LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso, iscritto al NRG 31338/2020 proposto da:
P.D., liquidatore e legale rappresentante della s.r.l. HTS International, L.S., e T.M., rappresentati e difesi dagli Avvocati Fabrizio Cacace, e Francesco Patrick Perna;
– ricorrenti –
contro
PROCURATORE GENERALE, rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, domiciliato presso l’Ufficio in Roma, via Baiamonti, n. 25;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, n. 97/2020 depositata il 30 aprile 2020;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’8 febbraio 2022 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore Generale Aggiunto Dott. SALVATO Luigi, che ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. – Con sentenza n. 97/2020, depositata in segreteria il 30 aprile 2020, la Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale centrale di appello, rigettando il gravame di L.S., di T.M. e della s.r.l. HTS International, ha confermato la sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, che li aveva condannati a risarcire, ciascuno, alla Regione Piemonte il danno quantificato, rispettivamente, in Euro 17.662, in Euro 21.275 e in Euro 21.325, oltre accessori – per l’indebito conseguimento di finanziamenti finalizzati a progetti imprenditoriali, consistenti nella diffusione di attività di e-business e di e-commerce.
Per quanto qui ancora rileva, la Corte dei conti ha rigettato il motivo di appello riguardante l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice contabile, sul rilievo che i soggetti destinatari del contributo concorrono alla realizzazione del programma della pubblica amministrazione, sicché tra la stessa e i beneficiari si instaura un rapporto di servizio, assumendo questi ultimi, ai fini della giurisdizione della Corte dei conti, la stessa posizione propria di un dipendente o amministratore della P.A..
Quanto al merito della responsabilità, il giudice contabile ha rilevato che gli appellanti hanno conseguito l’erogazione del contributo pubblico senza la necessaria corrispondenza con l’effettivo valore delle prestazioni ammesse a finanziamento, ricorrendo a fatturazioni di operazioni inesistenti o ad attestazioni di costi superiori a quelli sostenuti.
2. – Per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, P.D., nella qualità di liquidatore e legale rappresentante della s.r.l. HTS International, L.S. e T.M. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 1 dicembre 2020, sulla base di un motivo, con cui si deduce il difetto di giurisdizione della Corte dei conti.
3. – Il Procuratore Generale, rappresentante il pubblico ministero presso la Corte dei conti, ha resistito con controricorso. Nel chiedere il rigetto dell’impugnazione, il Procuratore contabile osserva che i ricorrenti hanno conseguito il finanziamento pubblico, nella misura massima erogabile, senza la necessaria corrispondenza con l’effettivo valore delle prestazioni ammesse a contributo, anche ricorrendo a mezzi fraudolenti, quali acquisti fittizi di beni e servizi, fatturazione di operazioni inesistenti, attestazione di costi superiori a quelli sostenuti. La violazione delle prescrizioni previste comporta, ad avviso del controricorrente, che i contributi risultano indebitamente percepiti e costituiscono, per conseguenza, danno erariale, la cui cognizione è riservata alla giurisdizione della Corte dei conti.
4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380-bis.1 c.p.c..
5. – Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che la Corte rigetti il ricorso. Secondo il pubblico ministero, la formale estraneità alla pubblica amministrazione non è evenienza sufficiente ai fini di escludere la giurisdizione contabile per danno erariale ogni qual volta sussistano, come nella specie, concrete circostanze attestanti l’instaurazione, variamente titolata, di un rapporto di servizio tra il privato e l’ente pubblico. Nel caso in esame, la Corte dei conti ha accertato, nei due gradi di merito, che i ricorrenti hanno percepito contributi pubblici al fine di portare a compimento il programma approvato dalla P.A. nel quadro delineato dalla L.R. Piemonte 30 aprile 2006, n. 4. L’indebita percezione dei contributi pubblici ha frustrato lo scopo divisato, realizzando una distrazione delle risorse pubbliche dalla finalità prevista.
6. – I ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo i ricorrenti prospettano il difetto di giurisdizione della Corte dei conti, in ragione della carenza sia del rapporto di servizio, sia del programma imposto ai privati dall’ente pubblico. Sostengono i ricorrenti di essere stati destinatari finali di fondi di provenienza pubblica per la realizzazione di uno specifico intervento (la realizzazione dei rispettivi siti internet), senza essere stati chiamati a gestire risorse pubbliche secondo finalità pubbliche. Si deduce che i finanziamenti concessi ai ricorrenti costituivano una risorsa di sola provenienza pubblica, che non si poneva in nessuna relazione teleologica con uno specifico e concreto programma imposto dall’amministrazione. I contributi erogati non perseguivano altro scopo che non fosse il mero sostegno economico dei beneficiari, trattandosi di elargizioni a fondo perduto, svincolate dall’utilizzo del pubblico denaro secondo un piano di gestione preventivamente individuato dall’ente concedente. Sebbene alla base delle agevolazioni finanziarie in questione vi sia un innegabile interesse pubblico, di carattere generale, consistente nella rimozione degli ostacoli alla diffusione dell’e-business e nella introduzione di adeguamenti organizzativi necessari all’adozione dell’e-commerce da parte di piccole e medie imprese, tuttavia, ad avviso dei ricorrenti, tale interesse costituirebbe “pur sempre un fine mediato e indiretto, che si staglia soltanto sullo sfondo remoto della fattispecie”.
2. – Il motivo è infondato.
