Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.5405 del 18/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28240/2015 proposto da SOCIETA’ PER LA GESTIONE DI ATTIVITA’ – S.G.A. s.p.a. (CF *****) in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa per procura in calce al ricorso dall’avv. Giuseppe Trisorio Liuzzi, con il quale elettivamente domicilia in Roma al Lungotevere della Vittoria n. 5 presso lo studio dell’avv. Giovanni Arieta;

– ricorrente –

contro

V.A.G., (CF *****), V.P. (CF *****), V.V.N.L. (CF *****), T.A., avvocato (CF *****), rapp.ti e difesi per procura in calce al controricorso dall’avv. T.A., con il quale elettivamente domiciliano in Roma alla via Ridolfino Venuti, n. 42, presso lo studio dell’avv. Alessandra Di Sarno;

– controricorrenti –

nonché

FALLIMENTO V. s.r.l., (CF *****), in persona del curatore, rapp.to e difeso per procura a margine del controricorso dall’avv. Vincenzo Latorre, elettivamente domiciliati in Roma alla via Cosseria n. 2 presso Placidi Alfredo, e Giuseppe Placidi;

– controricorrente –

INTESA SANPAOLO SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 977, depositata il 25 giugno 2015, della Corte d’appello di Bari;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2021 dal relatore Dott. Aldo Ceniccola.

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 977 del 2015 la Corte di appello di Bari dichiarava l’estinzione del giudizio di appello proposto dalla Intesa Sanpaolo Group Service, quale mandataria della S.G.A. s.p.a., avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Bari aveva accolto la domanda proposta dalla V. s.r.l. (debitrice principale) e dai fideiussori V.A.G., V.P. e V.V.N.L., volta ad ottenere la declaratoria di nullità parziale di un contratto di apertura di credito, con rideterminazione del saldo attivo del conto corrente, e l’annullamento parziale di due contratti di mutuo, nonché la nullità della clausola relativa all’interesse ultralegale, con rideterminazione dei saldi dovuti in favore della banca.

Osservava la Corte che la banca appellante aveva rappresentato, nella comparsa conclusionale depositata in appello, che la V. s.r.l. era stata dichiarata fallita circa quattro anni prima, in data 1 marzo 2010 (e dunque in pendenza del gravame), sicché, a seguito di tale dichiarazione, la stessa Corte aveva dichiarato l’interruzione del processo con ordinanza del 22 luglio 2014. La riassunzione della banca, avvenuta con ricorso del 17 settembre 2014, doveva considerarsi tardiva, in quanto essa aveva avuto conoscenza dell’intervenuto fallimento allorché il curatore fallimentare, in data 8 marzo 2010, le aveva inviato la comunicazione L.Fall., ex art. 92, sicché, essendo avvenuta l’interruzione automatica del giudizio, il dies a quo per la riassunzione doveva essere individuato nella data di ricezione della comunicazione in oggetto, che, nel caso di specie, era avvenuta diversi anni prima.

La dichiarazione di estinzione del giudizio, poi, secondo la Corte, non poteva non riguardare anche i fideiussori, in quanto, se è vero che l’instaurazione del giudizio nei confronti di un coobligato solidale passivo è facoltativa, tale facoltatività riguarda solo la fase dell’introduzione del giudizio, ma, una volta instaurato il processo nei riguardi di tutti i condebitori, insorge un litisconsorzio processuale che diviene necessario nei gradi di impugnazione; vertendosi, dunque, in un caso di inscindibilità della causa in fase di appello, la declaratoria di estinzione non poteva che riguardare il giudizio di impugnazione nella sua interezza.

