LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20241-2020 proposto da:
R.F. e R.G., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA G. PALUMBO n. 3, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RONCHIETTO, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO MAGLIONE;
– ricorrenti –
contro
M.G., rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE VELOTTI e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1741/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/02/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
M.G. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1240/2011, emesso dal Tribunale di Nola in favore di R.A.M., in virtù del quale gli era stato ingiunto di pagare all’opposto la somma di Euro 15.928,60 a titolo di compenso per l’attività professionale prestata da quest’ultimo.
Con sentenza n. 3030/2016, resa nella resistenza del creditore opposto, il Tribunale rigettava l’opposizione.
Interponeva appello avverso detta decisione il M. e la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, n. 1741/2020, resa nella resistenza delle eredi del R.A.M., nel frattempo deceduto, accoglieva in parte il gravame, riducendo la somma dovuta dal M. e compensando per intero le spese del doppio grado di giudizio.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione R.F. e R.G., affidandosi a due motivi.
M.G., intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale le ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C..
INAMMISSIBILITA’ del ricorso.
L’avv. R. ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo per il pagamento di alcuni compensi relativi all’assistenza professionale prestata in favore di M.G. nell’ambito di un contenzioso civile. L’opposizione proposta dal predetto M. è stata rigettata dal Tribunale di Nola. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Napoli ha parzialmente accolto l’appello proposto dal M., condannandolo al pagamento di somma inferiore a quella indicata nel decreto ingiuntivo originariamente emesso.
Il ricorso, proposto dalle eredi dell’avv. R., si articola in due motivi.
Il primo motivo riguarda l’erronea applicazione, da parte del giudice di merito, del criterio del decisum in luogo di quello del disputatum, con conseguente applicazione di uno scaglione di tariffa inferiore. La censura è inammissibile in forza del principio per cui, in caso di accoglimento solo in parte della domanda, ovvero di parziale accoglimento dell’impugnazione, il giudice deve – di regola -considerare il contenuto effettivo della sua decisione, applicando il criterio del “decisum” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 19014 del 11/09/2007, Rv. 598765). Va inoltre ribadito che “Nei rapporti tra avvocato e cliente sussiste sempre la possibilità di concreto adeguamento degli onorari al valore effettivo e sostanziale della controversia, ove sia ravvisabile una manifesta sproporzione rispetto a quello derivante dall’applicazione delle norme del codice di rito. Pertanto, il giudice deve verificare, di volta in volta, l’attività difensiva che il legale ha svolto, tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l’importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato all’effettivo valore della controversia, perché, in tale ultima eventualità, il compenso preteso alla stregua della relativa tariffa non può essere ritenuto corrispettivo della prestazione espletata” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18507 del 12/07/2018, Rv. 649591). Il relativo accertamento si risolve in un giudizio di merito, non soggetto, se adeguatamente motivato, al sindacato di questa Corte. Nel caso di specie, la Corte di Appello ha richiamato da un lato la circostanza che il cliente avesse ottenuto, all’esito del giudizio, il riconoscimento di una somma assai contenuta, e dall’altro lato il fatto che, che anche a fronte della linea difensiva seguita dal M. nel giudizio in cui questi era stato patrocinato dall’avv. R., l’opera professionale di quest’ultimo “era rimasta circoscritta ad una ben delimitata difesa” (cfr. pagg. 5 e ss. della sentenza impugnata).
Il secondo motivo, concernente la compensazione delle spese disposta dal giudice di merito, è inammissibile, in quanto esso la Corte di Appello ha applicato il principio della reciproca soccombenza”.
Il Collegio condivide la proposta del Relatore, osservando che il giudice di merito ha determinato il compenso spettante, in concreto, al dante causa delle odierne ricorrenti sulla base di un apprezzamento di fatto, incensurabile in questa sede, del contenuto della prestazione professionale che in concreto era stata resa dall’avv. R. in favore del proprio cliente M.. Nell’ambito di tale disamina, la Corte di merito ha determinato l’importo del compenso applicando lo scaglione di valore relativo al decisum, ritenendo tale applicazione giustificata “sia in relazione alla domanda originaria che alla decisione in concreto adottata… poiché l’opera professionale prestata dall’avv. R. è rimasta circoscritta ad una ben delineata difesa, in quanto il M. riconobbe l’esistenza dei vizi, negando tuttavia di essersi assunto l’impegno di eliminarli. L’ulteriore domanda di risarcimento danni, attesa la genericità della formulazione, non è mai entrata nel thema decidendum. Pertanto la difesa approntata dall’avv. M. (recte: dall’avv. R.) si è incentrata unicamente in ragione della domanda di eliminazione dei vizi ed in relazione a questa, nei termini in cui è stata accolta, vista l’enorme sproporzione rispetto alla domanda, ad avviso della Corte, va parametrato l’onorario del difensore”(cfr. pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata). Con tale affermazione, la Corte distrettuale ha ricostruito il reale valore della controversia, sulla base del quale ha poi liquidato il compenso spettante all’avv. R., applicando il corrispondente scaglione della tariffa professionale in vigore.
La memoria depositata dalla parte ricorrente in prossimità dell’adunanza camerale non offre argomenti ulteriori rispetto ai motivi di ricorso, essendo meramente riproduttiva di questi ultimi.
Le ricorrenti, infatti, insistono nell’affermazione secondo cui non sarebbe corretta l’applicazione dello scaglione del decisum, anche perché l’incarico a suo tempo conferito al loro dante causa era poi stato revocato nel corso del giudizio, per cui l’esito di quest’ultimo non poteva considerarsi significativo ai fini dell’apprezzamento dell’opera professionale oggetto di causa. Le ricorrenti, tuttavia, non considerano che la Corte di merito non ha individuato lo scaglione applicabile in relazione al decisum soltanto tenendo conto dell’esito complessivo della lite, ma anche sulla base del rilievo che la difesa approntata dal R. in favore del M. si era, di fatto, limitata alla sola contestazione dell’esistenza di un impegno ad eliminare i vizi dell’opera commissionata al M.; questione, quest’ultima, il cui valore, secondo l’apprezzamento in fatto operato dal giudice di merito, rientrava nello stesso scaglione riferito al decisum. Tale ratio, non attinta dai motivi, né considerata dalla memoria, è di per sé sola sufficiente a giustificare la decisione assunta, in punto di fatto, dalla Corte territoriale.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile, in coerenza con la proposta del relatore.
Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.
Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 11 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022