Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.5729 del 22/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14537/2016 proposto da:

M.A., M.I., M.M., D.D.M.A., DEC. E PER LEI GLI EREDI, elettivamente domiciliati in Roma, Via Archimede 122, presso lo studio dell’avv. Fabio Micali, che li rappresenta e difende unitamente all’avv. Marzia Callegaro;

– ricorrenti –

contro

D.D.G.G., DEC. E PER LEI GLI EREDI, S.F., S.M.C., S.G., SE.GI., elettivamente domiciliati in Roma, Via Vodice 7, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE MARIA PAPPALARDO, rappresentati e difesi dall’avvocato ENRICO CALABRESE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 307/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 24/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2021 dalla Consigliera Dott. ANNAMARIA CASADONTE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso con particolare riferimento al primo e secondo motivo di doglianza;

udita l’avv. Marzia Callegaro per i ricorrenti che ha concluso come in atti e l’avv. Enrico Calabrese per gli eredi di Di.Di.Ga.

che ha concluso come in atti.

FATTI DI CAUSA

1. La sig.ra D.D.M.A. ha chiesto lo scioglimento della comunione ereditaria nei confronti di Di.Di.Ga., previa collazione per imputazione di due immobili nonché delle spese sostenute dalla de cuius, S.M., madre delle parti in causa, per l’istruzione professionale della coerede Di.Di.Ga., la quale in via riconvenzionale formulava domanda di restituzione della metà delle spese funerarie sostenute per la madre.

2. L’adito Tribunale di Catania, sezione distaccata di Mascalucia, rigettava sia la domanda di collazione che quella riconvenzionale.

3. Con riguardo alla domanda di collazione per imputazione, il tribunale osservava che la revoca del testamento pubblico del 22 agosto 1985 da parte del successivo testamento olografo del 20 gennaio 1986, registrato nel 2006, doveva estendersi e comprendere tutte le disposizioni contenute nel primo testamento, sicché nessun effetto dispositivo conseguiva a quel testamento e, dunque, nessun bene, mobile o immobile, andava in collazione perché anche le citate dazioni di danaro, per l’acquisto dei beni immobili e per l’istruzione di Gaetana dovevano considerarsi insussistenti e non più utili per la collazione proprio in conseguenza della revoca del testamento.

4. Avverso detta sentenza proponeva appello l’originaria attrice soccombente contestando la statuizione secondo cui la revoca espressa del testamento avrebbe interessato anche le dichiarazioni di scienza in esso contenute e riguardanti le donazioni del danaro per l’acquisto degli immobili nonché le spese per l’istruzione della figlia G.; ad avviso dell’appellante, la revoca si riferiva solo alle disposizioni patrimoniali, sicché risultavano accertate la donazioni del danaro per l’acquisto degli immobili nonché le spese per l’istruzione della figlia G..

5. La corte territoriale ha ritenuto infondata la doglianza poiché, a prescindere dal permanere dell’efficacia di quelle dichiarazioni di scienza, nessuna prova era stata fornita da parte attrice di dette donazioni, le quali erano state espressamente contestate dalla convenuta; parimenti infondate sono, ad avviso della corte territoriale, le pretese di collazione riguardanti le spese per l’istruzione della sorella non essendo stato dimostrato che le stesse erano eccedenti la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche della defunta madre.

6. Anche in tal caso la corte ha ravvisato un difetto di prova in capo alla parte attrice che giustifica il rigetto della domanda.

7. La cassazione della sentenza d’appello è chiesta da D.D.M.A. sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria degli eredi M.A., M.I. e M.M. intervenuti nel giudizio dopo il decesso della de cuius D.D.M.A., cui resiste Di.Di.Ga. e, a seguito del suo decesso in data *****, gli eredi S.F., G., Gi. e M.C., rispettivamente il primo marito e gli altri figli della defunta Ga., con controricorso pure illustrato da memoria.

8. Con ordinanza interlocutoria n. 11471/2021 la causa è stata rimessa alla pubblica udienza, in prossimità della quale parte controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

9. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’erronea interpretazione/applicazione delle norme relative all’interpretazione della volontà della de cuius ed all’interpretazione del testamento, per avere la corte territoriale ritenuto prive di rilievo le dichiarazioni contenute nel testamento del 22 agosto 1985 al fine di dimostrare le donazioni di danaro, trattandosi di dichiarazioni unilaterali astratte ed in quanto la convenuta aveva contestato tale circostanza.

9.1. La censura è infondata con riguardo ad entrambi i profili di doglianza perché non si confronta con la ratio decidendi.

