Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.5502 del 21/02/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi nn. 5904, 5906 e 5909/2013 proposti da:

METECNO S.P.A., (C.F. *****), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Zizzo e dall’Avv. Claudio Lucisano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Crescenzio n. 91;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso le sentenze nn. 20, 22, 24/44/2012 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA, depositate il 17/2/2012;

udita la relazione della causa svolta in data 27/07/2021 dal Consigliere PIERPAOLO GORI;

Il sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione Dott. Troncone Fulvio, ha concluso nel senso dell’accoglimento del primo motivo di ciascun ricorso principale, con inammissibilità del secondo e terzo motivo, accoglimento del secondo, ottavo e tredicesimo motivo di ciascun ricorso incidentale, inammissibilità

del quarto, quinto, sesto e decimo motivo, rigetto dell’undicesimo motivo;

Gli Avvocati Giuseppe Zizzo e Claudio Lucisano, per la difesa, hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi principali e il rigetto dei ricorsi incidentali.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenze della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia nn. 20, 22, 24/44/2012 parzialmente veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso le sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Milano nn. 150, 153, 151/36/2010 la quale, a sua volta, aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla società Metecno S.p.a. in relazione ad altrettanti avvisi di accertamento per II.DD. (IRES e IRAP) 2004, oltre che per sanzioni e interessi.

2. I processi originavano dal comune fatta che la contribuente aveva dichiarato un reddito nell’anno di imposta suddetto, rispettivamente in veste di consolidata nei primi due e di consolidante nel terzo con riferimento alla rettifica della svalutazione di partecipazione imputata a conto economico 2003, oggetto di rettifica D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41 bis da parte dell’Agenzia delle Entrate.

3. In particolare, con l’avviso di accertamento alla base del primo ricorso, in conseguenza della verifica fiscale conclusa con il p.v.c. del 12.12.2007 veniva rettificato il reddito della contribuente nell’anno di imposta da lei dichiarato in veste di consolidata, quantificato in Euro 1.416.385,00 – al netto di perdite di esercizi precedenti – oltre a sanzioni. La partecipazione della ricorrente nella società Laminacier Group avrebbe potuto essere svalutata salo per il 56,66% del costo totale, pari a 4.001.000,00 Euro, rispetto alla svalutazione dedotta di Euro 5.286.000,00.

Con l’avviso di accertamento di cui al secondo ricorso, sulla base delle medesime premesse, veniva anche accertato ai fini IRAP un maggiore valore della produzione netta per l’anno d, imposta, con conseguente maggiore imposta oltre a sanzioni per dichiarazione infedele.

Con l’avviso di accertamento oggetto del terzo processo, veniva anche rideterminato il quadro GN in capo alla contribuente quale consolidante, rettificando le perdite dedotte da periodi di imposta precedenti (2002 e 2003) ed accertando un reddito imponibile da consolidato nazionale e mondiale per il 2004 pari ad Euro 2.974.080,00 con conseguente maggiore IRES e sanzioni per dichiarazione infedele.

4. Il fulcro della questione era se, con riferimento alla svalutazione della partecipazione nella Laminacier, il confronto fra patrimonio netto iniziale e netto finale dovesse essere svolto secondo il criterio della c.d. “stratificazione”, secondo il periodo di acquisizione, ovvero se dovesse essere seguito il criterio indicato dalla CTR per cui sarebbe conforme alla normativa applicabile ratione temporis il confronto del patrimonio netto iniziale della sola società direttamente partecipata risultante dal bilancio del 31 dicembre 1999, regolarmente approvato opportunamente rettificato per tener conto dei versamenti successivi, con il patrimonio finale della stessa partecipata risultante dal bilancio al 31 dicembre 2003, regolarmente approvato.

5. Gli atti impositivi impugnati non si liquidavano a questa ripresa, e comprendono altre distinte voci, per maggiori ricavi da sottofatturazione dei compensi relativi ad alcune commesse infragruppo eseguite nel 2004 sulla base del valore normale, oltre ad accantonamenti di somme a titolo di patto di non concorrenza, a costi residui relativi a Management fees (consulenze) non riaddebitati ad altre società del gruppo Laminatier, al calcolo del pro-rata previsto dall’art. 97 TUIR con rideterminazione degli interessi passivi indeducibili, al mancato riconoscimento di quote di ammortamento per cespiti il cui costo veniva ritenuto non documentato per giustificazione ed inerenza, al mancato riconoscimento di quote di ammortamento relative a spese di consulenza e costi di perizia.

