Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.5054 del 16/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18182-2020 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ITALO CARLO FALBO, 22, presso lo studio dell’avvocato ANGELO COLUCCI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI FRANCHI;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI, 15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA MONTI, ALBERTO SCOTTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 559/2019 del TRIBUNALE di PARMA, depositata il 04/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

C.G. propose opposizione a un decreto ingiuntivo notificatogli dal tribunale di Parma su richiesta della Banca Monte Parma s.p.a. (ora Intesa SanPaolo s.p.a.), per la restituzione di somme dal C. percepite in forza di sentenze cassate da questa Corte con decisione anche di merito (art. 384 c.p.c.), reiettiva della pretesa creditoria;

per quanto riconoscendosi debitore della somma ingiunta, il medesimo propose una domanda riconvenzionale per il riconoscimento di un controcredito conseguente alla nullità di un contratto-quadro per servizi di investimento e di afferenti operazioni mobiliari;

il tribunale, nella resistenza della banca opposta, respinse l’opposizione;

C. propose gravame, che la corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c.; di conseguenza il C. ha proposto ricorso per cassazione contro la decisione di primo grado, in base all’art. 348-ter c.p.c., deducendo tre motivi;

Intesa SanPaolo ha resistito con controricorso;

le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

che:

I. – il ricorrente denunzia nell’ordine: (i) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., perché ben si sarebbe potuta riproporre la domanda di nullità del contratto d’investimento, stante l’avvenuta declaratoria di tardività della medesima nella causa per prima instaurata; (ii) l’ulteriore violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in punto di ritenuta esistenza di un giudicato implicito ostativo all’esame della domanda in forza della sentenza di questa Corte n. 9981 del 2016; (iii) la violazione o falsa applicazione dell’art. 23 T.u.f., in relazione al Reg. Consob n. 12409 del 1999, in ragione della nullità del contratto-quadro stipulato anteriormente al T.u.f. e delle afferenti operazioni di investimento, siccome non legittimate dall’adeguamento del suddetto contratto alla normativa sopravvenuta;

II. – il ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza;

III. – questa Corte va ripetendo che nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348-bis, costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa menzione dei motivi di appello e della motivazione dell’ordinanza ex art. 348-bis, al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame (Cass. n. 17022-14, Cass. n. 27703-20);

IV. – nel caso concreto il ricorrente ha omesso di specificare, finanche solo per sintesi, quale fosse la prospettazione consegnata al suo appello e quale sia stata la motivazione dell’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello medesimo; egli si è limitato a dire che la corte d’appello ha dichiarato inammissibile il gravame, così da legittimare l’impugnazione della sentenza di primo grado; dopodiché tutti i riferimenti del ricorso sono relativi alla (sola) sentenza di primo grado, concretamente impugnata in questa sede;

V. – tanto non soddisfa il mentovato requisito di specificità, dettato dall’esigenza di verificare se e fino a qual punto i motivi in questa sede spesi siano coerenti con la devoluzione previamente assegnata al giudice di secondo grado (v. Cass. n. 2784-15, Cass. n. 16936-16, Cass. n. 23320-18);

da ciò l’inammissibilità del ricorso;

le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.600,00 EURO, di cui 100,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022

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