Avverso tale sentenza la S.G.A. s.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a 4 motivi, illustrati da successiva memoria. Resiste la curatela mediante controricorso. Anche i fideiussori resistono mediante controricorso. In data 16 gennaio 2017 la S.G.A. ha dichiarato di aver sottoscritto una transazione con il fallimento e pertanto di rinunciare al giudizio nei confronti della curatela.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione della L.Fall., art. 43 e art. 95, comma 3, (art. 360 c.p.c., n. 3), avendo la Corte di appello errato nel considerare estinto il giudizio e dunque nel ritenere applicabile la L.Fall., art. 43, in quanto, nel caso in esame, trattandosi di un giudizio avente ad oggetto l’accertamento di crediti destinati ad essere fatti valere anche nei confronti di un soggetto dichiarato fallito, avrebbe la Corte dovuto far prevalere la dichiarazione di improcedibilità, operando la vis attractiva del procedimento di verifica dello stato passivo.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. La Corte ha, infatti, correttamente disatteso tale argomento osservando che nel caso in esame trova applicazione la disposizione contenuta nella L.Fall., art. 95, comma 3, dovendosi all’uopo richiamare il principio già affermato da Cass. n. 2228 del 19/02/2015, secondo cui “la L.Fall., art. 95, comma 3, – nel testo vigente “ratione temporis”, anteriore alla sostituzione disposta dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 80 -, applicabile anche alla liquidazione coatta amministrativa, va interpretato estensivamente nel senso che la norma opera anche nell’ipotesi in cui il fallimento (o la liquidazione coatta amministrativa) sopravvenga alla sentenza di rigetto, anche solo parziale, della domanda proposta da un creditore, il quale, onde evitarne il passaggio in giudicato, è tenuto ad impugnarla, risultando tale soluzione coerente con il principio della ragionevole durata del processo. Ne consegue che la sentenza di accertamento del credito, eventualmente emessa in riforma di quella di primo grado, spiega efficacia nei confronti della procedura, allo stesso modo di quella di rigetto dell’impugnazione proposta o proseguita dal curatore in caso di accoglimento della domanda in primo grado”.

1.3. Ne’ vale l’ulteriore obiezione, pur formulata con il motivo in oggetto, secondo cui la Corte avrebbe applicato una norma non più vigente, trattandosi di fallimento di c.d. nuovo rito: infatti la disposizione di cui si discute è adesso contenuta nella L.Fall., art. 96, n. 3, che, sostanzialmente, conferma l’orientamento giurisprudenziale del quale si è dato atto, volto ad affermare l’estensione del meccanismo (“Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione”) anche alle sentenze di rigetto della domanda avanzata dal creditore.

2. Il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 43 e art. 305 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), dovendo, secondo la ricorrente, la conoscenza legale dell’effetto interruttivo realizzarsi all’interno del processo, non avendo di contro alcun rilievo l’eventuale conoscenza dell’evento realizzatasi in altra sede (circostanza, quest’ultima, valorizzata invece dal giudice di appello).

2.1. Il motivo è fondato.

2.2. La questione posta dal motivo in oggetto è stata affrontata e risolta da Sez. U, n. 12154 del 07/05/2021, secondo cui “In caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi della L.Fall., art. 43, comma 3, ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi della L.Fall., artt. 52 e 93 per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176 c.p.c., comma 2, va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario”.

2.3. Erroneamente, allora, la Corte di appello ha individuato il dies a quo della riassunzione nella data di ricezione, da parte dell’istituto, della comunicazione inviata dal curatore fallimentare ai sensi della L.Fall., art. 92, conseguentemente giudicando tardiva la riassunzione, dovendo al contrario tale termine, a seguito dell’interruzione automatica del giudizio cagionata dalla dichiarazione di fallimento, decorrere, conformemente a quanto precisato dalle Sezioni Unite, solo dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa venne conosciuta dalla parte interessata.

3. Tali considerazioni, che comportano l’assorbimento dei restanti motivi di ricorso, impongono la cassazione della sentenza impugnata, sicché la causa va rinviata alla Corte di appello di Bari che provvederà, in differente composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo, rigettato il primo ed assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bari che provvederà, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

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