LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9404/2020 proposto da:
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ex lege;
– ricorrente –
contro
J.S., elettivamente domiciliato in Roma Via B. Tortolini, 30, presso lo studio dell’avvocato Ferrara Alessandro, che lo rappresenta e difende come da procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7206/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/10/2021 da Dott. TRICOMI LAURA.
RITENUTO
che:
Il Ministero dell’Interno propone ricorso con due mezzi nei confronti di J.S., nato in *****, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, in epigrafe indicata, che, in riforma della prima decisione, ha accolto la domanda risarcitoria per ingiusta privazione della libertà a causa dell’illegittimo trattenimento dello straniero presso il C.I.E. di *****, dal 19 ottobre 2012 al 2 novembre 2012, in violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 13 e 14, in relazione agli artt. 13,24 e 111 Cost., e dell’art. 3 della C.E.D.U., ed ha condannato il Ministero al risarcimento del danno non patrimoniale nella misura di Euro 2.100,00, oltre interessi dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo, ed alla rifusione delle spese di lite. Lo straniero ha replicato con controricorso seguito da memoria.
La Corte distrettuale aveva osservato che la dichiarazione di rinuncia alla protezione già riconosciutagli, resa dallo straniero agli agenti di polizia in occasione del controllo alla frontiera di Varese, senza l’ausilio dell’interprete, senza verificare la genuinità e la spontaneità della stessa e senza assicurare l’espletamento delle attività connesse, quali il ritiro della documentazione afferente al riconoscimento della protezione, non era tale da determinare l’automatico venir meno degli effetti della protezione umanitaria ed aveva ritenuto che l’annullamento del decreto di espulsione ad opera del Giudice di pace di Milano era idonea a configurare la colpa della P.A. per l’ingiusto trattenimento dello straniero presso il C.I.E..
CONSIDERATO
che:
1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 34,D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 20 e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1, lett. c) ter, nonché dei D.P.C.M. 5 aprile 2011, D.P.C.M. 6 ottobre 2011 e D.P.C.M. 15 maggio 2011.
A parere del Ministero ricorrente, il decreto di espulsione era legittimo perché l’atto di rinuncia alla protezione umanitaria – a differenza di quanto previsto per le altre forme di protezione – non implicava l’apertura di un autonomo procedimento amministrativo, ma richiedeva unicamente la validità della dichiarazione di volontà del titolare, che – nel caso di specie – era stata spontaneamente espressa in sede di controllo di frontiere agli agenti i quali, dopo avere redatto apposito verbale sottoscritto dal controricorrente, avevano provveduto a darne comunicazione al prefetto di Varese che aveva decretato l’immediata espulsione di J.S. dal territorio nazionale ed il contestuale trattenimento disposto dal Questore di Varese.
1.2. Il motivo è inammissibile.
Per un verso, infatti, la questione proposta attiene alla legittimità del decreto di espulsione che non può essere più sollevata, essendo coperta dal giudicato contrario di cui alla ordinanza del Giudice di pace di Milano del 17 dicembre 2012, della quale non è stata dedotta l’avvenuta impugnazione da alcuna delle parti.
Per altro verso, la sentenza impugnata basa proprio sulla illegittimità del decreto espulsivo del cittadino straniero, titolare di permesso umanitario che lo autorizzava a permanere sul territorio italiano fino al 31 dicembre 2012, l’accertamento di colpa della P.A. e di consequenziale illegittimità del trattenimento disposto contestualmente al decreto espulsivo, e tale ratio decidendi non viene investita dal motivo di ricorso in esame.
2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2059,2043 e 2697 c.c. e si contesta la sussistenza degli elementi dell’illecito aquiliano, del nesso causale e della colpa.
A parere del ricorrente, sulla premessa che il danno non patrimoniale non costituisce una fattispecie autonoma di illecito, ma si colloca nell’alveo dell’art. 2043 c.c., la sentenza sarebbe da reputare viziata laddove ha dedotto il nesso di causalità e la illiceità della condotta dalla mera allegazione del fatto storico del trattenimento presso il C.I.E., mentre non si poteva assumere che il trattenimento producesse di per sé un’efficacia lesiva della sfera giuridica del soggetto.
Invoca poi il principio secondo il quale la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’organo pubblico, della cui prova era onerato il danneggiato, non poteva essere desunta semplicemente dall’illegittimità del provvedimento generatore di un danno ingiusto perché il trattenimento avrebbe potuto essere disposto anche “per fini identificativi” o “per ragioni di soccorso umanitario temporaneo”. Contesta, inoltre, che la colpa della P.A. potesse desumersi dal provvedimento del Giudice di pace del 17 dicembre 2012 che aveva annullato il provvedimento prefettizio di espulsione, o dal fatto che lo straniero era stato poi rilasciato dal C.I.E. per la pendenza di una pratica per il riconoscimento dell’asilo politico.
2.2. Il motivo è infondato.
La denuncia di mancanza del nesso causale si basa, a quanto è dato di capire, sulla astratta possibilità di disporre il trattenimento anche “per fini identificativi” o “per ragioni di soccorso umanitario temporaneo”: la censura è manifestamente infondata, perché la prospettazione non trova alcun riscontro nella fattispecie in esame, essendo tutta da dimostrare, in ipotesi, la sussistenza dei presupposti che consentissero tale trattenimento; va aggiunto che ciò che rileva è il provvedimento di trattenimento effettivamente emesso, non già quello che avrebbe, in ipotesi, potuto emettersi e non è stato emesso. La denuncia di difetto della colpevolezza è inammissibile, perché si sostanzia in una critica di merito della motivata valutazione di colpevolezza operata dalla Corte distrettuale.
3. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso;
– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 2.100,00, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022