Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.5172 del 17/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 21566/2015 proposto da:

Associazione Aranda in Terranomade rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Sorisi elettivamente domiciliata in Roma via Giuseppe Gioacchino Belli n. 27 presso l’avv. Paolo Mereu;

– Ricorrente –

Contro

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12.

– Controricorrente –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 348/2015, depositata il 05/02/2015 Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella camera di consiglio del 28 settembre 2021.

RILEVATO

che:

Ricorre l’Associazione “Aranda in Terranomade” in persona del legale rappresentante pro-tempore, Ombretta Eleonora Conte, per la cassazione della sentenza della CTR Lombardia n. 348/33/15 depositata il 5 febbraio 2015.

La vicenda trae origine dalla notifica di due avvisi di accertamento, con metodo induttivo, per gli anni 2005 e 2006, per maggior IRES e IVA. Alla base dell’accertamento vi è il disconoscimento della qualifica di ente non commerciale dell’Associazione, con conseguente perdita del diritto di godere del regime agevolato di cui all’art. 148 TUIR.

L’Associazione opponeva gli atti impositivi, ma la fase di merito era sfavorevole alla contribuente in entrambi i gradi.

L’Associazione impugna la decisione d’appello, deducendo quattro motivi, che saranno esaminati in motivazione.

Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, la contribuente lamenta violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e sostiene che la mancata produzione della documentazione chiesta dai verificatori era dovuta al fatto che questa non fosse presso la sede dell’associazione, ma presso il commercialista per cui non vi era stata la possibilità di recuperarla celermente.

La ricostruzione della ricorrente è priva di ogni prova a sostegno di quanto prospettato ed urta con il fatto che l’accertamento, durante il quale era stata avanzata la richiesta della documentazione contabile, a lungo negata agli operatori, è del 2010 mentre la produzione documentale è stata resa disponibile solo nel 2012, in occasione del tentativo di accertamento con adesione del gennaio di tale anno.

La ricorrente ha ipotizzato che la mancata produzione della documentazione sociale possa essere derivata da una insufficiente informazione degli operatori circa le conseguenze preclusive, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 8, della sua utilizzabilità in sede amministrativa e giurisdizionale, tenuto conto della concitazione del momento in cui era stata avanzata la richiesta. L’ipotesi non è plausibile in quanto l’omessa disponibilità della documentazione non si è esaurita in quella inziale fase dell’indagine, caratterizzata da tensione e da possibili difficoltà di comunicazione. La mancata produzione si e’, infatti, protratta per un biennio e non è perciò riconducibile al clima confuso di un momento, ma a un volontario e protratto rifiuto.

Il primo motivo e’, quindi, infondato e si traduce, sotto la veste di una non individuata violazione di legge, nel tentativo di introdurre una inammissibile diversa ricostruzione dei fatti, rispetto alla valutazione del giudice di merito.

Con il secondo motivo, la parte lamenta violazione dell’art. 148 TUIR e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39.

La sentenza impugnata ha chiarito le ragioni per le quali l’Ufficio aveva proceduto ad accertamento induttivo come conseguenza del fatto che l’Associazione non aveva messo a disposizione degli accertatori la documentazione contabile fiscale, determinando l’applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 8, e del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 39. Come detto, la documentazione è stata presentata solo nel gennaio del 2012, laddove il p.v.c. risale al luglio del 2010. Privando in tal modo gli operatori di ogni riferimento documentale.

La tardiva consegna della documentazione, correttamente, non era stata accettata dall’Ufficio, in occasione del tentativo dell’accertamento per adesione, come conseguenza dell’omissivo comportamento della parte. A fronte della condotta non collaborativa, legittimamente, l’Ufficio aveva proceduto ad accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39.

La sentenza ha poi illustrato le circostanze che erano state rilevate in violazione dell’art. 148 TUIR e che snaturavano la fisionomia dell’associazione, quali la pubblicizzazione di corsi di danza. di joga e di teatro, rivolti alla generalità dei possibili frequentatori, con l’indicazione anche del corrispettivo e dell’IVA relativa da corrispondere.

L’Associazione, in persona del suo legale rappresentante, ha affermato che i corsi fossero riservati ai soli soci, ma non ha provato che, nel pubblicizzare l’iniziativa, fosse precisato essere la partecipazione limitata agli associati. E’ perciò ragionevole presumere che fosse il contrario.