6. La contribuente propone tre ricorsi per Cassazione ciascuno dei quali affidato a tre motivi. L’Agenzia resiste con altrettanti controricorsi e ricorsi incidentali per 13 motivi ciascuno.

7. La società ha anche depositato un controricorso avverso ogni ricorso incidentale e, da ultimo, memorie illustrative, tra l’altro, invocando – con riferimento alle sanzioni – lo ius superveniens di cui alla L. n. 23 del 2014, art. 8, comma 1. La difesa ha infine depositato istanza di discussione orale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Preliminarmente, al ricorso iscritto all’RGN. 5904/2013, più risalente, devono essere riuniti ex art. 274 c.p.c. i ricorsi iscritti agli RGNN. 5906/2013 e 5909/2013 in quanto soggettivamente e oggettivamente connessi.

9. Con il primo motivo di ciascun ricorso principale la società, quanto alla rettifica della svalutazione di partecipazione nella Laminacier imputata a conto economico 2003 – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – deduce la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 59, art. 66, comma 1 bis e art. 61, comma 3, lett. b) nel testo applicabile ratione temporis, per aver la CTR confermato il recupero a tassazione.

10. Il motivo è fondato. Il problema posto all’attenzione della Corte è se, con riferimento alla svalutazione della partecipazione nella Laminacier, il confronto fra patrimonio netto iniziale e netto finale debba essere svolto secondo il criterio della c.d. “stratificazioné, secondo il periodo di acquisizione, ovvero se debba essere seguito il criterio indicato dalla CTR per cui è conforme alla normativa applicabile ratione temporis il confronto del patrimonio netto iniziale della sola società direttamente partecipata risultante dal bilancio del 31 dicembre 1999, regolarmente approvato opportunamente rettificato per tener conto dei versamenti successivi, con il patrimonio finale della stessa partecipata risultante dal bilancio al 31 dicembre 2003, regolarmente approvato.

11. Per risolvere la questione è necessario contestualizzarla con riferimento alla rilevante disciplina al tempo vigente. Anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 al TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) la valutazione dei titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri è disciplinata dalle disposizioni contenute negli artt. 59,61 e 66 del TUIR e, in particolare, la valutazione fiscale dei titoli, indipendentemente dal fatto che siano classificati tra le immobilizzazioni finanziarie o nell’attivo circolante, è normata dall’art. 66, comma 1-bis, del TUIR nel testo ratione temporis vigente, e dall’art. 61, comma 2, lett. b), stesso TUIR. Quest’ultima previsione dispone che ai “fini dell’applicazione dell’art. 59, comma 4 il valore minimo è determinato:(…) b) per le azioni e titoli similari non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, riducendo il valore unitario determinato a norma dei commi 2, 3 e 3-bis dello stesso articolo in misura proporzionalmente corrispondente alle diminuzioni patrimoniali risultanti dal confronto fra l’ultimo bilancio regolarmente approvato dalle società o enti emittenti anteriormente alla data in cui le azioni vennero acquistate e l’ultimo bilancio o, se successive, le deliberazioni di riduzione del capitale per perdite”.

Siffatta disciplina è richiamata dall’art. 56, comma 1-bis del TUIR, secondo cui per “la valutazione delle immobilizzazioni finanziarie si applicano le disposizioni dell’art. 61”.

12. Il combinato disposto di tali norme impone di confrontare i patrimoni netti contabili delle società partecipate così come risultanti dai loro bilanci regolarmente approvati e relativi, rispettivamente, all’esercizio antecedente a quello in cui le partecipazioni sono acquistate e all’ultimo esercizio rispetto al quale viene effettuata l’operazione di valutazione da parte della società partecipante.

Inoltre, tali previsioni prevedono che il bilancio relativo all’ultimo esercizio possa essere sostituito da una 3ituazione patrimoniale più recente nell’ipotesi in cui si manifestino, successivamente alla data di una sua regolare approvazione e prima dell’approvazione del bilancio della società partecipante, le condizioni per procedere ad una riduzione del capitale per perdite.

