Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.5708 del 22/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8375/2014 R.G. proposto da:

LATTERIA AGRICOLA VENERA VECCHIA società agricola cooperativa a.r.l., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Amedeo GRASSOTTI, Rita GRADARA, con domicilio eletto nello studio di quest’ultima in Roma Largo Somalia 67;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GONZAGA, in persona del suo Sindaco pro tempore;

– intimato –

Nel procedimento n. 8375/2014 avverso la sentenza n. 273/13 emessa dalla CTR della LOMBARDIA e depositata in data 7 ottobre 2013;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 18/01/2022 dal Consigliere Rita Russo;

sentito il Procuratore generale che conclude per l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

La Latteria agricola ha opposto gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Gonzaga per l’ICI degli anni di imposta 2007, 2008, 2009 rilevando che i propri fabbricati sono strumentali alla attività della cooperativa, di lavorazione e trasformazione del latte e allevamento di suini, in quanto accatastati nella categoria D/10.

Il ricorso è stato accolto in primo grado. Il Comune ha presentato appello, che è stato accolto sul rilevo che sebbene la parte avesse presentato nel 2011 ai sensi del D.L. n. 70 del 2011, domanda di variazione, con effetto retroattivo quinquennale, della categoria catastale per l’attribuzione della categoria A/6 all’immobile ad uso abitativo e della categoria D/10 gli immobili ad uso strumentale, l’Agenzia del territorio non ha variato la classificazione dell’immobile e la presentazione della domanda di variazione -protocollata in data ***** – non costituisce una variazione automatica della categoria catastale.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente affidandosi a quattro motivi. Il Comune, non tempestivamente costituto, ha presentato istanza di partecipazione alla eventuale discussione orale.

Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta concludendo per l’accoglimento del ricorso. La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 18 gennaio 2022.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis e ter. La parte deduce che il citato art. 7, prevede la possibilità di presentare una domanda per l’accatastamento retroattivo, allegando un’autocertificazione nella quale il richiedente dichiara che l’immobile possiede in via continuativa dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda i requisiti di ruralità. Deduce che essa ricorrente ha effettivamente presentato tale domanda osservando che gli immobili erano stati già accatastati in categoria D/10 sin dagli anni 2009/2010 e che la domanda mirava soltanto a rendere detta classificazione retroattiva. Deduce altresì che la visura catastale allegata in atti conferma le sue ragioni e cioè che gli immobili erano stati effettivamente accatastati in D/10; ha errato quindi la CTR ad escludere l’avvenuto classamento degli immobili nella categoria D/10 e così facendo ha pure erroneamente escluso la efficacia retroattiva della loro ruralità, senza peraltro accorgersi che la visura depositata dal Comune era smentita da quelle prodotte dal contribuente. Osserva infine che è erroneo il richiamo in sentenza alla abrogazione del citato art. 7, ad opera del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14, poiché detta abrogazione decorre dal 1 gennaio 2012.

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione falsa applicazione dello jus superveniens cioè del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 5 ter, che prevede l’efficacia retroattiva quinquennale del riconoscimento della ruralità degli immobili a seguito delle domande di variazione catastale presentate ai sensi del citato art. 7. La norma interpretativa conferma la retroattività delle variazioni catastali nei cinque anni antecedenti alla domanda di variazione e va applicata nel caso in esame in quanto si sono verificati tutti gli elementi previsti dal citato art. 7.

Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., per omessa pronuncia e mancato apprezzamento dell’avvenuto inserimento nella categoria rurale degli immobili della ricorrente. La parte deduce che ha errato il giudice d’appello a ritenere non produttiva di effetti la domanda di variazione catastale sensi del citato art. 7, perché l’Agenzia aveva effettuato tale variazione catastale e non si è pronunciata sulle visure storiche allegate dalla Latteria ai nn. 10-11 dei suoi ricorsi e qui nuovamente allegate nn. 14 e 15; dai documenti allegati risulta che gli immobili erano già stati inseriti dall’Agenzia del territorio nelle categorie rurali negli anni 2009 -2010.

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti con riferimento alle risultanze catastali citate al motivo che precede.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.

