LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13263/2013 R.G. proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende come per legge;
– ricorrente –
contro
B.M., in persona del procuratore C.R., rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del controricorso, dagli avv.ti Degli Angeli Giovanni e Panariti Paolo, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Celimontana, n. 38;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 85/22/12 della Commissione tributaria regionale del Veneto depositata il 16 novembre 2012 udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’11 gennaio 2022 dal Consigliere Condello Pasqualina Anna Piera;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Vitiello Mauro, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito il difensore della parte controricorrente, avv. Manzo Alessandra, per delega dell’avv. Panariti Paolo.
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle entrate notificò a B.M. avviso di accertamento con il quale contestò, in relazione all’anno d’imposta 2005, l’omessa dichiarazione della plusvalenza derivante dalla vendita di un terreno, sito in Cortina d’Ampezzo, sul quale risultava edificata una baracca.
2. Avverso l’atto impositivo B.M. propose ricorso deducendo che non era configurabile plusvalenza, posto che si trattava di compravendita di fabbricato e non di terreno edificabile, peraltro, oggetto di donazione.
La Commissione tributaria provinciale adita accolse il ricorso e la sentenza di primo grado venne confermata dalla Commissione tributaria regionale che respinse l’appello proposto dall’Ufficio finanziario.
In particolare, i giudici regionali osservarono che l’Ufficio finanziario aveva interpretato in modo improprio il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b), avendo ritenuto che oggetto della compravendita non fosse la baracca, ma piuttosto il terreno edificabile. Nel chiarire che sono sottoposte a tassazione separata le plusvalenze realizzate in conseguenza di cessione a titolo oneroso di terreni passibili di impiego edificatorio, in base agli strumenti urbanistici in vigore al momento della compravendita, affermarono che, nel caso di cui si discuteva, il manufatto insisteva già sul terreno, tanto che lo strumento urbanistico prevedeva l’abbattimento e la ricostruzione del volume esistente, con la conseguenza che non poteva ritenersi plusvalenza tassabile quella conseguita dalla vendita di immobili edificati da oltre cinque anni o acquistati per successione. Il caso in esame, ad avviso dei giudici regionali, poteva essere inserito in quest’ultima ipotesi, come comprovato dall’esistenza di atto di donazione redatto in data 3 febbraio 2003, cosicché, correttamente, la plusvalenza non era stata esposta nella denuncia dei redditi. Dal processo verbale di constatazione si evinceva che la baracca non era mai stata censita al catasto fabbricati, per cui non aveva una rendita catastale, e dalla scheda allegata al Piano regolatore generale del Comune di Cortina d’Ampezzo emergeva che era “ammessa la demolizione e ricostruzione del volume esistente, con atto prot. 16685 del 19/08/2004”. Ai fini urbanistici la baracca era esistente e rappresentava volume passibile di autonoma negoziazione ed era palese che il prezzo concordato si riferisse “al grado di edificabilità dell’area”, tanto che la società acquirente lo aveva immediatamente demolito per ricostruirlo in breve lasso di tempo.
3. Contro la suddetta decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. La contribuente ha resistito mediante controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente, deducendo la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta che la C.T.R. non avrebbe correttamente interpretato il contratto di compravendita, al fine di individuarne l’oggetto effettivo, e, conseguentemente, il regime impositivo applicabile. Richiamando i criteri dettati dagli artt. 1362 e 1363 c.c., sostiene che i giudici regionali hanno valorizzato esclusivamente la documentazione urbanistica proveniente dal Comune di Cortina d’Ampezzo ed individuato l’oggetto della cessione nel fabbricato, ritenuto “volume passibile di autonoma negoziazione”, pur riconoscendo che lo stesso non fosse censito al catasto fabbricati (e fosse quindi privo di un’autonoma rendita catastale) e che il prezzo concordato fosse stato dalle parti riferito al grado di edificabilità dell’area, in tal modo violando sia il criterio dell’interpretazione globale delle clausole contrattuali di cui all’art. 1363 c.c., atteso che dal tenore complessivo del contratto emergeva, al contrario, che oggetto di cessione fosse l’area edificabile e che in relazione a tale capacità edificatoria fosse stato fissato il corrispettivo, sia il criterio secondo cui la comune intenzione delle parti doveva essere ricostruita al di là del mero dato letterale, risultando evidente che la comune volontà delle parti fosse quella di compravendere il terreno su cui insisteva la baracca, ai fini della demolizione della stessa e della successiva nuova edificazione. La stessa contribuente, aggiunge la difesa erariale, nel ricorso introduttivo del giudizio aveva affermato che il prezzo pattuito era stato rapportato alla capacità edificatoria dell’area e ciò induceva a ritenere che fosse proprio l’area edificabile ad essere oggetto di cessione e non la baracca priva di ogni valore commerciale.