13. Tanto premesso, ai fini del confronto tra i patrimoni netti, dell’art. 61, il successivo comma 5, ultimo lemma, TUIR stabilisce che “Nella determinazione, a norma del comma 3, del valore minimo dei titoli non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri non si tiene conto dei versamenti e delle remissioni di debito fatti a copertura di perdite della società emittente”.

La disciplina dell’art. 61 citato da un lato consente la deduzione dei versamenti e delle remissioni di debito effettuati a copertura di perdite per la parte che eccede il patrimonio netto della società partecipata risultante dopo la copertura e, dall’altro, ai fini della determinazione del valore minimo dei titoli non quotati, nel periodo di tempo oggetto di osservazione, di non tener conto dei versamenti e delle remissioni di debito fatti a copertura di perdite della società partecipata.

In queste ipotesi, precisa la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 8/E del 20 febbraio 2004, avente ad oggetto “Redditi di impresa – Valutazione dei titoli – Valutazione delle azioni e titoli similari non negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri – Omogeneizzazione dei patrimoni di riferimento”, per rendere omogenei i due patrimoni oggetto di confronto, occorre decrementare il patrimonio netto finale di un importo pari all’ammontare dei versamenti e delle eventuali remissioni di debito effettuate dai soci a copertura delle perdite, espressamente previsti negli atti societari.

14. Allo stesso modo, occorre rendere confrontabili i patrimoni netti di riferimento nelle altre ipotesi in cui, nel periodo oggetto di osservazione, siano intervenute delle variazioni patrimoniali in seguito ad apporti effettuati a titolo diverso dalla copertura delle perdite.

In assenza di un’espressa previsione normativa, che individui il patrimonio netto su cui effettuare le rettifiche, è opinione diffusa anche in dottrina che sia corretto adottare una tecnica di “omogeneizzazione” che, in questo caso, incrementi il patrimonio netto iniziale. Per logica simmetria, in conseguenza della riduzione del capitale sociale per esuberanza o della distribuzione di riserve di capitale, il patrimonio netto iniziale deve essere ridotto.

15. Orbene, il procedimento di “omogeneizzazione”, nel caso in cui la partecipazione del socio sia la risultante di acquisti succedutisi in diversi esercizi, richiede di valersi anche della “stratificazione” prevista dall’art. 59, comma 3, del TUIR ante riforma, il quale prevede di tener conto degli “strati” corrispondenti ai vari esercizi: “Negli esercizi successivi, se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all’esercizio precedente, le maggiori quantità, valutate a norma del comma 2, costituiscono voci distinte per esercizi di formazione. Se la quantità è diminuita, la diminuzione si imputa agli incrementi formati nei precedenti esercizi, a partire dal più recente”.

Tener conto di siffatta previsione è coerente con la prassi già invalsa nell’interpretazione della norma originaria, contenuta nella L. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 21 (circolare 15 aprile 1957, n. 3/B/350860), secondo cui il flusso dei costi e le partecipazioni in una determinata società devono essere suddivise in “strati” corrispondenti ai periodi di imposta in cui le medesime sono state progressivamente acquistate, onde procedere alla rilevazione della flessione patrimoniale subita dalla partecipata.

Deve pertanto essere affermato il seguente principio di diritto:

“In tema di deduzione dalla base imponibile di svalutazione della partecipazione in società non quotate, allorquando è necessario un procedimento di “omogeneizzazione” per confrontare il patrimonio netto iniziale e quello netto finale oggetto di confronto, ai sensi dell’art. 61, comma 5, u.p., TUIR, occorre decrementare il patrimonio netto finale di un importo pari all’ammontare dei versamenti e delle eventuali remissioni di debito effettuate dai soci a copertura delle perdite; nel caso in cui la partecipazione del socio sia la risultante di acquisti succedutisi in diversi esercizi, deve tenersi conto anche della “stratificazione” prevista dall’art. 59, comma 3, del TUIR, nel testo ratione temporis vigente, secondo cui le partecipazioni in una determinata società devono essere suddivise in “strati” corrispondenti ai periodi di imposta in cui le medesime sono state progressivamente acquistate, onde procedere alla rilevazione della flessione patrimoniale subita dalla partecipata”.

