Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.5790 del 22/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22749-2020 proposto da:

ROMA CAPITALE, *****, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO ROSSI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.C.A.I. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G.MAZZINI 114/A, presso lo studio PARTNERS MFB, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA MIGLIARINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6576/16/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 26/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI PRISCOLI LORENZO.

RILEVATO

che:

la parte contribuente impugnava una cartella di pagamento relativa all’ICI per gli anni d’imposta 2008, 2009, 2010 e 2011;

la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso della parte contribuente ma la Commissione Tributaria Regionale ne accoglieva l’appello, affermando che la Cassazione, con la sentenza n. 10266 del 2018 ha affermato il principio della piena validità sia della firma digitale pades che cades; tuttavia, in mancanza di entrambe le firme digitali, ove la notifica avvenga a mezzo PEC, si rende necessaria l’attestazione della conformità del file all’originale e in mancanza di almeno uno di tali requisiti si versa in una ipotesi di nullità insanabile.

Roma Capitale proponeva ricorso affidato ad un unico motivo di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria insistendo per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO

che:

Con il motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, Roma Capitale denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 68 del 2005, art. 1, lett. f), e del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 22, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che la sentenza n. 10266 del 2018, attinente alla notificazione di atti giudiziari, potesse trovare applicazione al caso di specie, riguardante la notifica di una cartella esattoriale.

Il motivo di impugnazione è fondato.

Secondo questa Corte, infatti:

“Questa Corte ha affermato, nell’ordinanza n. 30948 del 2019 che “Com’e’ noto, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 2, come aggiunto dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 38, comma 4, lett. b), convertito con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che la notifica della cartella di pagamento “può essere eseguita, con le modalità di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’art. 149-bis c.p.c.”. A sua volta il D.P.R. n. 68 del 2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”. Il CAD, art. 1, lett. i-ter) inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c) -, poi, definisce “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” come “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico”, mentre il medesimo CAD, art. 1, lett. i-quinquies), inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c) -, nel definire il “duplicato informatico” parla di “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”. Dunque, alla luce della disciplina surriferita, la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)”. Nel caso esaminato dalla Corte nella predetta ordinanza il concessionario della riscossione aveva “provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici -, realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta”. La Corte, sulla base della predetta normativa ha escluso la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, “per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico”.

A tal riguardo deve anche ricordarsi l’insegnamento nomofilattico (Cass., Sez. U., n. 10266 del 2018) secondo cui “In tema di processo telematico, a norma del D.Dirig. 16 aprile 2014, art. 12, di cui al D.M. n. 44 del 2011, art. 34 Ministero della Giustizia -, in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”. Tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5, e del citato D.Dirig. 16 aprile 2014, art. 19 bis, commi 2 e 4".

Orbene, come condivisibilmente affermato da Cass. n. 6417 del 2019, “tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, comma 5, e del citato D.Dirig. 16 aprile 2014, art. 19 bis, commi 2 e 4 (Cass. 27 aprile 2018, n. 10266), dovendosi altresì tenere conto che è stato affermato che la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicché, stante il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5 (in tema di notifica della cartella di pagamento) al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile”, non vi è ragione per non estendere anche alla cartella di pagamento l’applicazione di tale principio.

Se a ciò si aggiunge che “In caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso” (Cass. n. 30948 del 2019), allora è ben evidente l’erroneità della statuizione d’appello che ritiene necessaria una comunicazione pec con estensione “.p7m” del file in quanto solo in tal modo verrebbe attestata la certificazione della sottoscrizione” (Cass. n. 36462 del 2021);

in caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso (Cass. n. 30948 del 2019; Cass. n. 39513 del 2021);

in tema di processo telematico, in conformità alle disposizioni tecniche previste dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”, posto che il certificato di firma, inserito nella busta crittografica, è presente in entrambi gli standards, parimenti abilitati. Ne consegue la piena validità ed efficacia del ricorso (o controricorso) per cassazione munito di procura alle liti controfirmata dal difensore con firma digitale in formato “PAdES” (Cass. n. 30927 del 2018).

La Commissione Tributaria Regionale – affermando che la Cassazione, con la sentenza n. 10266 del 2018 ha affermato il principio della piena validità sia della firma digitale pades che cades; tuttavia, in mancanza di entrambe le firme digitali, ove la notifica avvenga a mezzo PEC, si rende necessaria l’attestazione della conformità del file all’originale e in mancanza di almeno uno di tali requisiti si versa in una ipotesi di nullità insanabile – non si è attenuta ai suddetti principi in quanto la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, non solo allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), ma anche mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)”.

Pertanto, ritenuto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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