Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.5127 del 16/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28742-2015 r.g. proposto da:

SPAZIO INDEFINITO s.a.s. di A.D. & C. (cod. fisc. P.Iva *****), in persona del legale rappresentante pro tempore D.A., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avvocato Beatrice Tarsetti, con cui elettivamente domicilia in Roma, Viale della Milizie n. 38, presso lo studio dell’Avvocato Maria Luisa Scappaticci;

– ricorrente –

contro

C. VIDEO s.a.s. di G. e A.C. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore socio accomandatarie C.G., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Andrea Agostinì, con il quale elettivamente domicilia in Roma, alla Via Vico Giovanni Battista n. 31, presso lo studio dell’Avvocato Enrico Scoccini;

– controricorrente –

avverso il provvedimento della Corte di appello di Ancona, depositato in data 23.10.2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2/12/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Ancona, con decreto del 28.7.2015, omologò il concordato preventivo della C. VIDEO s.a.s. di G. e A.C. & C., respingendo l’opposizione avanzata da SPAZIO INDEFINITO s.a.s. di A.D. & C., con condanna di quest’ultima alla refusione delle spese di lite.

2. Proposto reclamo da parte di C. VIDEO s.a.s. di G. e A.C. & C. avverso il provvedimento di condanna al pagamento delle spese di lite, la Corte di appello, con il decreto qui di nuovo impugnato, ha respinto l’impugnazione, confermando integralmente il provvedimento reso dal Tribunale.

La corte del merito ha ritenuto che: a) la condanna alle spese intervenuta in primo grado si giustificasse in ragione della natura contenziosa e conclusiva del provvedimento reso in sede di giudizio di opposizione all’omologazione del concordato, non rilevando a tal fine la sussumibilità o meno della controversia nell’ambito della volontaria giurisdizione; b) corretto dovesse considerarsi anche il quantum delle spese liquidate, in quanto la controversia era da ricondurre alla categoria di quelle di valore indeterminabile, con conseguente legittimità della condanna al pagamento della somma di Euro 8.020, stante il rispetto dei parametri dettati dal D.M. n. 55 del 2014; c) anche le ulteriori doglianze articolate dalla società reclamante, quanto all’asserita iniquità della condanna stessa, dovevano arrestarsi innanzi alle novità legislative dettate quanto alla possibilità di compensazione delle spese di lite confinata solo alle ipotesi di soccombenza reciproca ovvero a eccezionali e gravi ragioni.

2. La sentenza, pubblicata il 23.10.2015, è stata impugnata da C. VIDEO s.a.s. di G. e A.C. & C. con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, cui SPAZIO INDEFINITO s.a.s. di A.D. & C. ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in combinato disposto con LA L.Fall., art. 180. Contesta la ricorrente l’affermata natura contenziosa del giudizio di opposizione all’omologazione di cui invece andrebbe affermata la riconducibilità ai giudizi di volontaria giurisdizione posto che non si assisterebbe a contrapposte posizioni delle parti nel predetto giudizio, volto invece solo ad accertare la sussistenza di tutti i presupposti di legge per l’omologabilità del concordato, scrutinio quest’ultimo rimesso anche d’ufficio al tribunale, senza che le eventuali opposizione possano ampliare il “thema decidendum” del giudizio.

1.1 Il motivo è infondato.

Sul punto occorre fornire continuità applicativa ai principi già espressi da questa Corte secondo cui – nel giudizio che si instaura a seguito dell’opposizione di un creditore contro l’omologazione del concordato preventivo – il debitore ammesso al concordato, il quale insista per detta omologazione, rimane soccombente, e quindi legittimamente viene condannato alle spese processuali, a fronte del diniego dell’omologazione stessa, ancorché questo, in adesione ad una sua deduzione subordinata, venga reso per ragioni formali (Sez. 1, Sentenza n. 4541 del 17/04/1993). Non può infatti dubitarsi della natura contenziosa del giudizio di opposizione all’omologazione con contrapposte posizioni processuali tra il creditore opponente e la società debitrice che insista nell’istanza di omologazione del concordato preventivo, posto che si disputa indubbiamente sulla sussistenza o meno del diritto all’ammissione dell’impresa debitrice alla soluzione concordata della crisi di impresa a fronte di una pretesa oppositiva che contesta proprio quel diritto sulla base dell’asserzione del difetto di un presupposto di legge ovvero del requisito della fattibilità giuridica o economica del concordato ovvero ancora di altro difetto formale di ammissione e di omologazione del concordato stesso.

Ne consegue la piena legittimità del provvedimento di condanna alle spese secondo il principio della soccbenza sancito dall’art. 91 c.p.c. di cui in questa sede si contesta dunque infondatamente la violazione.

2. Con il secondo mezzo si deduce sempre violazione e falsa applicazione degli artt. 90 e 91 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando una doppia liquidazione delle spese di lite anche in relazione al contenuto del decisum del provvedimento di omologazione del concordato.

2.1 Il motivo è con tutta evidenza inammissibile in ragione della novità della questione, che risulta prospettata per la prima volta in questo giudizio di cassazione.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 10 c.p.c. e con il D.M. n. 55 del 2014, artt. 5 e 21. Si evidenzia l’erroneità del provvedimento impugnato in relazione alla già denunciata iniquità della condanna alle spese il cui quantum sarebbe stato parametrato al valore dell’intero concordato anziché al valore del credito dell’opponente.

3.1 Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato che aveva parametrato l’entità della condanna alle spese non già al valore dell’intero concordato” quanto piuttosto al valore indeterminato della controversia, in relazione al quale aveva provveduto alla contestata liquidazione.

4. Il quarto mezzo denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in combinato disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 6, e dell’art. 21 medesimo decreto. Si deduce, cioè, l’erronea applicazione dei parametri di liquidazione previsti dal D.M. per le cause di valore indeterminabile.

4.1 I motivo è anch’esso infondato posto che la corte di appello ha correttamente applicato, ai sensi dell’art. 21, comma 6 D.M. da ultimo menzionato, il compenso previsto per lo scaglione compreso tra Euro 52.000 e 260.000 per le cause di valore indeterminabile innanzi al tribunale, liquidando legittimamente la somma di Euro 8.020,00.

5. La ricorrente propone inoltre un quinto motivo di doglianza con il quale deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 codice di rito, in relazione al D.M. n. 55 del 2014, art. 4.

5.1 Il motivo – così formulato – è inammissibile, in quanto sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge si pretende, in realtà, una nuova edizione del giudizio di merito in ordine alla congruità dell’entità del quantum liquidato dal tribunale a titolo di condanna alle spese del giudizio, scrutinio quest’ultimo che invece è inibito al giudice di legittimità.

6.Con il sesto ed ultimo motivo la società ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., in combinato disposto con la L.Fall., art. 180 e 56, e con il D.M. n. 55 del 2014, art. 5, n. 1, e art. 3, art. 21, n. 1 e 2.

La doglianza – che riprende, in realtà, le medesime argomentazioni già proposte nel primo motivo in ordine alla presunta natura non contenziosa del giudizio oppositivo qui in esame – va disattesa, rimandando, per ragioni di sintesi, a quanto già sopra precisato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2022

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