LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3988/2021 proposto da:
ENGIM SICILIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato OTTAVIO BROCATO;
– ricorrente –
contro
ASSESSORATO DELL’ISTRUZIONE E DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DELLA REGIONE SICILIANA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 451/2020 del CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DELLA REGIONE SICILIA – PALERMO, depositata il 22/06/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/02/2022 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.
RILEVATO
Che:
1. con sentenza n. 451 del 2020, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha rigettato il ricorso per l’ottemperanza della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, n. 394 del 2018, svolto dall’Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo Sicilia (di seguito, in breve, ENGIM) per la mancata esecuzione della sentenza del medesimo Consiglio di Giustizia Amministrativa, n. 531 del 2019, alla quale aveva dato corso il Commissario ad acta all’uopo insediato con D.D.S. n. 7363 del 2019, adottato, dall’ente appellante, in violazione del giudicato;
2. in particolare, l’ente appellante contestava il calcolo degli interessi e la mancata e non corretta esecuzione della citata sentenza n. 531 del 2019 che, in sede di ottemperanza, aveva dichiarato l’obbligo dell’Amministrazione regionale ad adottare le necessarie determinazioni per la piena e conforme esecuzione al giudicato formatosi sul Decreto Ingiuntivo n. 496 del 2015, con il quale all’Amministrazione regionale era stato intimato il pagamento, oltre alla sorte capitale, degli interessi moratori, nella misura prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002, dalle scadenze prescritte del D.Lgs. n. 231 cit., art. 4, fino all’effettivo pagamento;
3. il Consiglio di giustizia amministrativa, con la sentenza ora impugnata, descritto il contenuto della pronuncia n. 531 del 2019 con la quale, delimitato l’ambito del giudizio alla corretta esegesi del giudicato formatosi sui decreto ingiuntivo, nei limiti dell’ottemperanza, e alla questione all’epoca controversa inerente all’eventuale spettanza degli interessi moratori disposti in sede monitoria, ha ripercorso l’operato del Commissario ad acta, nominato allo spirare infruttuoso del termine assegnato all’amministrazione e, pronunciandosi sulla sopraggiunta rinuncia dell’Ente agli interessi moratori, all’esito della quale il Commissario ad acta aveva provveduto al taglio della relativa somma, e sulla mancata esecuzione della predetta sentenza n. 531 in ragione della contestata individuazione dei crediti da liquidare a titolo di interessi moratori, ha rigettato le censure avverso il D.D.S. n. 7363 del 2019, adottato dal Commissario ad acta in ottemperanza a quanto espressamente indicato nella sentenza n. 531;
4. in particolare, quanto alla rinuncia agli interessi moratori, con efficacia subordinata, ad avviso dell’Ente, alla materiale emissione, da parte dell’Assessorato, di mandati diretti sul conto corrente intestato all’Ente e in favore dell’INPS, in termini prefissati, nella specie vanamente decorsi, il Consiglio di giustizia amministrativa ha ritenuto gli effetti della rinuncia lato sensu transattivi (onde garantire alle parti le rispettive utilità con l’emissione di mandati di pagamento diretti sul conto intestato a ENGIM e in favore dell’INPS) e le modalità di accredito ed effettiva disponibilità delle somme inerenti a condizioni contrattuali alle quali era estranea l’amministrazione regionale, non trascurata, infine, la circostanza che l’effettivo accredito della somma capitale sul conto corrente era comunque avvenuto in un arco temporale compreso nel termine massimo indicato nella rinuncia, computati i giorni lavorativi;
5. avverso tale sentenza l’Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo Sicilia (ENGIM SICILIA) ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, avverso il quale l’Assessorato dell’Istruzione della Formazione Professionale della Regione Sicilia non ha svolto attività difensiva;
6. il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
7. va premessa l’ammissibilità del ricorso al quale è incorporata procura recante refusi, quali la data in calce (il 12 gennaio 2020) apparentemente antecedente alla sentenza impugnata (pubblicata il 22 giugno 2020) e il riferimento, nel contesto, al conferimento del mandato defensionale ad impugnare sentenza n. 421 del 2020 del Consiglio di giustizia amministrativa;