3. – Secondo il fermo orientamento di questa Corte, tra la pubblica amministrazione che eroga un contributo e il privato che lo riceve si instaura un rapporto di servizio, sicché il percettore del contributo o del finanziamento risponde per danno erariale innanzi alla Corte dei conti qualora, disponendo della somma in modo diverso da quello programmato, frustri lo scopo perseguito dall’ente pubblico (Cass., Sez. Un., 22 novembre 2019, n. 30526; Cass., Sez. Un., 6 marzo 2020, n. 6461; Cass., Sez. Un., 24 gennaio 2022, n. 1994).
3.1. – Nel caso esaminato dalla sentenza impugnata, si è di fronte alla concessione di un contributo pubblico a soggetti privati al fine di portare a compimento il programma approvato dalla pubblica amministrazione nel quadro delineato dalla L.R. Piemonte 30 gennaio 2006, n. 4, con la quale si è inteso promuovere interventi a sostegno delle piccole e medie imprese operanti nel tessuto industriale piemontese per favorire e rafforzare il sistema regionale per la ricerca e l’innovazione attraverso la realizzazione di siti internet aziendali.
I finanziamenti regionali sono finalizzati a progetti imprenditoriali consistenti, in particolare, nella diffusione di attività di e-business e di e-commerce.
Deve escludersi che nella specie si sia in presenza, secondo quanto prospettano i ricorrenti, di elargizioni a fondo perduto, svincolate dalla realizzazione di uno specifico e concreto programma individuato dall’amministrazione.
Al contrario, lo scopo perseguito attraverso la concessione del contributo pubblico ai soggetti privati assume una valenza di tale pregnanza che, come esattamente evidenzia la sentenza impugnata, l’art. 20 del bando per la presentazione delle domande del contributo in questione, nel far riferimento agli obiettivi contemplati dai precedenti artt. 5 e 12, prevede che, qualora il soggetto beneficiario non realizzi l’intervento per il quale è stato concesso il contributo, l’ente gestore provvede alla revoca dell’intero contributo concesso con il recupero delle somme già erogate.
Nello specifico, la sovvenzione in questione – inquadrabile nell’ambito degli aiuti de minimis – persegue la finalità di favorire e rafforzare il sistema regionale della ricerca e della innovazione, essendo rivolta a rimuovere gli ostacoli alla diffusione dell’e-business attraverso il finanziamento di pacchetti personalizzati di intervento comprendenti studi preliminari, implementazione della strategia di e-business e introduzione di adeguamenti organizzativi necessari. A tal fine, è previsto un esame preliminare della domanda di concessione del contributo, diretto a verificare non solo il profilo della ammissibilità formale, ma anche la funzionalità dei costi rispetto all’economia generale del progetto. A questo si accompagna un meccanismo di rendicontazione della spesa sostenuta, con un duplice controllo orientato, per un verso, alla verifica circa l’avvenuta realizzazione dell’intervento progettato e, per l’altro verso, al riscontro della correttezza di natura documentale, mediante l’acquisizione delle fatture quietanzate dai fornitori e di apposita perizia asseverata.
3.3. – Tale essendo il contesto di riferimento, esattamente la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente un rapporto di servizio tra il beneficiario dei contributi e la Regione che li ha concessi, essendo il primo chiamato a gestire le risorse pubbliche per il raggiungimento dello scopo e degli obiettivi individuati dalla P.A..
La giurisprudenza delle Sezioni unite ha rilevato che sempre più frequentemente l’amministrazione persegue i suoi fini tramite soggetti ad essa non organicamente riconducibili e che, in tale ambito ed allo scopo del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale, è irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro viene effettuata, potendo esso consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato. Il punto di discrimine della giurisdizione ordinaria da quella contabile si e’, dunque, spostato dalla qualità del soggetto – che può ben essere un privato – alla natura del danno e degli scopi perseguiti. Pertanto, il privato fruitore di fondi pubblici, ove per sue scelte incida negativamente sul modo d’essere del programma imposto dalla P.A., alla cui realizzazione è chiamato a partecipare con l’atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, realizza un danno per l’ente pubblico di cui deve rispondere davanti al giudice contabile.
In altri termini, il soggetto destinatario dei fondi concorre alla realizzazione del programma della pubblica amministrazione, di modo che tra questa ed il soggetto in questione si instaura un rapporto di servizio, sicché il beneficiario assume, ai fini della giurisdizione della Corte dei conti, la stessa posizione propria di un dipendente o amministratore della pubblica amministrazione. L’inserimento funzionale si realizza ogni volta che il soggetto privato viene chiamato a concorrere alla realizzazione dell’interesse pubblico sotteso al finanziamento e il danno consegue allo sviamento delle somme ricevute da tali finalità (Cass., Sez. Un., 9 gennaio 2013, n. 296; Cass., Sez. Un., 4 ottobre 2019, n. 24858; Cass., Sez. Un., 21 luglio 2020, n. 15490).
4. – Il ricorso è rigettato.
5. – Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, stante la posizione di parte solo in senso formale del Procuratore generale della Corte dei conti. Il Procuratore generale, infatti, così come non può sostenere l’onere delle spese processuali nel caso di sua soccombenza, al pari di ogni altro ufficio del pubblico ministero, non può essere destinatario di una pronuncia attributiva della rifusione delle spese quando, come nella specie, soccombente risulti il suo contraddittore.
6. – Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2022