Ulteriore infrazione dell’art. 148, comma 8, lett. c), è costituita dalla previsione, nella statuto del sodalizio, della figura di socio temporaneo, espressamente vietata dalla indicata disposizione.

Non è dato rilevare, per contro, alcuna violazione da parte dell’A.F. né del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, né del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 148.

Anche il secondo motivo e’, pertanto, infondato.

Con il terzo motivo si lamenta che l’amministrazione non avrebbe instaurato un preventivo contraddittorio in merito alle indagini bancarie, circa le somme percepite dalla legale rappresentante dell’associazione, Conte Ombretta Eleonora. Somme che gli accertatori hanno qualificato, in mancanza di giustificazione sulla loro natura e provenienza, come distribuzione di utili, vietata dal cit. art. 148, comma 8, lett. a). Invero, nessun obbligo di contraddittorio è previsto in occasioni di indagini bancarie, su conti correnti. Infatti questa Corte ha affermato che ” In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova, a carico del contribuente, (…) che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili. (Sez. 5, n. 15857/2016). Del resto, nello stesso ricorso, si afferma non sussista una norma che imponga espressamente il contraddittorio preventivo, anche se la parte ritiene che sarebbe insito nell’art. 32, se correttamente interpretato.

Peraltro, anche la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 36 del 19.10.2006, richiamata dalla stessa contribuente, al punto 4.4, ne esclude l’obbligatorietà, ma ne evidenzia l’utilità che al contribuente sia data l’opportunità di fornire, nel caso ne disponga, prove significative a sua difesa, onde evitare che l’Amministrazione ponga in essere atti impositivi poi caducati in sede giudiziaria.

Nel caso di specie, è però la stessa condotta ostruzionistica della contribuente, che escludeva in radice la volontà della parte di collaborare e fugare sfavorevoli presunzioni a suo carico. Per cui l’Amministrazione ha, verosimilmente, ritenuto inutile introdurre un formale contraddittorio preventivo.

Va poi ricordato che in tema di accertamento tributario, nel caso in cui sia stato redatto un processo verbale di costatazione, una previsione “generalizzata” del contraddittorio preventivo è stata introdotta solo dal D.L. n. 34 del 2019, art. 4 octies, come conv. in L. n. 58 del 2019, che ha aggiunto al D.Lgs. n. 218 del 1997, l’art. 5 ter. Va, però, evidenziato che la disposizione per cui l’ufficio, prima di emettere un avviso di accertamento, debba notificare al contribuente l’invito a comparire, non trova applicazione nei casi in cui sia stata rilasciata (come in ispecie) copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo. (Sul punto, Ordinanza n. 9076/2021).

Il quarto motivo lamenta, infine, violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, comma 2, sul presupposto che sarebbero stati irragionevoli i criteri di ricostruzione del reddito. Anche tale motivo è però generico e non indica quale vizio sia rilevabile nella sentenza, che, anzi, ha dato conto delle circostanze che l’Ufficio aveva considerato, in ragione dei fattori che potevano aver influito anche in negativo nella ricostruzione del reddito. L’Ufficio si era, appunto, attenuto al principio che ” In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti, ovvero siano state indicate e dimostrate dal contribuente”. (Sez. 5 -, Ordinanza n. 31024/2017).

La circostanza che l’Ufficio abbia assunto come riferimento il reddito per il 2009 e lo abbia applicato anche alle annualità precedenti, scaturisce dalla necessità di ricostruirle induttivamente, in mancanza di altri elementi di valutazione, a causa della mancata collaborazione della contribuente. Ciò che rende ragionevole il percorso seguito dall’Ufficio. Percorso del quale la parte non ha provato l’erroneità o la mancata deduzione di costi in rapporto agli anni 2005 e 2006, così rafforzandone, implicitamente, la attendibilità.

Il quarto motivo, pertanto, anch’esso infondato.

Il ricorso va, per le ragioni suesposte, rigettato. Alla soccombenza segue la condanna alle spese.

Ricorrono i presupposti per il versamento del c.d. doppio contributo.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la soccombente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a reddito.

Dà atto della sussistenza, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello fissato per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2022

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