LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MELONI Marina – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3745 del 2021 proposto da:
N.B., domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’Avvocato Rosaria Tassinari che lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2893/2020 della Corte d’appello di Bologna, depositata il 29/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCALIA LAURA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. N.B., nativo del Senegal, della Regione della Casamance – che nel racconto reso in fase amministrativa aveva dichiarato di aver abbandonato il proprio paese, raggiungendo l’Italia dopo aver attraversato il Senegal, il Mali ed il Burkina Faso, il Niger e la Libia, per sfuggire alla polizia alla quale la moglie dello zio, presso il quale, in Gambia, il richiedente era andato a vivere dopo la morte dei suoi genitori, lo aveva denunciato accusandolo di averle rubato una collana d’oro – ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte d’appello di Bologna, rigettando l’impugnazione proposta, ha confermato l’ordinanza del locale tribunale aveva, a sua volta, disatteso l’opposizione del primo avverso il provvedimento della competente commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e dei gravi motivi legittimanti l’accesso alla protezione umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei relativi presupposti.
2. Il Ministero si è costituito tardivamente al dichiarato fine di una eventuale sua partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.
3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge in cui era incorsa la Corte di merito nella formulazione del giudizio di non credibilità del racconto (violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e del citato D.Lgs. n.251 del 2007, art. 3, comma 5 e del principio dell’onere della prova attenuato di cui a SU n. 27310 del 2008).
Il racconto reso non era inattendibile e la Corte d’appello avrebbe dovuto attivare i poteri di collaborazione istruttoria.
Il motivo è inammissibile perché, in materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, ‘art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. 2/07/2020, n. 13578).
Si tratta di prospettiva di critica che sfugge all’introdotto motivo che deduce una violazione di legge contestando genericamente, e nel merito, l’assunta decisione.
4. Il secondo motivo, con cui il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione ai principi affermati sulla violenza generalizzata dalla Corte di Giustizia per il caso Elgafaji, e la mancanza fonti aggiornate, è inammissibile per genericità, in ragione della mancata correlazione tra la situazione del paese di provenienza con la condizione del richiedente che va censurata come vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 30105 del 21/11/2018; Cass. n. 23942 del 29/10/2020).
Si tratta di profilo neppure dedotto dal ricorrente che comunque richiama una nozione di violenza generalizzata per i territori di provenienza della Casamance che neppure si confronta con quella adottata da questa Corte (ex multis: Cass. n. 18306 del 08/07/2019) facendo valere in diverso senso, poi, decisioni di giudici di merito non vincolanti in sede di legittimità.
5. Il terzo motivo (violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6) è inammissibile per genericità non provvedendo il ricorrente a dedurre sulla propria personale situazione di vulnerabilità anche in ragione del proprio radicamento nel paese di accoglienza a definizione degli estremi del giudizio di comparazione richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4444 del 2018; SU n. 24413 del 09/09/2021).
Il ricorrente manca poi di allegare la tempestiva deduzione, nel giudizio di merito, di buste paga attestanti la percezione di un reddito di mille Euro mensili ed il ricorso difetta pertanto di autosufficienza ed è generico.
6. Il ricorso è conclusivamente inammissibile.
Nulla sulle spese essendo l’amministrazione rimasta intimata.
Sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022