16. Al contrario, la CTR ha operato un’applicazione del disposto normativo dell’art. 61 sopra richiamato non coordinato in modo sistematico con il principio della “stratificazione” per distinti esercizi di formazione di cui all’art. 59, comma 3, TUIR, ratione temporis vigente, dal momento che il criterio seguito non considera che, come indicato dai giudici di prime cure, la base di calcolo non deriva dalle poste del bilancio consolidato, né contabilizza quanto singolarmente avvenuto nei diversi esercizi, che invece va percentualizzato quanti sono gli strati. In tal modo, la CTR ha fatto un’applicazione atomistica della pertinente normativa, e si è limitata a confrontare due patrimoni netti, applicando la medesima percentuale di svalutazione, nonostante il fatto che la partecipazione sia stata acquista in tempi diversi, come ricavabile dal prospetto riportato in ricorso.

Ragionando così la sentenza impugnata non ha compiutamente chiarito perché il criterio esposto e da tempo recepito nella stessa menzionata circolare dell’Agenzia delle Entrate non potesse trovare applicazione nella fattispecie, onde determinare la percentuale di svalutazione per ciascuno strato considerando la quota di netto relativa ai titoli posseduti in base all’ultimo bilancio approvato e la quota da attribuirsi in base al bilancio precedente all’acquisto se rettificato.

17. La decisione del giudice d’appello in altri termini non tiene conto di quanto via via accaduto nel tempo trascorso per distinti esercizi di formazione ai sensi dell’art. 59, comma 3, TUIR, vigente all’epoca dei fatti, ed incorre nel vizio denunciato perché motiva come se non ci fossero state modifiche periodo per periodo sul patrimonio netto, tanto con riferimento al valore nominale delle azioni, quanto con riguardo all’emissione di nuove azioni e all’acquisizione di nuove partecipazioni.

18. Con il secondo motivo dei ricorsi principali la contribuente, quanto ai maggiori ricavi – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatto controverso e decisivo del giudizio per avere la CTR concluso nel senso della antieconomicità della condotta tenuta dalla società.

19. Il motivo è inammissibile in quanto, dietro lo schermo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della richiesta di rinnovato vaglio del merito, non conforme al dato processuale vigente che lo consente solo in caso di violazione del minimo costituzionale, il quale non ricorre nel caso di specie.

20. Con il terzo motivo di ciascun ricorso principale la contribuente, quanto ai maggiori ricavi per sottofatturazione dei compensi relativi ad alcune commesse infragruppo eseguite nel 2004 sulla base del valore normale – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 viene prospettato, sempre con riferimenti ai maggiori ricavi, la nullità della sentenza impugnata per aver omesse la CTR di pronunciarsi sulla specifica domanda di riduzione della ripresa a tassazione, in pretesa violazione del D.Lgs. n. 545 del 1992, art. 1 e art. 112 c.p.c..

21. Il motivo è inammissibile in carenza dell’autonoma apprezzabilità del riferimento contenuto nella narrativa dell’atto di appello incidentale secondo cui la ripresa andava quantomeno ridotta nel suo ammontare complessivo, non essendo questa qualificabile come domanda avanzata autonomamente in via subordinata, dal momento che non solo non è riportata nelle conclusioni, né e oggetto di autonoma numerazione, ma è parte dell’unitaria argomentazione di appello relativa alla complessiva ripresa sui maggiori ricavi, sulla quale la CTR si è complessivamente pronunciata confermando la ripresa nell’an e nel quantum di cui all’atto impositivo.

22. Con il primo motivo di ogni ricorso incidentale, relativo alla ripresa per costi non riconosciuti per accantonamenti di somme a titolo di patto di non concorrenza – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa predetta.

Con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente incidentale, sempre circa i costi non riconosciuti per accantonamenti di somme a titolo di patto di non concorrenza – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 70,73 e 75 TUIR (ante riforma 2004 oggi 105, 107 e 109) dal momento che il corrispettivo legato al patto di non concorrenza non è contemplato tra le voci deducibili né assimilabile ad esse, vigendo sul punto il principio di tassatività e numero chiuso.

Con il terzo motivo la ricorrente incidentale, con riferimento alla medesima questione del regime fiscale in capo alla società del compenso previsto dai patti di non concorrenza, propone anche censura motivazionale deducendo l’omessa motivazione su fatto decisivo della controversia.