Contesta pure la ricorrente che la C.T.R. avrebbe violato l’altro canone interpretativo rappresentato dalla necessità di considerare il comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto; era pacifico che il fabbricato ceduto era stato immediatamente demolito e ricostruito dalla società acquirente e di tale comportamento, benché posto in essere da una sola delle parti, i giudici di secondo grado non avevano tenuto conto.
2. Con il secondo motivo, denunciando la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), la ricorrente evidenzia che l’erronea interpretazione del contratto ha condotto i giudici regionali ad individuare, quale oggetto dello stesso, il fabbricato rappresentato dalla “baracca” e non la sottostante area edificabile, e ciò esclusivamente sulla base della documentazione di carattere urbanistico pervenuta dal Comune di Cortina d’Ampezzo, ed in particolare della scheda normativa allegata al P.R.G. e dell’autorizzazione rilasciata dal Comune per l’esecuzione dei lavori di progetto di ricomposizione del volume, in tal modo addivenendo ad escludere che, in forza della compravendita, si fosse prodotta una plusvalenza tassabile. Poiché, tuttavia, era incontestato che la baracca insistente sull’area ceduta fosse stata immediatamente demolita dalla società acquirente e poi ricostruita, la C.T.R., secondo la ricorrente, avrebbe dovuto ritenere che oggetto di cessione fosse l’area edificabile, con conseguente tassabilità della plusvalenza rappresentata dal prezzo di cessione. In tal senso, ad avviso della ricorrente, depone la giurisprudenza di questa Corte sviluppatasi in materia di Invim, laddove si è ritenuto che, ai fini dell’individuazione del corretto regime impositivo, deve farsi rientrare nel concetto di “area oggetto di utilizzazione edificatoria” anche l’ipotesi, quale quella di specie, in cui sull’area ceduta sorga una precedente costruzione che sia stata successivamente demolita per essere ricostruita; a diversa conclusione non poteva condurre la documentazione pervenuta dal Comune di Cortina d’Ampezzo, che rilevava ai soli fini edilizi, ma non ai diversi fini fiscali.
3. I motivi, strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono infondati.
3.1. La questione centrale della controversia, avente valore dirimente, è se la vendita di area già edificata possa rientrare – a fronte di una riqualificazione operata dall’Ufficio sulla scorta di elementi presuntivi – nelle ipotesi, sicuramente tassative, previste dall’art. 67 T.U.I.R., comma 1, lett. b), il quale assoggetta a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
3.2. La decisione impugnata, nel respingere l’interpretazione fornita dall’Ufficio erariale e nel ritenere irrilevante ai fini del regime impositivo applicabile la circostanza che le parti del contratto di compravendita avessero previsto la demolizione del manufatto baracca – insistente sul terreno con successiva costruzione da parte della società acquirente di un nuovo immobile, si pone in linea con l’indirizzo giurisprudenziale espresso da questa Corte.
Si è difatti, al riguardo, affermato: “La disposizione (art. 67 T.U.I.R.) che assoggetta a tassazione, quali “redditi diversi”, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, non è applicabile alle cessioni aventi ad oggetto, non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, ma un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato; l’entità sostanziale del fabbricato non può essere mutata in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione (nel caso in specie attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione fiscale” (Cass., sez. 5, 9/07/2014, n. 15629; nello stesso senso, Cass., sez. 5, 20/04/2016, n. 7853, in motivazione; Cass., sez. 6-5, 23/01/2018, n. 1674; Cass., sez. 6-5, 12/04/2019, n. 10393; Cass., sez. 6-5, 6/09/2019, n. 22409).
3.3. Questa Corte con la sentenza n. 19129 del 2017, in motivazione, ha, in particolare, chiarito che: “sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati: ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la ratio ispiratrice del citato art. 81 (ora 67) tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica”.
3.4. Ciò che rileva, dunque, ai fini dell’applicabilità della norma in esame, è la destinazione edificatoria originariamente conferita ad area non edificata, in sede di pianificazione urbanistica, e non quella ripristinata, conseguentemente ad intervento – su area già edificata -operata dal cedente o dal cessionario (Cass., sez. 5, 21/02/2019, n. 5088).