9.2 La corte territoriale ha ritenuto decisivo il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’appellante.

9.3. Si legge, infatti, nella sentenza che “prescindendo dal permanere di efficacia di quelle dichiarazioni di scienza – (id est quelle contenute nel testamento pubblico del 1985 in relazione alle donazioni di danaro per l’acquisto degli immobili nonché per le spese di istruzione della figlia Ga.), per la quale occorreva indagare l’effettiva volontà della testatrice di mantenere, appunto, un qualche effetto al testamento revocato, a fronte delle espresse contestazioni di parte convenuta, che ha affermato di avere piuttosto acquistato quegli immobili con denaro proprio e con gli introiti del proprio lavoro e del marito e, quindi, di non avere ricevuto alcuna donazione dalla madre, nessuna prova di tali donazioni è stata fornita dall’attrice, odierna appellante” (cfr. pag. 5 e 6 della sentenza).

9.4. In particolare, la corte territoriale ha osservato che l’appellante si era limitata a ribadire la validità delle dichiarazioni relative alle donazioni, senza fornire alcuna prova a sostegno delle stesse anzi rinunciando ai testi, trascurando che si trattava di dichiarazioni unilaterali ed astratte non consistenti né in un negozio di accertamento, né in una confessione bensì in una semplice dichiarazione giuridicamente non vincolante.

9.5. Ciò posto, la censura dei ricorrenti in ordine all’errata applicazione al testamento delle disposizioni sull’interpretazione del contratto, con specifico riguardo al principio generale di conservazione del contratto, che avrebbe dovuto far ritenere valide le dichiarazioni sulle donazioni di danaro effettuate dalla de cuius e sul mantenimento agli studi, non coglie nel segno perché la corte non ha negato in radice la validità delle suddette dichiarazioni ma ha considerato che, per la loro natura e contenuto, costituivano dichiarazioni prive di speciale efficacia probatoria. La conclusione non costituisce quindi violazione dell’art. 1367 c.c., bensì apprezzamento di fatto delle risultanze probatorie allegate dalle parti, all’esito del quale quanto dichiarato dalla de cuius non è stato ritenuto provato. Rispetto a tale prospettiva i ricorrenti non hanno allegato un fatto storico dotato di rilevanza decisiva e non esaminato dalla corte territoriale sicché anche questo profilo di censura è destinato al rigetto.

10. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’erronea interpretazione/applicazione e violazione dell’art. 210 c.p.c. e delle norme sulla decadenza ai sensi dell’art. 152 c.p.c. e dell’art. 2964 c.p.c., nonché la violazione del diritto di difesa dell’attrice, per avere la corte territoriale erroneamente affermato che l’appellante non aveva assolto al proprio onere probatorio in ordine alle condizioni economiche della de cuius ed alla straordinarietà o meno delle spese di prosecuzione degli studi universitari della figlia Ga., e di conseguenza non ha ammesso le istanze istruttorie richiesta dall’appellante sul punto.

11. Con il terzo motivo si denuncia l’erronea/omessa valutazione delle risultanze processuali e violazione del diritto di difesa della ricorrente nella parte in cui la corte territoriale ha affermato che l’attrice non ha provato l’insufficiente condizione economica della de cuius e la straordinarietà delle spese di prosecuzione degli studi universitari della figlia Ga..

11.1. Il secondo e terzo motivo sono strettamente connessi in quanto riguardanti l’apprezzamento probatorio inerente la documentazione prodotta a seguito dell’ordine di esibizione e rispetto al cui apprezzamento parte ricorrente afferma di avere proposto gravame cui è conseguita la statuizione asseritamente erronea e qui impugnata; le doglianze possono essere esaminate congiuntamente perché concernenti nella sostanza la decisione della corte territoriale sulla prova del carattere straordinario del mantenimento della sorella agli studi universitari rispetto alle capacità economiche della madre.

11.2. Entrambe le censure sono infondate con riguardo a tutti i profili in cui si articola la critica alla sentenza della corte d’appello.

11.3. La corte territoriale ha considerato decisiva dal punto di vista probatorio la mancanza di specifiche allegazioni sugli esborsi, tale da comportare una notevole superamento della misura ordinaria delle relative spese, così come il mancato assolvimento dell’onere probatorio circa le insufficienti condizioni economiche della madre in quello specifico periodo di tempo.

11.4. A questo riguardo appare assorbente di ogni altra considerazione la constatazione che nessuna delle circostanze di fatto allegate da parte ricorrente alla pag. 44 a sostegno della fondatezza della censura configura la prova che la corte d’appello ha ritenuto, con la motivazione sopra richiamata, mancante nelle allegazioni dell’appellante D.D.M.A..

11.5. Invero, e premesso che la censura non trascrive il contenuto specifico dei documenti richiamati, restano confermate le mancate allegazioni del costo del mantenimento e delle specifiche condizioni economiche evidenziate dalla corte territoriale con la conseguenza che nessun omesso esame di fatto decisivo emerge dalla critica in esame.

12. Con il quarto motivo si contesta il quantum da imputare a collazione indicandolo nella somma di Euro 53.427,88.

12.1. Si tratta di censura il cui esame resta assorbito nel rigetto dei precedenti motivi.

13. Il ricorso è dunque rigettato e parte ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, va dichiarata tenuta alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.

14. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara i ricorrenti tenuti alla rifusione delle spese di lite a favore dei controricorrenti e liquidate in Euro 5300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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