Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.5392 del 18/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4910-2021 proposto da:

S.M.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEOFILO FOLENGO, 49, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MARIA FACILLA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2009/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/08/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’01/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LUCA SOLAINI.

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame proposto da S.M.J., cittadino del Bangladesh, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di aver perso i genitori sin da piccolo e che i suoi terreni erano andati distrutti nel corso dell’alluvione del 2007 e che aveva venduto la casa per poter lasciare il paese. Riferiva di essere arrivato in Libia, ma scoppiata la guerra era stato rapito da una banda criminale e liberato dopo aver pagato un riscatto.

La Corte territoriale ha ritenuto la vicenda narrata di contenuto essenzialmente economico, quindi, estranea al perimetro normativo della protezione invocata. La Corte d’appello non ha, pertanto, riconosciuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale ma neppure quelli della protezione sussidiaria, non essendo ravvisabile il rischio di subire un “danno grave” ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, neppure declinato secondo l’ipotesi di cui alla lett. c) in quanto dalle fonti informative disponibili, nella zona di provenienza del ricorrente, non risulta esistente una situazione di violenza indiscriminata dovuta a conflitto armato. Neppure erano state allegate e dimostrate, secondo la Corte d’appello, la ricorrenza di specifiche situazioni di vulnerabilità.

Contro la sentenza della predetta Corte d’appello, è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo di ricorso.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello per violazione di norme di diritto, in particolare, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

Il motivo è manifestamente inammissibile, perché solleva censure generiche ed astratte alla pronuncia di rigetto riferita alla protezione umanitaria, senza aggredire nessuna specifica ratio decidendi della sentenza impugnata.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

La Corte suprema di Cassazione:

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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