LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29305-2020 proposto da:
S.G., rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE SPADAVECCHIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di TRANI, depositata il 23/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/01/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
L’avvocato S.G. ha proposto ricorso articolato in tre motivi (1- violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c.; 2 – violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82,86 e 111; 3 – violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater) avverso l’ordinanza del 22 giugno 2020 del Tribunale di Trani.
L’intimato Ministero della Giustizia ha depositato “atto di costituzione”.
Con l’ordinanza del 22 giugno 2020 il Tribunale di Trani ha rigettato l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, proposta da R.M. avverso il decreto 17 giugno 2019 del Presidente del Tribunale, che ne aveva revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in un giudizio di separazione personale, alla luce del superamento dei limiti reddituali relativamente all’anno 2015. L’ordinanza impugnata ha poi dichiarato inammissibile l’opposizione proposta in proprio dall’avvocato S.G. avverso lo stesso decreto 17 giugno 2019, nella parte in cui questo revocava altresì la liquidazione dei compensi professionali operata dal Tribunale in composizione collegiale con provvedimento del 7 marzo 2018 in relazione all’assistenza prestata alla R. nell’ambito del giudizio di separazione. Il Tribunale di Trani ha sostenuto che il procuratore della parte revocata dal patrocinio a spese dello Stato difetta di legittimazione attiva nel relativo giudizio di opposizione e che va ammessa la revocabilità del decreto che liquida i compensi del patrocinatore, in ragione del nesso di interdipendenza esistente tra la revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio e la liquidazione dell’avvocato.
I tre motivi di ricorso censurano quanto stabilito dal Tribunale in merito alla carenza di legittimazione attiva in capo all’avvocato e all’automaticità della revoca del decreto di liquidazione dei compensi spettanti al patrocinatore a seguito della revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio; viene, altresì, denunciata l’erroneità della statuizione del giudice dell’opposizione in ordine alla debenza dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in ragione della assunta natura non impugnatoria del ricorso del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta fondatezza dei suoi primi due motivi, restando assorbito il terzo, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 cpc., comma 1, n. 5), c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.
I primi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e vanno accolti nei sensi di cui in motivazione. Come da questa Corte più volte affermato (Cass. Sez. 6 – 2, 23/07/2020, n. 15699; Cass. Sez. 6 – 2, 18/06/2020, n. 11769; Cass. Sez. 6 – 2, 11/09/2018, n. 21997) in materia di patrocinio a carico dello Stato, la legittimazione dell’interessato, ovvero propriamente alla parte che si vuole avvalere del patrocinio a carico dello Stato, o che vi sia stata ammessa ma il cui beneficio sia stato poi revocato, è riconoscibile solo con riferimento all’opposizione avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione o di revoca del gratuito patrocinio. Spetta invece esclusivamente al difensore la legittimazione ad agire con riguardo alla liquidazione del compenso, essendo egli l’unico titolare di tale diritto soggettivo patrimoniale nei confronti dello Stato. Avendo il decreto 17 giugno 2019 del Presidente del Tribunale tra l’altro revocato la liquidazione dei compensi operata con provvedimento del 7 marzo 2018 in favore dell’avvocato S.G. per l’assistenza prestata alla R., è innegabile che il medesimo difensore fosse legittimato in parte qua a proporre opposizione, a differenza di quanto affermato nell’impugnata ordinanza.
Il giudice di rinvio, nel decidere sull’opposizione proposta dall’avvocato S.G., dovrà altresì considerare l’ulteriore consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di patrocinio a spese dello Stato, il decreto di liquidazione del compenso al difensore per l’opera prestata nell’espletamento dell’incarico non è revocabile, né modificabile, d’ufficio, poiché l’autorità giudiziaria che lo emette, salvi i casi espressamente previsti, consuma il suo potere decisionale e non ha il potere di autotutela tipico dell’azione amministrativa, restando l’operatività degli effetti della eventuale revoca del provvedimento di ammissione disciplinati dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 (Cass. civ. Sez. 6-2, 18/01/2017, n. 1196; Cass. civ. Sez. 6-2, 06/06/2014, n. 12795; Cass. Sez. 1, 30/05/2008, n. 14594; arg. anche da Corte Cost. 24 settembre 2015, n. 192).
Occorre in particolare evidenziare che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 3, dispone espressamente che la revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ha effetto dal momento dell’accertamento delle modificazioni reddituali, indicato nel provvedimento del magistrato, mentre ha efficacia retroattiva se risulta l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione ovvero se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. La revoca dell’ammissione ripristina l’obbligo della parte assistita in giudizio di sopportare personalmente le spese della sua difesa e determina, allorché ha efficacia retroattiva, le conseguenti restituzioni.
Le Sezioni Penali di questa Corte, peraltro, precisano che la revoca del patrocinio a spese dello Stato, per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito previste dalla legge, pur avendo efficacia retroattiva, nel contesto del D.P.R. 30 maggio 2002, artt. 111 e 112, non comporta l’inefficacia del decreto di pagamento del difensore emesso prima della revoca del provvedimento di ammissione (Cass. Pen. Sez. 4, 15/12/2020, dep. 16/03/2021, n. 10159; Cass. Pen. Sez. 4, 14/02/2019, dep. 29/04/2019 n. 17668).
L’accoglimento dei primi due motivi e la correlata cassazione con rinvio della causa comportano l’assorbimento del terzo motivo di ricorso (attinente alla problematica riconducibilità dell’opposizione del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, al novero dei giudizi di impugnazione in senso proprio, con conseguente obbligo per l’opponente di versare, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato), in quanto la relativa censura è diretta contro una statuizione che, per il suo carattere accessorio, è destinata ad essere travolta dall’annullamento che viene disposto dalla ordinanza impugnata.
Vanno dunque accolti i primi due motivi di ricorso, restando assorbito il terzo motivo, e l’ordinanza va cassata, con rinvio al Tribunale di Trani in persona di diverso magistrato, che deciderà uniformandosi all’enunciato principio e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Trani in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022