Il D.L n. 70 del 2011, art. 7, commi 2 bis e ter, testualmente prevedono che: ” Ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare all’Agenzia del territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione all’immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale. Alla domanda, da presentare entro il *****, deve essere allegata un’autocertificazione ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale il richiedente dichiara che l’immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell’immobile necessari ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, citato art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni.

2-ter. Entro il 20 novembre 2011, l’Agenzia del territorio, previa verifica dell’esistenza dei requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, convalida la certificazione di cui al presente art., comma 2-bis, e riconosce l’attribuzione della categoria catastale richiesta. Qualora entro il termine di cui al periodo precedente l’amministrazione finanziaria non si sia pronunciata, il contribuente può assumere, in via provvisoria per ulteriori dodici mesi, l’avvenuta attribuzione della categoria catastale richiesta. Qualora tale attribuzione sia negata dall’amministrazione finanziaria entro il *****, con provvedimento motivato, il richiedente è tenuto al pagamento delle imposte non versate, degli interessi e delle sanzioni determinate in misura raddoppiata rispetto a quelle previste dalla normativa vigente”.

Come si rende evidente dal testo della norma si tratta di una “domanda di variazione della categoria catastale”, al fine di far attribuire agli immobili la categoria A/6 o D/10, domanda che, ove positivamente vagliata, ha effetti retroattivi; la norma non contempla invece gli immobili la cui categoria catastale è stata già variata con l’attribuzione, -in data antecedente alla domanda presentata ai sensi del citato art. 7 – di una delle predette categorie.

Inoltre, il giudice d’appello ha correttamente ritenuto che non vi è effetto automatico di riconoscimento della ruralità solo per la presentazione della domanda di variazione. La norma in esame, comma 2, prevede infatti che l’Agenzia debba verificare l’esistenza dei requisiti di ruralità dopo la presentazione della domanda e non che la parte possa giovarsi della precedente variazione catastale attribuita a far data da anno diverso da quelli per i quali si invoca l’esenzione.

Ed invero anche il D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter, prevede che gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità, si producano non già dalla sola presentazione della domanda, ma dalla domanda e dall’inserimento dell’annotazione negli atti catastali. In tal senso anche la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale ai fini del trattamento esonerativo non è sufficiente la mera presentazione dell’autocertificazione, se il relativo procedimento non si sia concluso con la relativa annotazione in atti, atteso che, come sottolineato dalla Corte costituzionale (ord. n. 115 del 2015), il quadro normativo, ivi comprese le disposizioni regolamentari di cui al D.M. 26 luglio 2012, porta ad escludere l’automaticità del riconoscimento della ruralità per effetto della mera autocertificazione (Cass. 26617 del 09/11/2017; Cass. n. 3226 del 10/02/2021).

Non può quindi dirsi che si siano verificati tutti gli elementi previsti dall’art. 7 perché la parte non ha presentato una domanda di variazione catastale ma solo di attribuzione con efficacia retroattiva di una categoria (D/10) già attribuita all’immobile nel 2009/2010 ed in ogni caso non è sufficiente presentare la domanda perché si abbia l’effetto retroattivo del classamento.

Quanto all’errore che avrebbe fatto il giudice d’appello nel non valutare i documenti allegati dalla parte, censura proposta sia come violazione di legge che come nullità della sentenza, si tratta di una censura inammissibile perché i documenti di variazione catastale non sono trascritti in ricorso; in ogni caso la parte travisa il senso della sentenza impugnata, poiché la CTR non intende negare che negli anni 2009-2010 vi sia stata una variazione catastale ordinaria, ma piuttosto afferma che la domanda presentata ai sensi del citato art. 7, non ha l’effetto automatico dell’attribuzione della classificazione (retroattiva). E’ invece astrattamente corretta l’osservazione che, ai sensi del D.L. n. 201 del 2011, art. 13 comma 14, la disposizione abrogatrice del citato art. 7, decorre dal primo gennaio 2012, dunque da epoca successiva alla notifica dell’atto impositivo, in data del 18 marzo 2011; tuttavia si tratta soltanto di un argomento speso ad abundantiam dal giudice d’appello, e pertanto la censura è sotto tale profilo inammissibile, perché la ragione principale del rigetto è la ritenuta non automaticità della variazione.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Nulla sulle spese in difetto di regolare costituzione da parte del Comune.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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