LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 10788/2018 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle Medaglie D’oro, n. 169, presso lo studio dell’avvocato Itala Mannias, che lo rappresenta e difende per procura speciale estesa in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore e Questura di Roma;
– intimati –
avverso il decreto del Giudice di Pace di Roma, depositato il 8 febbraio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11 settembre 2020 dal relatore Dott. Marco Vannucci.
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto emesso il 8 febbraio 2018 il Giudice di Pace di Roma convalidò il decreto emesso dal Questore di Roma il 5 febbraio 2018 con cui si ordinò a A.A. (di nazionalità *****) di consegnare il proprio passaporto o altro documento equipollente e di presentarsi presso l’Ufficio Stranieri della Questura di Roma nei giorni in tale atto amministrativo indicati.
2. Per la cassazione di tale decreto, A. ha proposto ricorso affidato a due motivi.
3. Il ricorrente ha anche depositato memoria difensiva.
4. Con ordinanza interlocutoria del 10 gennaio 2019 il Collegio ha rinviato la causa a nuovo ruolo, in attesa della decisione della Corte costituzionale relativa alla conformità agli artt. 13 e 24 Cost. del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 1-bis, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida della misura dell’obbligo di presentazione presso un ufficio della forza pubblica si svolga in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore di fiducia o, in caso di mancata nomina, di un difensore di ufficio.
5. L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la nullità del decreto e del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), per la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, (di seguito indicato come t.u. immigrazione) e dell’art. 24 Cost., in quanto il decreto venne emesso senza prima dare avviso all’interessato e al difensore di ufficio da esso nominato dell’udienza fissata per la convalida, con conseguente violazione del diritto di difesa.
2. Il motivo è infondato.
Sul punto si è pronunciata la Corte costituzionale con sentenza n. 280 del 2019.
Con due ordinanze del 7 settembre 2018 la Corte di cassazione, sezione prima civile, ha sollevato, in riferimento all’art. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2, , questioni di legittimità costituzionale del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 1-bis, (di seguito indicato come “t.u. immigrazione”), introdotto dal D.L. n. 89 del 2011, art. 3, comma 1, lett. d), n. 2), convertito, con modificazioni, nella L. n. 129 del 2011, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida dell’obbligo di presentazione, in giorni e orari prestabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente “si svolga in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato, eventualmente nominato d’ufficio”.
In entrambi i giudizi, i ricorrenti avevano censurato l’emissione del decreto di convalida senza il previo svolgimento di un udienza con la partecipazione necessaria di un difensore dell’interessato, affermando che una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14, comma 1-bis t.u. immigrazione, imporrebbe di ritenere necessaria, nell’ambito del procedimento di convalida delle misure alternative al trattamento in un centro di permanenza per i rimpatri, la celebrazione di una udienza con la partecipazione necessaria del difensore; dunque, i ricorrenti sollevavano questioni di legittimità costituzionale, ravvisando la contrarietà al disposto dell’art. 13 Cost., e art. 24 Cost., comma 2. La Corte costituzionale, dopo aver ricostruito sinteticamente il quadro normativo, conviene circa l’impossibilità di ritenere, in via interpretativa, che la convalida delle misure alternative al trattenimento dello straniero debba avvenire in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato.
Infatti, il censurato art. 14, comma 1-bis t.u. immigrazione, prevede la facoltà per l’interessato di “presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida”, delineando così un procedimento diverso e alternativo rispetto alla celebrazione dell’udienza di convalida alla presenza del difensore, che è invece prevista per le misure, più incidenti sulla libertà personale, del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri e dell’accompagnamento alla frontiera rispettivamente dagli art. 14, comma 4, e art. 13, comma 5-bis t.u. immigrazione, i quali prevedono espressamente che “l’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito”.
Pertanto, risulta inequivocabile la volontà del legislatore di prevedere due distinte forme di convalida: l’una con svolgimento dell’udienza (in relazione al trattenimento e all’accompagnamento coattivo alla frontiera); l’altra, invece, con contraddittorio solo cartolare (in relazione alle misure della consegna del passaporto, dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di firma).
La Corte costituzionale sottolinea che a nulla rileva, al fine di trarre conclusioni diverse, la sinora isolata pronuncia della Corte di cassazione n. 2997 del 2018, secondo cui la convalida delle misure di cui all’art. 14, comma 1-bis t.u. immigrazione dovrebbe svolgersi in udienza, atteso che tale affermazione non è specificamente motivata, né supportata dal dato testuale della disposizione in parola.
In conclusione, la Corte costituzionale afferma che “la più limitata incidenza sulla libertà personale della misura qui all’esame induce a ritenere – sulla scorta della citata sentenza n. 144 del 1997 – non incompatibile con l’art. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2, il procedimento disegnato dalla disposizione censurata, che prevede un contraddittorio meramente eventuale e cartolare. Ciò anche in ragione del delimitato oggetto del giudizio di convalida, ove il giudice di pace è chiamato a verificare unicamente la sussistenza dei presupposti di adozione della misura e l’esistenza di un provvedimento di espulsione dotato di efficacia esecutiva, con il solo limite già rammentato dell’eventuale “manifesta illegittimità” di quest’ultimo e dell’eventuale sussistenza di ragioni ostative all’espulsione”.
La censura del ricorrente è dunque infondata, poiché la convalida delle misure disposte dal Questore con provvedimento adottato senza la partecipazione all’udienza del ricorrente e del suo difensore, non integra una violazione del diritto di difesa dello straniero, non sussistendo per egli alcun diritto all’udienza e a un contraddittorio diverso da quello cartolare previsto espressamente dalla legge.
3. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole dell’omesso esame circa un fatto decisivo per la controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), in quanto: il Giudice di Pace convalidò le misure alternative al trattenimento affermando che “l’interessato non ha depositato memorie o documenti in Cancelleria”; in realtà, il difensore di ufficio (l’avvocato Enrico Chianese) depositò memoria difensiva via telefax alla cancelleria del Giudice di Pace il 7 febbraio 2018, allegando il contratto di locazione e le comunicazioni di assunzione del ricorrente come lavoratore subordinato, indicando come tali elementi fossero idonei a far venire meno le ragioni di cautela alla base del provvedimento.
4. Il motivo è fondato.
In effetti, nel decreto impugnato si afferma che l’interessato non ha depositato memorie o documenti in cancelleria.
In realtà, come emerge anche dagli allegati al ricorso, il difensore del ricorrente trasmise via telefax presso la cancelleria del Giudice di pace, il giorno 7 febbraio 2018, memoria, allegando documenti idonei ad influire sul giudizio di convalida, in senso favorevole al ricorrente.
L’atto e i documenti non sono stati presi in alcuna considerazione dal decreto impugnato che, per tale motivo, deve essere cassato, con rinvio al Giudice di Pace di Roma, in persona di diverso magistrato onorario componente l’ufficio, per l’esame omesso dal decreto impugnato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo e cassa, in relazione al motivo accolto, con rinvio al Giudice di Pace di Roma, in persona di diverso magistrato onorario componente l’ufficio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022