LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. r.g. 26687-2020 proposto da:
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DEL CIRCEO E PRIVERNATE SOC. COOP. PER AZIONI, con sede in *****, in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore C.F., rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Corrado De Angelis, con cui elettivamente domicilia in Roma, al Viale Angelico n. 90, presso lo studio dell’Avvocato Adolfo Leone.
– ricorrente –
contro
***** S.A.S., in persona del curatore Dott. L.T.D., rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Cristiano D’Ettorre, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, al Viale Parioli n. 59.
– controricorrente –
avverso il decreto, n. cronol. 300/2020, del TRIBUNALE DI LATINA, depositato in data 23/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del giorno 01/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.
FATTI DI CAUSA
1. La Banca di Credito Cooperativo del Circeo e Privernate soc. coop. p.a. (d’ora in avanti, breviter, Banca) ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380-bis c.p.c., contro il decreto del Tribunale di Latina del 16/23 luglio 2020, comunicatole il 23 luglio 2020, reiettivo dell’opposizione L. Fall., ex art. 98, dalla stessa promossa l’11 aprile 2019 contro la sua avvenuta ammissione soltanto parziale (Euro 114.100,54 in privilegio ed Euro 805,17 in chirografo) allo stato passivo del ***** s.a.s. nonché di L.E. in proprio. Resiste con controricorso, parimenti corredato da memoria ex art. 380-bis c.p.c., il fallimento predetto.
1.1. Quel tribunale ha disatteso l’istanza della Banca volta ad ottenere l’insinuazione per la maggior somma di “e 147.222,06 in privilegio, oltre agli interessi di mora ed agli interessi successivi nella misura e nei limiti previsti dalla L. Fall., artt. 54-55, e dall’art. 2749 c.c.”, richiamando quanto sancito, in motivazione, da Cass. n. 8806 del 2017 e concludendo nel senso che “in applicazione del “principio di omnicomprensività”, devono includersi, ai fini del calcolo del “cd tasso soglia”, anche le spese ed i costi annessi all’eventuale prestazione di garanzie collegate ad un dato finanziamento, come nel caso di specie”.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente:
I) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, ritenendosi il decreto impugnato “redatto con una motivazione inesistente ovvero del tutto apparente”. In esso, infatti, “nessuna menzione appare esplicitata in merito alla natura ed alla quantificazione delle spese e dei costi che, nel caso di specie, determinerebbero l’usurarietà del mutuo con consequenziale azzeramento degli interessi, e nessuna menzione appare effettuata circa l’effettiva misura del travalicamento del tasso soglia, che, pertanto, anche all’esito del giudizio di opposizione allo stato passivo, rimane totalmente sconosciuta; peraltro, nessun rimando ovvero altra argomentazione, nemmeno per relationem, appare ravvisabile sulla fideiussione personale accordata dalla moglie del socio accomandatario della fallita, che, secondo quella che è stata la dialettica del giudizio di opposizione, rappresentava l’unico elemento controverso su cui il tribunale avrebbe dovuto esprimersi prendendo posizione”;
II) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, assumendosi, in via subordinata rispetto al primo motivo, che il tribunale aveva “orientato la propria decisione in senso favorevole alle deduzioni della Curatela Fallimentare sulla sola base delle prospettazioni relative all’asserito travalicamento del tasso soglia, di cui controparte non risulta aver fornito alcuna prova. Il Collegio di prime cure, in ottemperanza a quanto statuito dall’art. 115 c.p.c., avrebbe dovuto porre a fondamento della decisione solo le prove proposte dalle parti, nonché i fatti non specificamente contestali, ben potendo, tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della propria decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”;
III) “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame su un fatto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti”, evidenziandosi “l’errore di valutazione effettuato dal giudice di prime cure, consistito nel ritenere le asserite “spese di assicurazione” come fonte di prova dimostrativa dell’assedia usura; tale deduzione ha determinato un errore di fatto, (…), atteso che il Tribunale, nel ritenere l’avvenuto travalicamento del tasso soglia, ha ravvisato, erroneamente, di dover richiamare le spese di assicurazione sostenute dal debitore”, invece “mai contestate, enunciate e/ o ravvisate nel giudizio in questione, nemmeno dalla Curatela…”. Per altro verso, viene rilevato “l’omesso esame dell’unico punto controverso, che avrebbe dovuto essere elemento di valutazione da parte del Giudice dell’opposizione allo stato passivo, già fatto oggetto di discussione e contestazione tra le parli, atteso che la contestata fideiussione personale, secondo la prospettazione di controparte, sarebbe stata a fronte del (…) 1 EG al 6,48% (quindi inferiore al tasso soglia del 6,69%), il solo elemento aggiuntivo idoneo a determinare l’usurarietà del mutuo fondiario a seguito dell’attribuzione, da parte della Curatela, di un costo presuntivo ed arbitrario”.
