LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 12794/2017 proposto da:
P.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Appia Nuova 251, presso lo studio dell’avvocato Maria Saracino, rappresentato e difeso dall’avvocato Fernando Franco Antonucci;
– ricorrente –
contro
INTESA SAN PAOLO SPA, elettivamente domiciliato in Roma, L.Go Di Torre Argentina 11, presso lo studio dell’avvocato Dario Martella, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Cirillo;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1093/2016 della Corte d’appello di Bari, depositata il 24/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/10/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.
RILEVATO
che:
– l’ingegnere P.F. impugna per cassazione la sentenza con cui la Corte d’appello di Bari ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento danni che egli aveva proposto con citazione del 1998 nei confronti dell’Istituto San Paolo di Torino s.p.a.;
– il P. assumeva di avere svolto sin dall’anno 1984 una serie ripetuta e indeterminata di stime di immobili urbani nell’ambito dell’attività di erogazione di mutui bancari;
– allegava l’attore che nel 1996 la banca aveva interrotto la collaborazione senza comunicare alcun recesso e che egli, nella consapevolezza di essere ancora vincolato nei confronti dell’istituto, ne era rimasto a disposizione rinunciando ad altri incarichi professionali;
– esponeva che nella condotta della banca era ravvisabile un inadempimento contrattuale con conseguente responsabilità risarcitoria che chiedeva accertarsi in Lire 120.000.000;
– si costituiva la banca che contestava la domanda eccependo che non era mai intervenuto alcun contratto unitario di opera professionale con il P. ma solo singoli contratti aventi ad oggetto l’incarico di stima, non potendosi pertanto configurare l’inadempienza ad un contratto di prestazione continuativa;
– la domanda veniva rigettata con sentenza non definitiva del tribunale di Foggia che aveva al contempo disposto la prosecuzione del processo per la determinazione delle voci di dare/avere in relazione al c/c del P. con l’istituto bancario;
– proponeva gravame il P. e la corte d’appello di Bari avanti alla quale si era costituita la banca eccependone la tardività, dichiarava l’inammissibilità dell’appello;
– impugnata per cassazione la statuizione della corte d’appello, la Suprema corte accoglieva il ricorso con annullamento della sentenza del giudice d’appello e rinvio al giudice del merito per la decisione sul gravame;
– la corte d’appello respingeva il gravame spiegando le ragioni per le quali non era ravvisabile nel rapporto fra il P. e la banca il presupposto sostanziale della parasubordinazione continuativa e coordinata prevista dall’art. 409 c.p.c., n. 3;
– la banca con la sentenza qui impugnata precisava altresì che non era chiaro il fondamento giuridico dell’allegata mancanza di libertà della banca di non conferire più incarichi di stima all’appellante così come dell’asserita obbligazione di risarcimento di danno conseguente alla scelta della stessa di non avvalersi più delle sue prestazioni professionali del P.;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal P. con ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste Intesa San Paolo s.p.a. con controricorso, pure illustrato da memoria.
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, la violazione dell’art. 10 c.p.c., per inosservanza del principio che la competenza si determina dalla domanda, per avere la corte d’appello fondato il suo convincimento sulla domanda dalla circostanza che il P. avesse adito il tribunale ordinario anziché il giudice del lavoro per l’accertamento dell’allegata parasubordinazione continuativa e coordinata;
– con il secondo motivo si deduce la violazione della L. n. 604 del 1966, art. 18, della L. n. 300 del 1970, come modificati dalla L. n. 108 del 1990, in relazione all’art. 2119 c.c., ed all’art. 409 c.p.c., n. 3, e l’inosservanza del principio del licenziamento per giusta causa da parte del datore di lavoro;
– nell’ambito dello stesso motivo viene pure denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti e cioè il considerevole numero di pratiche seguite dal P. nel corso degli anni dal 1984-1996 e pari a 978 suddivise in 80-90 l’anno, rilevante al fine della configurazione di un rapporto di collaborazione continuativa e coordinata ex art. 409 c.p.c., n. 3;
– con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., e l’inosservanza del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato per non avere la corte d’appello pronunciato in ordine alla richiesta di rimborso delle spese di locomozione e di pagamento degli interessi su tutte le prestazioni effettuate dal P. per conto della banca;
– così richiamati i motivi del ricorso, ritiene il collegio che il ricorso ponga questioni inerenti il rapporto di parasubordinazione rientrante nella competenza tabellare della Sezione lavoro e, pertanto, dispone rinvio a nuovo ruolo per la trasmissione del ricorso al Primo Presidente ai fini delle valutazioni di competenza in ordine all’eventuale assegnazione alla Sezione lavoro.
PQM
La Corte rinvia a nuovo ruolo per la trasmissione del ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alla Sezione lavoro in quanto il ricorso pone questioni di parasubordinazione rientranti nella competenza tabellare della Sezione lavoro.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022