23. E’ fondato il secondo motivo, assorbito il primo e il terzo, posto che il patto di non concorrenza, anche se e stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato, rimane autonomo da questo, sotto il profilo prettamente causale. Infatti, questa Corte ha già statuito nei confronti della contribuente (Cass. Sez. E. – 5, Ordinanza n. 26163 del 2013) con argomentazioni interamente condivise dal Collegio che il patto in questione è riconducibile ad un contratto oneroso a prestazioni corrispettive che implica corresponsione di un’indennità di natura non provvisionale il cui accantonamento fiscale non è previsto (e perciò è da ritenersi escluso) dal menzionato art. 75 del TUIR (rectius art. 70, commi 2-bis e 3) che consente la deducibilità dei soli accantonamenti rientranti tra quelli ivi espressamente previsti.

24. Con il quarto motivo di ciascun ricorso incidentale, relativo alla ripresa per Euro 68.447,47 di costi relativi a Management Fees (consulenze) non riaddebitati ad altre società del gruppo Laminacier controllate si prospetta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa predetta.

Con il quinto motivo l’Agenzia ricorrente incidentale, con riferimento alla medesima questione della tassazione del costo residuo per Euro 68.447,47, deduce anche l’omessa motivazione su fatto decisivo della controversia.

Con il sesto motivo in via incidentale circa la medesima ripresa – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 85 e 109 TUIR.

25. I motivi, connessi e relativi alla medesima ripresa, non possono trovare ingresso. Va in primo luogo escluso il vizio motivazionale, sia assoluto per motivazione apparente sia relativo, dovendosi escludere che la CTR abbia espresso una ratio decidendi incomprensibile, né la motivazione si colloca al di sotto del minimo costituzionale. Infatti, il giudice d’appello ha da un lato fatto richiamo alla decisione di prime cure com’era sua facoltà fare, e in modo non in modo immotivato avendo accertato che sin dal primo grado la società aveva offerto la prova liberatoria dimostrando il riaddebito delle spese corrispondenti ai costi. Dall’altro, la CTR ha affermato che in sede di appello è stato introdotto un diverso titolo di recupero, per carenza della documentazione.

Il sesto motivo è inammissibile per difetto di specificità in quanto non solo il motivo, che prospetta una violazione di legge, contiene pochi riferimenti alla decisione impugnata, ma neppure spiega nel corpo della censura in quale misura e in quali termini sarebbero stati violati gli artt. 85 e 109 TUIR con riferimento alla ripresa de quo.

26. Con il settimo motivo di ogni ricorso incidentale, relativo alla ripresa per calcolo del pro rata previsto dall’art. 97 TUIR con rideterminazione degli interessi passivi indeducibili per Euro 787.617,72 – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa.

Con l’ottavo motivo l’Agenzia ricorrente incidentale prospetta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 97 TUIR, per aver la società, nel calcolo del pro rata, tenuto conto del patrimonio netto contabile senza rettificarlo delle perdite riportate a nuovo.

Con il nono motivo la ricorrente incidentale, con riferimento alla medesima questione, deduce quale vizio motivazionale anche l’omessa motivazione su fatto decisivo della controversia.

27. Trova accoglimento il settimo motivo, assorbiti l’ottavo e il nono. Quanto all’apoditticità e incoerenza della motivazione va rammentato che “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232). Si rammenta inoltre che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv, in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto d’ “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053).

28. E’ certo possibile fare rinvio alla decisione di prime cure e alla giurisprudenza di merito ai fini della motivazione della sentenza, ma la sentenza d’appello non può ritenersi legittimamente resa “per relationem”, in assenza di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, così da risolversi in una acritica adesione ad un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 2397 del 03/02/2021).

E’ infatti necessario che il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019).

29. Nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnata si limita ad affermare che i giudici di primo grado hanno verificato la correttezza dei dati utilizzati per il calcolo del pro-rata, la corretta interpretazione della previsione normativa di cui all’art. 97 TUIR e che nessuna censura viene mossa a riguardo avverso la sentenza del giudice di prime cure.