8. quanto al numero della sentenza impugnata, risulta indicato correttamente il numero del gravame sul quale la decisione è intervenuta, estratto dal Ruolo generale del Consiglio di giustizia amministrativa, onde appare indubbia l’impugnazione della sentenza n. 451 del 2020 del Consiglio di giustizia amministrativa;
9. quanto al primo refuso rilevato, unito peraltro ad ulteriore indicazione pressoché coeva (del 19 gennaio 2020) in calce alla relata di notificazione del ricorso per cassazione, la notificazione, a mezzo posta elettronica certificata, ai sensi della L. n. 53 del 1994, ha avuto luogo in data 19 gennaio 2021, come si evince dalle ricevute di avvenuta consegna nella casella di destinazione, errore pur reiterato (con indicazione del 19 gennaio 2020) nell’attestazione di conformità L. n. 53 del 1994, ex art. 9, comma 1.bis (datata 5 febbraio 2021), del formato analogico e cartaceo del ricorso per cassazione all’atto notificato in formato digitale, attestazione di conformità datata 5 febbraio 2021;
10. come di recente affermato da Cass., Sez. Un., 19 novembre 2021, n. 35466, l’incorporazione della procura rilasciata, ex art. 83 c.p.c., comma 3, nell’atto d’impugnazione estende la data di quest’ultimo alla procura medesima, per cui si presume che quest’ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica dell’atto che la contiene e, pertanto, non rileva, ai fini della verifica della sussistenza o meno della procura, l’eventuale mancata riproduzione o segnalazione di essa nella copia notificata, essendo sufficiente, per l’ammissibilità del ricorso per cassazione, la presenza della procura nell’atto originale;
11. nella specie, dunque, al di là delle reiterate sviste, l’atto d’impugnazione è datato 19 gennaio 2021 e la data in calce indicata si estende alla procura che si presume rilasciata anteriormente alla notifica del ricorso per cassazione e con riferimento alla sentenza impugnata, per essere privi di significatività gli errori materiali indicati nel paragrafo che precede;
12. tanto premesso, la parte ricorrente, deducendo violazione dei limiti esterni della giurisdizione, carenza ed eccesso di potere giurisdizionale per radicale stravolgimento delle norme di rito, assume che la sentenza impugnata avrebbe stravolto l’assetto delle obbligazioni e posizioni discendenti dal giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo n. 496 del 2015 del Tribunale civile di Palermo, con riferimento alla debenza anche degli interessi, nella misura prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002 e dalle scadenze di cui al D.Lgs. n. 231 cit., art. 4, fino all’effettivo pagamento, come già riconosciuto con sentenza del T.A.R. Palermo n. 332 del 2017 e confermato con sentenza n. 531 del 2019 del Consiglio di giustizia amministrativa, eccedendo dall’ambito della giurisdizione per avere inciso sul giudicato civile, anziché rimediare all’inerzia dell’amministrazione, adottando statuizioni limitative del bene definitivamente riconosciuto, in sede civile e con successive pronunce dei giudici amministrativi che, sulla questione controversa, avevano consumato la potestas judicandi riconoscendo utilità ingiustamente ridimensionate nel giudizio di ottemperanza, e in sede di esecuzione, sulla base di una decisione abnorme, viziata da carenza giurisdizionale e tale da ridondare in denegata giustizia;
13. il ricorso è inammissibile, come da ultimo ribadito dalle decisioni coeve di queste Sezioni Unite della Corte del 17 gennaio 2022, nn. 1227, 1228, 1229, 1230, 1255, 1256, 1257, 1258, 1259, 1261, 1262, 1264, 1265, 1266, 1267, delle quali si riproducono, di seguito, i salienti passaggi argomentativi;
14. ai sensi dell’art. 112 cod. proc. amm., l’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione del giudicato derivante da una pronuncia del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarvisi;
15. a tale disposizione, di risalente tradizione, è oggi sottesa l’esigenza di garanzia e di effettività della tutela;
16. l’ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo per l’attuazione delle sentenze del giudice ordinario – la cui origine è legata alla necessità di non lasciare sprovvista di tutela la situazione di diritto soggettivo, esposta nella sede esecutiva ai limiti derivanti dalla divisione dei poteri e dall’impossibilità, per il giudice, di incidere direttamente sull’organizzazione e sull’attività amministrativa deve conformarsi alle predette esigenze di garanzia ed effettività della tutela;
