanno partecipato al giudizio di merito” (Cass. 5759/2016, 3336/2015, 7986/2011, 11375/2010, 10215/2007), con la precisazione che “il giudizio si svolge comunque tra le parti originarie” (Cass. 11322/2005) e che “la sentenza spiegherà comunque i suoi effetti nei confronti del successore a titolo particolare” (Cass. 6610/1988; v. anche più recentemente: Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021).
Nessuna statuizione è dunque dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e dichiara inammissibile l’intervento di LANZONE NOVE S.R.L..
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022