LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
U’4 Sul ricorso iscritto al n. 18591/2015 proposto da:
Riscossione Sicilia s.p.a. (già Serit Sicilia s.p.a.), rappresentata e difesa dall’avv. Accursio Gallo, elettivamente domiciliata in Roma via G.P. da Palestrina n. 19, presso lo studio dell’avv. Stefania De Stefani.
– Ricorrente –
Contro
L.V., rappresentato e difeso dall’avv. prof. Angelo Cuva e dall’avv. Giovanni Palmieri elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma piazza del Fante n. 2.
– Controricorrente –
nonché
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12.
– Controricorrente –
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 143/01/2015, depositata il 15/01/2015;
Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella camera di consiglio del 28 settembre 2021.
RILEVATO
che:
La società Riscossione Sicilia s.p.a. propone ricorso per la cassazione della sentenza della CTR Sicilia n. 143/01/15 depositata il 15/01/2015.
La vicenda trae origine dalla pretesa tributaria relativa a due cartelle di pagamento per maggior IRPEF e sanzioni per l’anno 2003, nei confronti di L.V.. Pretesa che il contribuente ha impugnato sul presupposto che tali atti non gli fossero stati notificati.
La fase di merito aveva esito a lui favorevole in entrambi i gradi.
La società ricorrente ha impugnato la suindicata decisione deducendo cinque motivi, partitamente esaminati in motivazione.
Si costituiva L.V. con controricorso.
Si costituiva l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
CONSIDERATO
che:
In primo luogo va esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva, sollevata dal contribuente L..
Ritiene il controricorrente, a motivo dell’eccezione, che il giudizio di merito si era svolto nei confronti della Serit Sicilia s.p.a., precedente Agente della riscossione, mentre il ricorso per cassazione era stato promosso da Riscossione Sicilia.
L’eccezione è da ritenersi infondata in quanto la sentenza impugnata è stata emessa non nei confronti della Serit, ma nei confronti della Riscossione Sicilia s.p.a., che quindi ha titolo ad impugnarla.
Quanto ai motivi di ricorso:
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
In particolare, la società ritiene che, poiché la notifica degli atti impositivi era avvenuta presso il luogo di residenza, anagraficamente risultante, del L., solo temporaneamente assente, era ragionevole ritenere che egli sarebbe venuto a conoscenza degli atti, a seguito di affissione dell’avviso di deposito sulla porta dell’abitazione e dell’invio della raccomandata informativa; la notifica – sostiene doveva considerarsi perfezionata.
La CTR aveva, invece, ritenuto che, per la notifica mediante deposito presso la casa comunale, non fosse sufficiente la sola assenza del destinatario, ma dovesse essere preceduta dalla ricerca di uno dei soggetti indicati dall’art. 139 c.p.c. Ricerche che non risultavano adeguatamente descritte, quanto alle modalità in cui si erano svolte, dal notificatore nella sua “relata”.
Ora, il motivo, sembra inammissibile, per come è stato formulato, in quanto è stato dedotto come omesso esame di un fatto decisivo, ma in realtà, dalla motivazione, non emerge alcun omesso esame di un fatto inteso in senso storico, come richiesto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b. Ed infatti, la CTR non ha mancato di esaminare il fatto, ma ha anzi puntualmente motivato ritenendo che, prima di procedere al deposito presso la casa comunale, la notifica esigesse, come detto, da parte del messo, una previa ricerca del destinatario non reperito nei luoghi del 139 c.p.c., dandone atto nella relazione di notifica. Ed aveva ritenuto che in tale relazione, non vi fosse, sia pure nella sintenticità che il documento impone, esplicita ed esauriente indicazione delle attività di ricerca effettuata.
Pertanto, la ricorrente con il motivo lamenta, in sostanza, che il giudice regionale non avesse condiviso le sue argomentazioni sulla regolarità della notifica ex art. 139 c.p.c., talché il motivo si traduce nell’implicita richiesta di un diverso apprezzamento dell’adeguatezza dell’atto, che la parte afferma e che il giudice d’appello ha negata.
Con il secondo motivo, la società lamenta violazione dell’artt. 2946 e 2948 c.c. ritenendo che la CTR avesse considerato prescritto il credito portato dalla cartella *****. Invero, la sentenza non fa riferimento alla prescrizione, ma afferma che le cartelle erano state notificate “tardivamente”. Sembra, quindi, riferirsi al termine di decadenza e in tal senso la tesi del giudice regionale sembrerebbe corretta, dal momento che in base al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, n. 3, le cartelle di pagamento debbono essere notificate entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi. Nella specie si tratta di tributi erariali afferenti all’anno 2003 e la notifica è avvenuta l’11/02/2010. Pertanto, il motivo è infondato.
Con il terzo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte contesta l’affermazione della CTR circa il mancato perfezionamento della notifica della seconda cartella, la n. *****, a causa dell’omessa spedizione della raccomandata informativa del deposito presso la casa comunale, prevista ai sensi della L. n. 890 del 1982, artt. 7 e 8, modificata dalla L. n. 31 del 2008. La ricorrente afferma, infatti, che la raccomandata ritenuta non spedita era quella inviata il 26.4.2010, con cui il destinatario veniva – a suo dire – informato dell’avvenuto deposito presso la casa comunale. La società non ha però inserito, come dovuto per autosufficienza, nel corpo nel ricorso, copia della prova documentale dell’effettivo inoltro della prescritta seconda raccomandata (c.d. C.A.D.), indicando solo che in quella data era stata spedita una raccomandata il 26.4.2010, senza consentire al Collegio di verificare la circostanza e la causale della spedizione.
Tale motivo è perciò inammissibile per violazione del principio di autosufficienza.
Con il quarto motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente ritiene che il giudice regionale fosse incorso in violazione dell’art. 156 c.p.c. non avendolo applicato per sanare eventuali vizi di notifica delle cartelle di pagamento, dal momento che il contribuente aveva avuto comunque conoscenza della pretesa fiscale attraverso le copie degli estratti ruolo, che aveva acquisito.
Non è però ravvisabile violazione dell’art. 156 c.p.c. dal momento che la conoscenza indiretta della pretesa fiscale attraverso la copia degli “estratti” non escludeva che il contribuente potesse ugualmente opporre le cartelle di pagamento, in ipotesi, per far valere vizi propri di esse, come, in ipotesi, la decadenza dal potere impositivo, in effetti, eccepita dal contribuente per una delle due cartelle.
Il motivo è quindi da ritenere infondato.
Con il quinto motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la parte contesta l’omesso esame da parte della CTR, ai fini di trarne motivo per l’applicazione dell’art. 156 c.p.c., della circostanza che il L. fosse a conoscenza della pretesa tributaria, anche attraverso la notifica dell’avviso di vendita immobiliare notificatogli nel settembre 2010.
Ora, non può dirsi che il giudice regionale abbia omesso di esaminare un fatto che risulti “decisivo”, in quanto difetta tale attributo, posto che anche la conoscenza, attraverso la notifica dell’avviso di vendita immobiliare, pur se valutato, non era di impedimento all’opposizione delle cartelle. Il motivo è perciò inammissibile.
Pertanto, è da ritenere che il secondo e il quarto motivo siano infondati, inammissibili i restanti. Il ricorso, in questi termini, va rigettato. Alla soccombenza segue la condanna alle spese in favore del contribuente, compensando quelle relative al rapporto processuale con l’Agenzia delle Entrate.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente del c.d. doppio contributo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso nei termini indicati. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità in favore di L.V. che liquida in Euro 4.200,00 nonché spese nella misura del 15%, oltre Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
Dà atto che ricorrono, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello fissato per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2022