Non è quindi possibile porre a carico del venditore dell’edificio sorto su terreno (già) edificabile una (affermata) plusvalenza anche solo commisurata all’ulteriore capacità edificatoria non (ancora) sviluppata, perché si tratterebbe di porre su un soggetto diverso (il venditore) una tassazione che il legislatore ha fissato già in capo al compratore. Ne’ si deve pensare che in tal modo il venditore si sottragga ai propri obblighi fiscali: infatti nel prezzo di cessione dell’edificio, come nella rendita catastale, è computata anche la capacità edificatoria inespressa. Detta in altri termini, la norma in oggetto non intende colpire la capacità edificatoria residua (c.d. volumetria, cubatura o superficie coperta rimanente), bensì solo la plusvalenza nella cessione di un terreno a seguito della primigenia edificabilità prevista in sede di pianificazione urbanistica.
Diversamente opinando sarebbero da considerare soggette a plusvalenza da cessione di terreno edificabile tutte le alienazioni a titolo oneroso di edifici che non abbiano sviluppato integralmente la potenzialità edificatoria del lotto su cui insistono, poiché potrebbero sempre essere abbattuti e ricostruiti o semplicemente ampliati, a prescindere dall’intenzione delle parti (Cass., sez. 5, 21/02/2019, n. 5088; in senso conforme, Cass., sez. 6-5, 8/02/2021, n. 3006).
3.5. Da quanto detto discende, come affermato da questa Sezione (Cass., sez. 6-5, 9/12/2021, n. 39133), che: “a) la distinzione fra edificato e non ancora edificato si pone in termini di alternativa esclusiva che in via logica non ammette un tertium genus; b) la cessione di un edificio non può essere riqualificata come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria del lotto su cui insiste; c) nella cessione di edificio, la pattuizione delle parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile; d) il potere generale dell’amministrazione finanziaria di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limite nell’indicazione precisa di carattere tassativo del legislatore, ove nell’esercizio di discrezionalità politica che non trascende i limiti costituzionali di cui agli artt. 3 e 53 Cost. – ha previsto per la cessione di edifici un regime fiscale/temporale e per la cessione di terreni edificabili un diverso regime fiscale” (Cass., sez. 6-5, 8/02/2021, n. 3006).
3.6 Peraltro, l’orientamento favorevole all’amministrazione finanziaria, che era maturato in materia di imposta di registro (Cass., sez. 5, 19/08/2015, n. 16983; Cass., sez. 5, 21/11/2014, n. 24799; Cass., sez. 6-5, 9/01/2018, n. 313) è ormai superato dai più recenti arresti (da ultima: Cass., sez. 5, 22/04/2021, n. 10688), essendo approdata la riflessione giurisprudenziale ad una ricostruzione uniforme della fattispecie sia ai fini delle imposte dirette che ai fini delle imposte indirette.
3.7. All’orientamento univoco della Corte di legittimità si è di recente uniformata la stessa Agenzia delle entrate che, con la circolare n. 23/E/2020, pubblicata in data 29 luglio 2020, ha escluso, ai fini della tassazione delle plusvalenze, che la cessione di un edificio possa essere riqualificata come cessione del terreno edificabile. In tal modo superando le indicazioni contenute nella precedente Ris. n. 395/E/2008 con la quale era stato precisato che la vendita a titolo oneroso di fabbricati ricadenti in un’area oggetto di un piano di recupero, approvato in via definitiva dal Comune, è riconducibile alla fattispecie della cessione di area edificabile, con conseguente plusvalenza tassabile indipendente dal periodo di possesso del cespite.
L’Amministrazione finanziaria, pertanto, con il documento di prassi da ultimo predisposto, ha escluso che possa attribuirsi rilievo ad elementi di fatto, quali, ad esempio, l’avvenuto rilascio del permesso di demolizione e di ricostruzione, l’esistenza di un piano di recupero o di riqualificazione dell’area, o il prezzo di cessione del fabbricato superiore al valore venale dello stesso e che i richiamati elementi possano portare a qualificare la cessione di un fabbricato come una cessione di terreno, con conseguente tassazione della plusvalenza (Cass., sez. 5, 10/06/2021, n. 16374).
La decisione impugnata si è uniformata ai principi su esposti.
4. In conclusione, il ricorso va rigettato Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Quanto alla regolazione dell’obbligo del pagamento del doppio del contributo unificato, va fatta applicazione – nei confronti dell’Agenzia delle entrate – del principio secondo cui, nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso (Cass., sez. 5, 15/05/2015, n. 9974; Cass., sez. U, 25/11/2013, n. 26280; Cass., sez. U, 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2022