Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.5682 del 21/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. GARRI Fabriazia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6201-2020 proposto da:

G.P.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANIA RUSSO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Milano, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 5142/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/12/2019 R.G.N. 1495/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/01/2022 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 23 dicembre 2019, la Corte d’appello di Milano, pur accogliendo il gravame di G.P.G., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del Tribunale che aveva dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso la decisione della Commissione Territoriale per tardività, ne rigettava le domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. preliminarmente ritenuta la tempestività del ricorso, proposto il primo giorno successivo a quello festivo di scadenza del termine, nel merito, essa escludeva la credibilità del richiedente, per genericità e implausibilità della vicenda raccontata (avendo egli riferito di essere di religione cristiana e di avere vissuto nel villaggio di Amai Umubu, nel Delta State, dove aveva lavorato come contadino; di esserne fuggito per essere stato prescelto alla morte del re del villaggio per essere, insieme con altri due ragazzi, sacrificato alla divinità locale; di aver così abbandonato la Nigeria il 12 marzo 2015, raggiungendo la Libia dove era rimasto cinque mesi per approdare quindi in Italia);

3. dalla non credibilità del racconto la Corte territoriale traeva l’inesistenza dei presupposti di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b), escludendo pure, in base alle notizie sulla condizione socio-politica del Delta del Niger, di provenienza dello straniero, una situazione di violenza indiscriminata dipendente da conflitto armato interno, rilevante ai sensi dell’art. 14, lett. c) D.Lgs. n. cit. (in particolare: Easo curriculum for members of Courts and Tribunals – gennaio 2015);

4. infine, essa escludeva pure la concessione della protezione umanitaria, in difetto di una condizione soggettiva di specifica vulnerabilità, né di un significativo inserimento socio-lavorativo in Italia, per lo svolgimento dal richiedente di soli tirocini formativi, attività di istruzione, lavorative o di volontariato, consentite dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 22 in funzione di una vita attiva dello straniero in pendenza della procedura di riconoscimento;

5. con atto notificato il 21 gennaio 2020, lo straniero ricorreva per cassazione con due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

CHE:

1. in via preliminare, deve essere dichiarata la giuridica inesistenza della procura speciale rilasciata al difensore (nella specie affoliata al ricorso, recante in epigrafe: “giusta procura alle liti in calce al presente atto”), per la dichiarazione dello straniero, in “riferimento all’instaurando procedimento, volto all’ottenimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ovvero… umanitaria”, di conferimento altresì del”la facoltà di proporre ogni tipo di impugnazione e istanza disciplinata dalle leggi vigenti in materia di immigrazione”;

2. alla suddetta conclusione si perviene d’ufficio in quanto l’art. 83 c.p.c. configura come un obbligo del giudice quello della verifica dell’effettiva estensione della procura rilasciata – principalmente a garanzia della stessa parte, affinché la medesima non risulti esposta al rischio del coinvolgimento in una controversia diversa da quella voluta, per effetto dell’autonoma iniziativa del proprio difensore – per l’assorbente rilievo secondo cui la suindicata formulazione della procura fa sì che essa non risulti riferibile al ricorso, cui pur materialmente accede senza tuttavia risultare incorporata con esso e quindi alla controversia in relazione alla quale il mandato è stato conferito dal ricorrente (in difetto di alcun riferimento alla sentenza impugnata né al ricorso avverso di essa), non essendo tale vizio sanabile per effetto della sottoscrizione del ricorrente stesso apposta in calce alla procura speciale (vedi, per tutte: Cass. 7 giugno 2003, n. 9173);

3. la mancata riferibilità della procura alla causa in esame ne determina l’inesistenza con conseguente inammissibilità del ricorso, senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese;

4. si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto, il cui versamento va posto a carico del difensore dandosi seguito ad un consolidato orientamento di questa Corte in materia di procura inesistente (vedi, per tutte: Cass. SU 10 maggio 2006, n. 10706 e successive conformi).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del difensore del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022

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