Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.5246 del 17/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15195-2016 proposto da:

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PRATI FISCALI 158, presso lo studio dell’avvocato FABIO PINCI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE GIANFRANCESCHI 46, presso lo studio dell’avvocato MAURO BUONINCONTRI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCA CRESCIMBENI;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO;

– resistenti con mandato al ricorso e al controricorso suddetto –

avverso la sentenza n. 8210/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/12/2015 R.G.N. 169/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 15/12/2021 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 10.12.2015, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da S.R. avverso l’intimazione di pagamento relativa a contributi non pagati e già oggetto di cartella esattoriale non opposta;

che avverso tale pronuncia S.R. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che la società concessionaria dei servizi di riscossione ha resistito con controricorso, mentre l’INPS, anche nella qualità di mandatario di S.C.C.I. s.p.a. ha depositato delega in calce al ricorso notificatogli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso per cassazione è stato proposto giusta “delega in calce al ricorso in appello” (così si legge a pag. 1 del ricorso medesimo) e che soltanto in data 22.7.2016, dopo la notifica alle parti intimate (richiesta il 9.6.2016) è stato depositato in atti un “mandato” redatto su foglio separato e non materialmente congiunto al ricorso per cassazione recante delega all’Avv. Fabio Pinci a rappresentare e difendere il ricorrente “nel presente giudizio”, senza alcun riferimento alla sentenza impugnata e al carattere di legittimità dell’impugnazione proposta;

che questa Corte ha da tempo precisato che è inammissibile, per difetto della prescritta procura speciale, il ricorso per cassazione che sia stato proposto sulla base della procura rilasciata dal ricorrente al proprio difensore nell’atto d’appello, essendo quest’ultima inidonea allo scopo perché conferita con atto separato in data anteriore alla sentenza da impugnare in sede di legittimità e, pertanto, in contrasto con l’obbligo di rilasciare la procura successivamente alla pubblicazione del provvedimento impugnato e con specifico riferimento al giudizio di legittimità (così, da ult., Cass. n. 13263 del 2020);

che del pari inammissibile è stato costantemente ritenuto il ricorso per cassazione quando la relativa procura sia stata conferita su foglio separato rispetto al ricorso e che non contenga alcuno specifico riferimento alla sentenza impugnata o al giudizio di cassazione, ossia al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, così risultando incompatibile con il carattere di specialità di questo giudizio (Cass. n. 4069 del 2020);

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente, che si liquidano in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2022

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