LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18390-2020 proposto da:
C.R., rappresentata e difesa dall’avv. DARIO VALENTINO LAURENZA e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
L.B.D., rappresentato e difeso dall’avv. ROCCO DI BONO e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
P.G., rappresentato e difeso dall’avv. PASQUALE CIOLA e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
e contro
L.F.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 286/2020 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 13/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/01/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato L.B.D. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. *****, con il quale il Tribunale di Melfi gli aveva ingiunto il pagamento, in favore di C.R., del compenso relativo ad un incarico geologico eseguito dall’opposta per conto dell’opponente. Quest’ultimo deduceva, in particolare, di non aver mai conferito alcun incarico alla C., e chiamava in giudizio P.G. e L.F., asserendo che l’incarico fosse stato conferito da uno di essi.
Con sentenza n. 163/2012, resa nella resistenza della parte opposta, il Tribunale dichiarava l’estraneità del L. alla vicenda negoziale di cui è causa, rigettava l’opposizione e confermava il decreto opposto.
Interponeva appello il L.B. e la Corte di Appello di Potenza, con la sentenza impugnata, n. 286/2020, resa nella resistenza delle parti appellate, riformava la decisione di prima istanza, accogliendo l’opposizione e condannando la C. alle spese del doppio grado di giudizio, sul presupposto che la predetta non avesse fornito la prova di chi le avesse effettivamente conferito l’incarico professionale.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione C.R., affidandosi a due motivi.
Resistono con autonomi controricorsi L.B.D. e P.G..
L.F., intimato, non ha invece svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, il controricorrente P. ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c..
Inammissibilità del ricorso.
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Potenza accoglieva l’appello interposto da L.B.D. avverso la pronuncia di prime cure, revocando il decreto ingiuntivo n. *****, a suo tempo emesso dal Tribunale di Melfi, con il quale era stato ingiunto al predetto L.B. il pagamento della somma di Lire 19.175.073 in favore di C.R., a fronte delle prestazioni da quest’ultima rese per la progettazione di un laghetto collinare. La Corte distrettuale riteneva, in particolare, che la C. non avesse fornito la prova di chi le avesse conferito l’incarico professionale: in particolare, se il L.B., cliente finale, ovvero P.G., il quale sarebbe stato a sua volta incaricato dal L.B. di eseguire alcune prestazioni professionali.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione la C., affidandosi a due motivi. Con il primo di essi, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., perché il giudice di merito avrebbe erroneamente ritenuto non raggiunta la prova del conferimento dell’incarico, pur avendo accertato lo svolgimento effettivo della prestazione professionale.
La censura è inammissibile. La Corte potentina ha ritenuto che la C. non avesse fornito la prova di chi le avesse conferito l’incarico professionale. Tale statuizione, non adeguatamente attinta dal motivo, si risolve in un accertamento di fatto, non utilmente censurabile, in sé, in questa sede, posto che il motivo di ricorso non può risolversi in una mera istanza di revisione del convincimento del giudice di merito (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
Con il secondo motivo, la ricorrente si duole del governo delle spese operato dal giudice di merito.
Anche questa censura è inammissibile, posto che la Corte di Appello ha regolato le spese del doppio grado di giudizio in applicazione del criterio generale della soccombenza.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, in coerenza con la proposta del relatore.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore delle parti controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200, di cui Euro 200 per esborsi, per il controricorrente P.G., ed in Euro 1.700, di cui Euro 200 per esborsi, per il controricorrente L.B.D.; il tutto, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 27 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022