Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.5821 del 22/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1251-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SGROI ANTONINO, D’ALOISIO CARLA, DE ROSE EMANUELE, MARITATO LELIO;

– ricorrente –

contro

CONAGIT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CENTOFANTI SIRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 188/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 31/12/2014 R.G.N. 315/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/11/2021 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA.

RILEVATO

Che:

1. con sentenza n. 188 del 2014 la Corte di Appello di Perugia ha confermato la pronuncia di primo grado che, in accoglimento dell’opposizione a ruolo e a cartella esattoriale per indebita fruizione di sgravi contributivi a favore delle aziende operanti nei territori montani, negli anni 2001 e 2002, aveva dichiarato non dovute le somme pretese, a tale titolo, dall’INPS;

2. per la Corte di merito la giurisprudenza di legittimità invocata dall’INPS per ritenere non dovuti gli sgravi per imprese agricole operanti in zone svantaggiate e montane – in riferimento a dirigenti di azienda agricola già iscritti all’INPDAI – era risultata superata dalla successiva giurisprudenza (per tutte, Cass. n. 14296 del 2006) che aveva interpretato le disposizioni inerenti ai predetti sgravi nel senso della ricomprensione anche del personale impiegatizio e, dunque, di tutto il personale dipendente;

3. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, al quale ha opposto difese la s.p.a. CONAGIT, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria.

CONSIDERATO

Che:

4. con il motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 67 del 1988, art. 9, comma 5, D.L. n. 11 del 1997, art. 1, comma 1, convertito in L. n. 81 del 1997, L. n. 240 del 194, art. 6, L. n. 1655 del 1962, art. 3, assume l’ente previdenziale che dei benefici previsti dalla L. n. 67 del 1988, art. 9, comma 5, non possa beneficiare la cooperativa per i dipendenti con qualifica dirigenziale per i quali aveva optato per l’instaurazione di un rapporto previdenziale con INPDAI, ai sensi della L. n. 240 del 1984, art. 6, per essere lo sgravio contributivo applicabile solo ed esclusivamente nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria e non riferibile anche alla gestione previdenziale nei periodi antecedenti alla soppressione di tale Ente; assume che Cass. n. 6099 del 2002 concerneva, come nella specie ora all’esame, la fruizione di benefici di cui alla L. n. 67 del 1989 in relazione a dirigenti per i quali la società cooperativa agricola aveva optato per l’iscrizione presso l’INDPAI, come previsto dalla L. n. 240 del 1984, art. 6 in deroga alla disciplina generale che prevede l’iscrizione anche di questi lavoratori dipendenti all’INPS; Cass. n. 14296 del 2006 concerneva, invece, datore di lavoro non rientrante nel novero delle cooperative o consorzi inquadrati come agricoli:, ai quali la citata L. n. 240 del 1984, con norma eccezionale, aveva riconosciuto la possibilità di iscrivere presso l’INPDAI i propri dirigenti, e chiedeva i benefici per i dipendenti, con qualifica impiegatizia, assicurati secondo le forme ordinarie previste per i lavoratori dipendenti dei datori di lavoro agricoli/ mentre l’INPS ne sosteneva la spettanza solo in relazione alla qualifica di operaio;

5. il ricorso è da rigettare, in continuità con i precedenti di questa Corte (fra le altre, Cass. n. 14296 del 2006 e nn. 14627 e 15978 del 2007 ed ivi ulteriori precedenti che hanno segnato il superamento della diversa impostazione seguita da Cass. n. 6099 del 2002);

6. il testo originario della L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 9, comma 5, stabilisce che a far data dal 1 gennaio 1988 i premi e contributi relativi alle gestioni previdenziali e assistenziali sono dovuti nella misura del 15 per cento dai datori di lavoro agricolo “per il proprio personale dipendente” occupato nei tenitori montani D.P.R. n. 601, ex art. 9. Tale norma ha indubbiamente una portata generale, risultando di per sé applicabile a tutte le categorie di dipendenti (Cass. 26 aprile 2002 n. 6099);

