Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.5463 del 18/02/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30209-2020 proposto da:

P.P.P., rappresentato e difeso dall’avvocato GIAMBRUNO CINZIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 19/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/01/2022 dal Consigliere SCARPA ANTONIO.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’avvocato P.P.P. ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del 20 ottobre 2020 resa dal Tribunale di Milano, con cui è stata rigettata l’opposizione formulata dal medesimo avvocato Pasquariello contro il provvedimento che aveva rigettato l’istanza di liquidazione dell’onorario presto dal legale quale difensore d’ufficio di S.F. in un procedimento penale. Il Tribunale ha evidenziato che l’avvocato, a fronte di sentenza emessa nel dicembre 2013 nel processo penale, allorché il F. risultava domiciliato in Novate Milanese, aveva poi ricercato il proprio cliente soltanto a far tempo da ottobre 2016, sicché non aveva dimostrato di aver adoperato normale diligenza ai fini del recupero del proprio credito.

L’intimato Ministero della Giustizia ha notificato controricorso.

Il ricorso denuncia la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 117 e l’omesso esame del fatto della irreperibilità dell’assistito al momento della richiesta di liquidazione.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Con istanza datata 13 gennaio 2021, l’Avvocatura Generale dello Stato ha, invece, richiesto “di poter ritirare il deposito dell’atto di costituzione nel giudizio R.G. 30209 /2020, da depositare nel giudizio R.G. 15436/21”, adducendo l’erroneità della notifica e del deposito del controricorso. Tale “ritiro” del controricorso può intendersi unicamente come rinuncia a resistere al ricorso proposto da P.P.P..

L’impugnata decisione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte e il ricorso non offre argomenti per mutare orientamento, sicché le censure sono inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis.1 c.p.c..

L’avvocato che abbia difeso d’ufficio l’indagato o l’imputato resosi irreperibile non ha diritto alla liquidazione dei compensi a carico dello Stato ove, essendo venuto meno al dovere di diligenza, per essere incorso in colpevole inerzia, abbia fatto trascorrere un lasso di tempo ingiustificatamente irragionevole (nella specie, circa tre anni dalla definizione del giudizio penale), prima di attivarsi per il rintraccio dell’assistito (Cass. Sez. 6 – 2, 31/03/2021, n. 8942; Cass. Sez. 2, 29/04/2020, n. 8359; Cass. Sez. 6 – 2, 24/06/2015, n. 13132; nonché precedenti ivi richiamati, a conferma di orientamento interpretativo che non è sporadico, come assume il ricorrente in memoria).

Non hanno poi rilevo le ulteriori considerazioni svolte nella memoria del ricorrente, e cioè che l’inerzia qui si era protratta per meno di tre anni, giacché, ai fini del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 116 e 117, la verifica che il tentativo di recupero del proprio credito professionale da parte del difensore di ufficio nei confronti dell’assistito resosi irreperibile sia stato effettivo, e non pretestuoso, discende da un apprezzamento di fatto che non è sindacabile in sede di legittimità. Ne’ vi alcuna incongruenza della conclusione raggiunta dal Tribunale di Milano con la disciplina della prescrizione di tre anni posta dall’art. 2956 c.c. per le prestazioni professionali, giacché lo stesso legislatore del Codice civile del 1942, evidentemente, presumeva che l’adempimento del contratto d’opera intellettuale suole avvenire senza dilazione, o comunque in tempi brevi.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

In ragione dell’istanza del 13 gennaio 2021 dell’Avvocatura Generale dello Stato, di cui si è fatto cenno, non si devono regolare le spese del giudizio di cassazione, non avendo il Ministero spiegato attività difensive.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 27 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472