2. L’odierno ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché tardivamente proposto rispetto al termine (trenta giorni dall’avvenuta comunicazione del decreto ad opera della cancelleria) previsto dalla L. Fall., art. 99, u. c..
2.1. Invero, la stessa Banca assume pag. 1 del ricorso) che la comunicazione del decreto del Tribunale di Latina del 16/23 luglio 2020, dalla stessa oggi impugnato, era stata eseguita dalla Cancelleria, nei suoi confronti, a mezzo PEC, il 23 luglio, né alcuna contestazione è stata compiuta, a tal riguardo, dalla procedura concorsuale al momento della sua costituzione in questa sede (cfr. Cass. n. 16303 del 2021, resa in sede di opposizione avverso il decreto di esecutività dello stato passivo, ma il cui principio è qui agevolmente applicabile).
2.1.1. L’omessa contestazione della data della comunicazione suddetta comporta le relative conseguenze in ordine alla intempestività del ricorso in esame (rilevabile di ufficio, trattandosi di accertamento dell’avvenuta formazione di un giudicato interno), che risulta notificato alla controparte, il 21 ottobre 2020 la relata allegata al ricorso), ben oltre, dunque, il termine di trenta giorni (pur maggiorato della sospensione feriale dei termini, dall’1 al 31 agosto 2020, di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1) dalla comunicazione predetta, giusta la L. Fall., art. 99, u. c., (cfr. Cass. n. 623 del 2016; Cass. n. 16823 del 2013).
2.1.2. Quest’ultimo deve considerarsi disposizione derogatoria e speciale rispetto alla regola generale enunciata dall’art. 133 c.p.c., comma 2 (secondo cui il termine per la proposizione dell’impugnazione decorre, non diversamente da quanto accade per le sentenze, dalla notificazione eseguita ad istanza di parte). Esso trova fondamento nella natura degli interessi tutelati dalla procedura concorsuale, i quali giustificano una disciplina in larga parte eccentrica rispetto a quella dettata dal codice di rito ed ispirata prevalentemente ad esigenze di accelerazione del processo, senza che ciò comporti una disparità di trattamento o comunque una lesione del diritto di difesa (posto che il termine de quo decorre dalla piena conoscenza del decreto, che si ha con la comunicazione della cancelleria o con la notificazione ad istanza di parte). Peraltro, come appartiene alla discrezionalità del legislatore individuare il mezzo di impugnazione di una decisione di primo grado, così rientra nella sfera del merito legislativo lo stabilirne i relativi termini, che norme speciali, come quella summenzionata, ben possono sancire in misura (solo in parte) più ridotta rispetto a quella prevista in via generale dalle disposizioni codicistiche. Ne’ il meccanismo delineato dalla L. Fall., art. 99, comma 12, viola i diritti di difesa delle parti o quello al giusto processo ex art. 6 CEDU, giacché un termine di 30 giorni per impugnare una decisione di merito certamente non è tanto breve da impedire un concreto esercizio del diritto di difesa (quali che siano i motivi della spiegata impugnazione), al contrario realizzando un ragionevole equilibrio tra celerità ed affidabilità del rito.
2.1.3. Resta solo da aggiungere che il menzionato termine L. Fall., ex art. 99, comma 12, deve ritenersi perentorio, pur in difetto di espressa previsione, in quanto diretto – in ossequio alla fondamentale esigenza, di interesse pubblico, della certezza del diritto – a rendere non più contestabile il decreto ivi disciplinato in caso di sua omessa tempestiva impugnazione.
3. Le spese di questo giudizio di legittimità restano a carico della Banca soccombente, liquidate come in dispositivo, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la Banca di Credito Cooperativo del Circeo e Privernate soc. coop. p.a. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, quantificate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 1 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022