17. l’attuazione della pronuncia del giudice ordinario nei confronti della P.A. si realizza con il ricorso a tutti i mezzi offerti dal sistema delle garanzie nel suo complesso;
18. il giudizio di ottemperanza, disciplinato dal codice del processo amministrativo, e il procedimento di esecuzione forzata, regolato dal codice di procedura civile, costituiscono gli strumenti processuali offerti dal legislatore per assicurare effettività e pienezza alle pronunce del giudice ordinario;
19. il giudizio di ottemperanza per ottenere l’esecuzione di una sentenza di condanna emessa dal giudice ordinario consente al creditore di avvalersi, per la soddisfazione del suo diritto, di un sistema improntato sui poteri sostitutivi riconosciuti al giudice amministrativo e, per il suo tramite, al commissario ad acta;
20. al giudice amministrativo dell’ottemperanza è attribuito, infatti, il potere di ingerirsi nel merito dell’attività amministrativa e di porre in essere, in luogo dell’amministrazione, direttamente o tramite un commissario ad acta, tutti gli adempimenti e gli atti necessari per soddisfare le pretese della parte privata consacrate nel titolo;
21. il giudizio di ottemperanza per le decisioni del giudice ordinario è caratterizzato dalla carenza di giurisdizione del giudice amministrativo sulla materia sottostante al giudicato azionato;
22. l’ottemperanza si presenta con caratteristiche diverse a seconda che riguardi una sentenza del giudice ordinario al pagamento di una somma di danaro o una sentenza di annullamento del giudice amministrativo che comporta la necessità di reiterare l’esercizio del potere secondo dei vincoli conformativi dettati dalla sentenza di cognizione;
23. nel primo caso il giudizio di ottemperanza assume natura e caratteristiche per lo più di semplice giudizio esecutivo;
24. nell’altro, tende a conseguire un’attività provvedimentale dell’amministrazione ed anche effetti ulteriori e diversi rispetto al provvedimento originario oggetto di impugnazione;
25. più in generale, ove l’ottemperanza concerna l’attuazione di una sentenza del giudice amministrativo, il giudice dell’ottemperanza ha il potere di integrare il giudicato, nel quadro degli ampi poteri, tipici della giurisdizione estesa al merito (e idonei a giustificare anche l’emanazione di provvedimenti discrezionali), che in tal caso egli può esercitare ai fini dell’adeguamento della situazione al comando rimasto inevaso;
26. nel giudizio di ottemperanza il giudice amministrativo può quindi adottare una statuizione analoga a quella che potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione, risolvendo eventuali problemi interpretativi che sarebbero comunque devoluti alla propria giurisdizione;
27. il giudice dell’ottemperanza non può esercitare analoghi poteri d’integrazione allorché la sentenza da eseguire sia stata adottata dal giudice ordinario;
28. chiamato a dare esecuzione al giudicato civile, il giudice dell’ottemperanza svolge una funzione attuativa della concreta statuizione giudiziale adottata dal giudice ordinario e non può alterarne il precetto, limitandone o ampliandone la portata effettuale in violazione dell’art. 2909 c.c.;
29. in generale, la decisione di rigetto della domanda proposta per ottenere l’ottemperanza di un giudicato non è sindacabile dalla Corte di cassazione per motivi inerenti all’interpretazione del giudicato e delle norme oggetto di quel giudizio: gli errori nei quali il giudice amministrativo sia eventualmente incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa (Cass., Sez. Un., 26 dicembre 2016, n. 26274; Cass., Sez. Un., 8 febbraio 2021, n. 2909);
30. nel distinguere le fattispecie, nelle quali il sindacato della Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza è consentito, da quelle nelle quali tale sindacato è da ritenere inammissibile, è decisivo stabilire se oggetto del ricorso sia il modo con cui il potere di ottemperanza viene esercitato (limiti interni della giurisdizione) oppure se venga posta in discussione la possibilità stessa, in una determinata situazione, di fare ricorso al giudizio di ottemperanza (limiti esterni);