Orbene, posto che pacificamente era stato interposto appello sul capo relativo alla sentenza del giudice di prime cure relativo al calcolo del pro rata, quella sopra riportata è all’evidenza una motivazione che non rispetta il minimo costituzionale perché non consente di individuare – senza integrarla – i fondamenti logici e argomentativi della decisione e permetta di superare l’impugnazione della decisione di primo grado circa il mancato conteggio nel patrimonio netto contabile della rettifica delle perdite riportate a nuovo, adottando formule tautologiche come la “verifica della correttezza dei dati” e la “corretta interpretazione normativa”.

30. Con il decimo motivo di ciascun ricorso incidentale, relativo alla ripresa per mancato riconoscimento di quote di ammortamento per cespiti il cui costo non è documentato per giustificazione ed inerenza – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa predetta.

31. Il motivo è infondato, dal momento che la ratio decidendi espressa dal giudice d’appello, secondo cui il libro cespiti è stato prodotto in giudizio, visionato ai fini della prova dei costi oggetto di ripresa e la mancanza delle fatture di acquisto risalenti ad oltre 10 anni prima non giustifica la ripresa delle quote di ammortamento dedotte nel conto economico del bilancio, soddisfa il minimo costituzionale in quanto logicamente argomentata e poggiante su di un accertamento in fatto ancorato al quadro istruttorio.

32. Con l’undicesimo motivo incidentale, relativo alla medesima ripresa di cui al precedente, – agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 22.

Il mezzo non è inammissibile come eccepito nel controricorso al ricorso incidentale perché specificamente censura la complessiva ratio decidendi sulla ripresa per costi per cespiti immobiliari privi di documentazione giustificativa e inerenza. Il motivo nondimeno non può trovare ingresso perché il giudice d’appello ha al riguardo compiuto un accertamento in fatto in merito alla circostanza della produzione in giudizio del libro cespiti e della sua verifica ai fini della corrispondenza dell’allegazione della contribuente e dell’inerenza dei costi, non revocabile in dubbio nel giudizio di legittimità nei termini proposti.

33. Con il dodicesimo motivo di ogni ricorso incidentale, in relazione al mancato riconoscimento di quote di ammortamento relative a spese di consulenza e costi di perizia, – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per aver la CTR omesso di esporre e motivare sulle ragioni in fatto e diritto del rigetto dell’appello dell’Agenzia sulla ripresa.

Con il tredicesimo motivo l’Agenzia, circa la medesima ripresa per spese di consulenza e relazione di stima ex art. 2343 c.c. per il conferimento da parte della società ver ficata di un ramo d’azienda nella controllata, – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, poiché la contribuente avrebbe eventualmente dovuto riaddebitare i costi alle società beneficiarie del conferimento in quanto il costo delle perizie è legato causalmente al conferimento d’azienda acquisito.

34. I motivi sono affetti da aspetti di inammissibilità e di infondatezza, in presenza di un preciso accertamento del giudice del merito, sia quanto al fatto che il conferimento è avvenuto in cambio di titoli e non gratuitamente, sia all’inerenza dei costi avuto riguardo per gli scopi dell’azienda e le sinergie derivanti da una migliore organizzazione infragruppo per effetto del conferimento d’azienda cui i costi di perizia accedono, cui la contribuente sterilmente ripropone la propria diversa prospettazione.

35. In conclusione, va accolto il primo motivo di ciascun ricorso principale ed i motivi secondo e settimo di ciascun incidentale, inammissibili i restanti motivi di ciascun ricorso principale e il sesto dei ricorsi incidentali, rigettati il quarto, quinto, decimo, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo motivo incidentale, assorbiti i restanti. Per l’effetto, le sentenze impugnate vanno cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite. In conseguenza della cassazione con rinvio anche il tema dello ius superveniens di cui alla L. n. 23 del 2014, art. 8, comma 1 ai fini delle sanzioni sarà esaminato dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte: riunisce al ricorso iscritto all’RGN. 5904/2013 i ricorsi iscritti agli RGNN. 5906/2013 e 5909/2013;

accoglie il primo motivo di ciascun ricorso principale ed i motivi secondo e settimo di ciascun ricorso incidentale, inammissibili i restanti motivi di ciascun ricorso principale ed il sesto di ciascun incidentale, rigettati il quarto, quinto, decimo, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo motivo di ciascun incidentale, assorbiti i restanti, cassa le sentenze impugnate con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio e non anche dall’Estensore, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 3, in quanto trasmesso per posta elettronica su supporto non modificabile.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472