LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3799-2016 proposto da:
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati SGROI ANTONINO, SCIPLINO ESTER ADA, MARITATO LELIO, D’ALOISIO CARLA, DE ROSE EMANUELE, MATANO GIUSEPPE;
– ricorrenti –
contro
CONGREGAZIONE CASA DELLE RELIGIOSE FIGLIE DI NOSTRA SIGNORA DEL SACRO CUORE ISSOUDUN, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MARGANA 29, presso lo studio degli avvocati GAGLIANO FABIO, BARLETTA ANTONINO ROSARIO, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
e contro
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA 1, già AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE ROMA E, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVORNO 6, presso lo studio dell’avvocato DE SANTIS GUIDO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6785/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/11/2015 R.G.N. 7049/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/12/2021 dal Consigliere Dott. DE FELICE ALFONSINA.
RILEVATO
Che:
la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato prescritto il credito per contributi fatto valere dall’INPS nei confronti della Congregazione “Casa delle Religiose Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore di Issoudoun” merce’ iscrizione a ruolo e successiva cartella esattoriale; che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
la Congregazione in epigrafe ha resistito con controricorso;
l’Azienda USL Roma E, intimata per litis denuntiatio, ha depositato controricorso successivamente illustrato con memoria.
CONSIDERATO
Che:
con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 688 del 1985, art. 1, comma 9, (conv. con L. n. 11 del 1986), della L. n. 536 del 1987, art. 6, comma 26, e della L. n. 412 del 1991, art. 3, comma 1, e art. 4, comma 12, nonché, in connessione con essi, della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, lett. a), secondo periodo, e degli artt. 2946 e 1230 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che, non essendosi perfezionata la cessione dei crediti vantati dalla Congregazione nei confronti dell’Azienda USL Roma E, il termine di prescrizione dei contributi (relativi al periodo dicembre 2000-dicembre 2001) aveva ripreso a decorrere allo spirare del 90 giorno successivo all’atto di cessione, di tal che tardiva doveva reputarsi la notifica della cartella esattoriale intervenuta solo in data 30.12.2010 e del tutto irrilevante, ai fini interruttivi della prescrizione e/o comunque della novazione del credito, il pagamento del debito ceduto che era stato effettuato medio tempore dall’Azienda USL Roma E, ancorché erroneamente non sull’apposito conto intestato all’INPS presso la Tesoreria provinciale dello Stato;
al riguardo, va premesso che la validità e l’efficacia della cessione, da parte dei datori di lavoro, dei crediti maturati nei confronti dello Stato, di altre pubbliche amministrazioni o di enti pubblici economici, al fine del pagamento dei contributi previdenziali, oltre all’osservanza di specifici requisiti formali (atto pubblico o scrittura privata autenticata, in base al R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, , sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato), presuppongono che il credito ceduto sia certo, liquido ed esigibile, che il cedente notifichi l’atto di cessione all’istituto previdenziale e all’amministrazione debitrice e che quest’ultima, entro 90 giorni dalla notifica, comunichi il riconoscimento della propria posizione debitoria, con la conseguenza che, ove risulti carente taluna delle indicate fasi o condizioni, non si verifica il perfezionamento della cessione e non può conseguirsi l’estinzione dell’obbligazione contributiva (così, tra le più recenti, Cass. nn. 2414 del 2012 e 17606 del 2020; Cass. n. 33796 del 2021);
pertanto, affatto correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che, una volta spirato il termine di legge previsto affinché l’Azienda USL Roma E comunicasse all’INPS il riconoscimento della propria posizione debitoria in relazione ai crediti cedutigli dall’odierna controricorrente, il termine prescrizionale dei contributi ricominciasse a decorrere, essendo rimasta la cessione definitivamente inefficace;
divenuta inefficace la cessione, l’eventuale pagamento dell’Azienda USL Roma E all’INPS avrebbe potuto avere unicamente l’effetto estintivo dell’adempimento del terzo di cui al combinato disposto dell’art. 1180 c.c. e art. 2036 c.c., comma 30, analogamente a quanto può avvenire in tema di interposizione di manodopera (cfr. Cass. nn. 17516 del 2015, 19030 del 2017);
la diversa opinione dell’Istituto ricorrente, secondo cui, essendosi nella specie verificata per facta concludentia una cessione del credito in luogo dell’adempimento, opererebbero i principi elaborati da questa Corte nell’interpretazione dell’art. 1198 c.c. (e segnatamente quello secondo cui, rimanendo in vita entrambi i debiti e non potendosi comunque chiedere al cedente l’adempimento del debito originario in difetto di previa infruttuosa escussione del debitore ceduto, la prescrizione relativa al debito ceduto inizierebbe a decorrere solo da tale ultimo momento (cfr. in tal senso Cass. n. 3469 del 2007), presupporrebbe che, in mancanza dei requisiti previsti dalla legge per la sua validità ed efficacia, una cessione pro soluto D.L. n. 688 del 1985, ex artt. 1, comma 9, e L. n. 536 del 1987, art. 6, comma 26, cit., possa convertirsi in una cessione pro solvendo;
sul punto, va ricordato che la cessione D.L. n. 688 del 1985, ex art. 1, comma 9, e L. n. 536 del 1987, art. 6, comma 26, cit., costituisce una fattispecie di datio in solutum che, in deroga allo schema generale previsto dall’art. 1198 c.c., non ha struttura contrattuale (così Cass. nn. 9279 del 1995 e 8025 del 1996), al punto che l’effetto estintivo del debito ceduto si produce dalla data della cessione medesima e non da quella della riscossione del credito da parte del cessionario (così Cass. n. 4102 del 1993);
questa Corte ha da tempo elaborato il principio di diritto secondo cui l’art. 1424 c.c., prevedendo esclusivamente l’ipotesi della conversione di un contratto nullo in un altro contratto, non consente la conversione di un contratto nullo in un negozio unilaterale, atteso che, operando la conversione sul piano delle trasformazioni giuridiche, non può comportare la frammentazione del contratto in atti unilaterali dotati di nuovi e diversi effetti (Cass. n. 7064 del 1986);
estendendo tale principio al caso di specie, deve specularmente e logicamente negarsi che un negozio unilaterale nullo per difetto dei requisiti di legge possa “convertirsi” ex art. 1424 c.c. in un contratto, specie allorché la nullità dipenda da violazione di norme poste a presidio del rigore che deve assistere le operazioni contabili delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici;
il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità in favore della sola Congregazione controricorrente, che seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della Congregazione controricorrente, che si liquidano in Euro 200 per esborsi ed Euro 14.000,00, per compensi, oltre spese generali in misura forfetaria pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 15 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022
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Codice Civile > Articolo 1424 - Conversione del contratto nullo | Codice Civile
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