31. dalla distinzione dianzi premessa consegue che, ove le censure mosse alla decisione del Consiglio di Stato riguardino l’interpretazione del giudicato, l’accertamento del comportamento tenuto dalla P.A. e la valutazione di conformità di tale comportamento rispetto a quello che essa avrebbe dovuto tenere, gli errori nei quali il giudice amministrativo può eventualmente essere incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione (Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2013, n. 4852; Cass., Sez. Un., 30 maggio 2018, n. 13699; Cass., Sez. Un., 26 maggio 2020, n. 9773);
32. afferiscono ai menzionati limiti interni della giurisdizione gli eventuali errori imputati al giudice amministrativo nell’individuazione degli effetti conformativi del giudicato medesimo, nella ricostruzione della successiva attività dell’amministrazione e nella valutazione di non conformità (Cass., Sez. Un., 17 settembre 2021, n. 25165);
33. il potere interpretativo del giudicato da eseguire, insito nella struttura stessa del giudizio di ottemperanza in quanto giudizio di esecuzione, allorché attenga ad un giudicato formatosi davanti ad un giudice diverso da quello amministrativo, non può che esercitarsi sulla base di elementi interni al giudicato da ottemperare e non su elementi esterni, la cui valutazione rientra in ogni caso nella giurisdizione propria del giudice che ha emesso la sentenza;
34. ove il Consiglio di Stato, in sede di ottemperanza di una sentenza definitiva del giudice ordinario, effettui un sindacato integrativo, con una pronuncia sostanzialmente autoesecutiva, ciò si traduce in un eccesso di potere giurisdizionale sindacabile ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, quale esorbitanza dai limiti esterni che segnano l’ambito della sua giurisdizione (Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2011, n. 28812; Cass., Sez. Un., 14 dicembre 2016, n. 25625);
35. in tema di ottemperanza al giudicato formatosi sull’ingiunzione di pagamento emessa dal giudice ordinario nei confronti di un Comune, si è riconosciuto che non incorre in eccesso di potere giurisdizionale il giudice amministrativo che, nel dare esecuzione a quel titolo, ne subordini il pagamento alla presentazione del documento unico di regolarità contributiva (DURC) ad opera del creditore;
36. si tratta infatti di certificazione che, attestando la regolarità contributiva di quest’ultimo, temporalmente fissata proprio al momento del menzionato pagamento, non incide sull’esistenza o sull’entità del credito e non integra il giudicato sul decreto ingiuntivo con elementi estranei ad esso, ma conferma, piuttosto, un obbligo di legge – congruente con la fase del giudizio di esecuzione, quale è quello di ottemperanza – previsto anche per l’adempimento dell’obbligazione da parte dell’ente pubblico, cui è imposto di sanare l’irregolarità contributiva nei confronti degli enti previdenziali ed assicurativi utilizzando le somme spettanti al creditore (Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2017, n. 4092);
37. si è pertanto già escluso che la considerazione da parte del giudice amministrativo di un elemento rimasto estraneo al giudicato abbia comportato un’attività integrativa del giudicato medesimo e, con ciò, che nel caso di specie potessero ritenersi superati i limiti esterni della giurisdizione amministrativa;
38. preme poi sottolineare che il ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato può essere proposto soltanto per motivi inerenti alla giurisdizione (art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c. e art. 110 cod. proc. amm.);
39. come già ribadito da queste Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 25 novembre 2021, n. 36594), l’eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione (che si verifica quando il giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale) o di difetto relativo di giurisdizione (riscontrabile quando detto giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici);
40. del resto, la nozione di eccesso di potere giurisdizionale non ammette letture estensive, neanche limitatamente ai casi di sentenze abnormi, anomale ovvero caratterizzate da uno stravolgimento radicale delle norme di riferimento, e il relativo vizio non è configurabile in relazione a denunciate violazioni di legge sostanziale o processuale riguardanti il modo di esercizio della giurisdizione speciale (Cass., Sez. Un., 4 dicembre 2020, n. 27770);
41. discende da tali premesse che, nella specie, non è configurabile il denunciato eccesso di potere giurisdizionale per superamento dei limiti esterni della giurisdizione;
