LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15216-2020 proposto da:
INPS, ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato CARLA D’ALOISIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, ANTONIETTA CORETTI;
– ricorrente –
contro
F.F.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2473/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 03/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA CALAFIORE.
RILEVATO
che:
la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 2473 del 2019, ha rigettato l’appello proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, accogliendone la domanda di accertamento negativo, aveva escluso la sussistenza dei presupposti per l’iscrizione dell’avv.ta F.F., professionista iscritta all’albo degli avvocati ma non alla Cassa forense, alla Gestione separata dell’Inps; per gli anni 2009 e 2010;
la Corte territoriale ha dato atto che la predetta aveva conseguito nell’anno 2009 e nell’anno 2010 un reddito inferiore alla soglia minima di Euro 5.000,00, e da tale dato ha tratto l’automatico effetto di ritenere insussistente l’obbligo di iscrizione, indipendentemente dalla verifica dell’abitualità nell’esercizio della professione;
avverso tale sentenza l’Inps ricorre per cassazione con unico motivo; F.F. è rimasta intimata;
la proposta del relatore è stata comunicata alla parte unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
con l’unico motivo di ricorso, l’Istituto ricorrente deduce violazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi da 26 a 31, D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 11 e 12 conv. con mod. in L. n. 111 del 2011, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, mod. dal D.Lgs. n. 344 del 2003, L. n. 576 del 1980, artt. 10, 11 e 22, D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2 conv. con mod. in L. n. 326 del 2003, D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, comma 3, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto un avvocato iscritto all’albo professionale, ma non alla Cassa Nazionale Forense (in periodi anteriori alla L. n. 247 del 2012), non tenuto all’obbligo di versamento di contribuzione alla Gestione separata, sul presupposto del difetto di superamento del limite reddituale (Euro 5.000,00), tale da qualificarne l’esercizio come occasionale;
il motivo è manifestamente. fondato;
secondo un indirizzo consolidato di questa Corte, meritevole di continuità, gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che, svolgendo attività libero professionale priva del carattere dell’abitualità, non abbiano – secondo la disciplina vigente ratione temporis, antecedente l’introduzione dell’automatismo della iscrizione l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, alla quale versino esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all’albo professionale, cui non segua la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’inps, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, secondo cui l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32167; Cass. 8 febbraio 2019, n. 3799; Cass. n. 15919 del 2021);
da ultimo, esso è stato ulteriormente specificato nel senso della sussistenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata nell’ipotesi di percezione di reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, ed anche occasionale, ove il reddito superi la soglia di Euro 5.000,00 a norma del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, di un’attività professionale per la quale sia prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco (tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto sia già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento); restando fermo che il requisito dell’abitualità (che deve essere apprezzato nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista e non come conseguenza ex post desumibile dall’ammontare del reddito prodotto) deve essere accertato in punto di fatto, mediante la valorizzazione di presunzioni (ricavabili dall’iscrizione all’albo, dall’apertura della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività), potendo la percezione di un reddito annuo di importo inferiore alla predetta soglia rilevare quale indizio, da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo, per escludere in concreto la sussistenza del requisito in questione (Cass. 18 febbraio 2021, n. 4419);
pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza e rinvio, per il superiore accertamento e la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 2 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022