7. non può essere condiviso l’assunto dell’Istituto che prospetta, per l’utilizzazione dell’espressione “personale dipendente” – riferibile a tutti i lavoratori subordinati – l’esistenza di una lacuna normativa che dovrebbe essere colmata con il richiamo ad altre disposizioni di legge idonee ad identificare le categorie di lavoratori ai quali la norma in esame estende il beneficio;

8. specificamente, si deve escludere che la L. 31 marzo 1979, n. 92, art. 6, successivamente modificato dal D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173/con cui si stabilisce che “agli effetti delle norme di previdenza ed assistenza sociale, ivi comprese quelle relative all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, si considerano lavoratori agricoli dipendenti gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato”, da vari soggetti (amministrazioni pubbliche per i lavori di forestazione nonché imprese singole o associate appaltate o concessionarie dei lavori medesimi; consorzi di irrigazione e di miglioramento fondiario, nonché consorzi di bonifica, di sistemazione montana e di rimboschimento, per le attività di manutenzione degli impianti irrigui, di scolo e di somministrazione delle acque ad uso irriguo o per lavori di forestazione; imprese che, in forma singola o associata, si dedicano alla cura e protezione della fauna selvatica ed all’esercizio controllato della caccia; imprese non agricole singole ed associate, se addetti ad attività di raccolta di prodotti agricoli, nonché ad attività di cernita, di pulitura e di imballaggio dei prodotti ortofrutticoli, purché connessa a quella di raccolta; imprese che effettuano lavori e servizi di sistemazione e di manutenzione agraria e forestale, di imboschimento, di creazione, sistemazione e manutenzione di aree a verde, se addetti a tali attività) detti una norma di tal genere, individuando quali dipendenti debbano essere considerati ai fini previdenziali lavoratori agricoli, attraverso una previsione di carattere generale del particolare sottosistema previdenziale proprio del lavoro agricolo;

9. in tal senso deve essere confermato l’indirizzo espresso da questa Corte con la sentenza 21 giugno 2006 n. 14296, in dissenso dal contrario orientamento seguito da Cass. 20 luglio 2004 n. 13485;

10. la legge del 1979, infatti, innovando al precedente regime previdenziale con una disposizione di natura eccezionale (Cass. 13 settembre 1991 n. 9563, 26 novembre 1999n. 13216), per quanto riguarda l’identificazione dei soggetti datori di lavoro agricolo, inclusi nell’ambito di applicazione della disciplina, ha in effetti stabilito, ai fini dell’applicazione della normativa previdenziale specifica del settore, l’equiparazione a lavoratori agricoli di personale non automaticamente inquadrato, data la natura dell’attività svolta, fra i dipendenti dell’imprenditore agricolo;

11. la legge del 1988, operando su un piano diverso, ha invece inteso attribuire un beneficio contributivo all’impresa agricola in quanto tale (come risulta del resto dalla successiva disposizione della L. n. 537 del 1993, art. 11, comma 27);

12. in relazione a tale finalità, da riferire al fattore di costo complessivo sul quale lo sgravio contributivo è destinato ad operare, non trova alcun fondamento normativo la prospettata esigenza di limitazione dell’ambito di applicazione della norma solo ad alcune categorie di lavoratori;

13. in definitiva, nessuna rilevanza assume che per taluni dipendenti, quelli iscritti all’INPDAI, i contributi dovessero essere versati a tale istituto non essendo tale condizione incompatibile con il beneficio stesso, vale a dire che venissero versati nella ridotta misura prevista per le imprese agricole operanti in territori montani;

14. né appare sostenibile un’interpretazione volta a distinguere il diritto ai benefici, a parità di soggetti, in riferimento all’ente destinatario dei contributi, distinguendo tra dirigenti di imprese agricole passati o meno, dal 1 gennaio 2003, all’INPS, con la soppressione dell’INDPAI;

15. segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo;

16. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

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