42. con la sentenza impugnata, di conferma della pronuncia di primo grado del TAR e tenuto conto dello scrutinio già svolto dal CGA nel giudizio di ottemperanza definito con sentenza n. 531 del 2019, il Consiglio di Giustizia non ha in alcun modo inciso sull’intangibilità del giudicato civile formatosi sulla debenza degli interessi moratori sulla somma da esso portata, nei modi e termini previsti dal provvedimento monitorio;
43. il ricorso di ottemperanza è stato accolto dal giudice amministrativo, il quale ha nominato un commissario ad acta per l’esecuzione;
44. non è stato attribuito al giudicato un contenuto precettivo diverso da quello risultante dal titolo;
45. il diritto come riconosciuto dal giudicato del giudice ordinario non è stato negato;
46. il giudice amministrativo non ha regolato un nuovo rapporto tra le parti la cui cognizione è assegnata ad altra giurisdizione e non ha pronunciato su una controdomanda né ha esercitato una cognizione diretta a risolvere questioni o controversie devolute alla giurisdizione del giudice ordinario;
47. il giudice dell’ottemperanza non ha proceduto ad accertare il diritto oltre il decisum (ed in contrasto con lo stesso), non ha deciso una questione o una controversia devoluta ad altro giudice né ha integrato la motivazione (o il dispositivo) del giudicato;
48. senza incorrere in alcuna manipolazione di quel decisum o in una limitazione della portata dello stesso, il giudice dell’ottemperanza ha considerato, nel prescrivere le modalità dell’esecuzione, la rilevanza di circostanze sopravvenute alla pronuncia del provvedimento giurisdizionale costituente titolo esecutivo, potenzialmente suscettibili di escludere la persistenza di una situazione debitoria in capo all’Amministrazione;
49. il giudice dell’ottemperanza ha, infatti, dato rilievo alla parziale rinuncia formulata, in termini generali, dall’Ente, agli interessi maturati sulla sorte capitale rispettivamente di Euro 476.000,00 e 612.000,00 subordinatamente alla mancata proposizione dell’opposizione al decreto ingiuntivo n. 496 del 2015 e alla materiale emissione, da parte dell’Assessorato competente, dei mandati diretti sul conto corrente intestato all’Ente e in favore dell’INPS, oltre al conseguente accredito sugli stessi, nel termine massimo di giorni 20 dalla ricezione della rinuncia, a pena di inefficacia della rinuncia agli interessi;
50. il giudice dell’ottemperanza, senza esulare dalla funzione esecutiva che l’ordinamento gli assegna, ha interpretato la sopravvenuta rinuncia e, per il tramite del commissario ad acta, ha stabilito le modalità dell’esecuzione adottando quelle ritenute giustificate in base alle circostanze e congruenti con la fase processuale;
51. in questa prospettiva, il Consiglio di Giustizia ha respinto il reclamo e ritenuta corretta l’esecuzione della sentenza del CGA n. 531 del 2019 per avere la rinuncia, con effetti lato sensu transattiva, garantito alle parti le rispettive utilità;
52. le modalità esecutive reputate corrette dal CGA sono state attinte da denuncia di eccesso di potere giurisdizionale di ottemperanza risoltosi in denegata giustizia ma trattasi, invero, di doglianza che, nel complesso, concerne le modalità dell’esecuzione e quindi un aspetto attinente al modo di esercizio del potere giurisdizionale del giudice dell’ottemperanza ed investe, pertanto, i limiti interni della giurisdizione amministrativa;
53. in altri termini, il giudice amministrativo non ha risolto una controversia travalicando li perimetro dell’ottemperanza ma si è limitato a prendere atto di una sopravvenienza (la rinuncia con effetti lato sensu transattivi fra l’amministrazione debitrice e l’Ente creditore), stabilendo, nell’individuazione delle modalità dell’esecuzione, i congruenti adattamenti;
54. il giudice amministrativo, in definitiva, ha individuato le modalità di esecuzione del giudicato e l’ipotizzato errore nel delineare l’ambito di estensione della rinuncia sopravvenuta integra, al più, un vizio in iudicando o in procedendo attinente al modo di esercizio del potere giurisdizionale conferito al giudice speciale, ma non ridonda in vizio inerente alla giurisdizione e non può pertanto essere censurato con il ricorso per cassazione;
55. non si provvede alla regolazione delle spese per non avere la parte intimata svolto attività difensiva;
56. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022