Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.5830 del 22/02/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11852-2021 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIAN LUIGI ROCCHI;

– ricorrente –

contro

M.G., ROMAGNA EST BANCA DI CREDITO COOPERATIVO, F.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 733/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 07/04/2021;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dell’11/02/2022 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

F.F. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza 7 aprile 2021, n. 733/2021, resa dalla Corte d’appello di Bologna.

Gli intimati M.G., Romagna Est Banca di Credito Cooperativo e F.L. non hanno svolto attività difensive.

La Corte d’appello ha confermato la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Forlì n. 935/2016 in data 16 luglio 2015, che, dopo aver espletato CTU, aveva sciolto la comunione del compendio immobiliare sito in *****, dichiarando inammissibile perché tardiva la domanda di F.F., svolta soltanto in sede di conclusioni, con cui si chiedeva la condanna di M.G. al pagamento di metà delle spese di costruzione del fabbricato. Il Tribunale rigettò anche l’eccezione di nullità in ordine al titolo professionale di geometra del CTU nominato, perché non sollevata al momento della nomina e comunque infondata. La Corte d’appello, su gravame proposto da F.F., ha quindi ribadito la valutazione di inammissibilità per tardività della domanda di rimborso delle spese di costruzione del fabbricato, ha considerato che le eventuali ragioni di credito dell’appellante non avrebbero comunque paralizzato la domanda di scioglimento della comunione, ha rimarcato la mancata eccezione rituale della nullità della CTU, ha evidenziato la superfluità del rinnovo delle operazioni peritali.

Il primo motivo del ricorso di F.F. deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1115,720,754,766,2229,2231 c.c., degli artt. 61,62,196 c.p.c.; il secondo motivo allega l’omesso esame circa fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla circostanza che il ricorrente si diceva creditore della M. per somma superiore al valore della quota di comunione, e perciò instava per il rigetto della domanda di divisione già nella sua comparsa costituzione.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria depositata in data 5 febbraio 2022, dunque senza osservare il termine minimo di cinque giorni prima dell’adunanza, ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, computato alla stregua dell’art. 155 c.p.c., comma 4 (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 14/09/2017, n. 21335).

I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano inammissibili.

Innanzitutto, quanto al secondo motivo, opera la previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348-ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che, come nella specie, risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme), essendo stato il giudizio di appello introdotto nel 2016.

Le censure sono peraltro inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1.

Il primo motivo contiene generiche critiche alla ricostruzione della situazione di fatto operata dal giudice di merito alla stregua delle risultanze peritali.

La Corte di Bologna, come già esposto, ha illustrato le ragioni della divisibilità dell’immobile (pagina 9 della sentenza impugnata), sulla base della espletata CTU.

Il ricorso è altrimenti volto a devolvere alla Corte di cassazione le critiche mosse alle risultanze della consulenza d’ufficio (critiche che comunque si sostanziano in semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico).

D’altro canto, l’art. 720 c.c., con norma applicabile anche nel caso di scioglimento delle comunioni ordinarie (art. 1116 c.c.), disciplinando l’ipotesi della non comoda divisibilità di un immobile, costituisce una deroga al principio generale dell’art. 718 c.c., che attribuisce a ciascun partecipante alla comunione il diritto ai beni in natura secondo le norme degli artt. 726 e 727 c.c..

La relativa indagine va condotta avendo riguardo alla possibilità di ripartire il bene, nella sua attuale consistenza e destinazione, in modo tale che la porzione da attribuire a ciascuno configuri un’entità autonoma e funzionale, suscettibile di autonomo e libero godimento, non compromessa da pesi, servitù o limitazioni eccessive, evitando altresì il frazionamento ove esso richieda opere complesse o di notevole costo, ovvero cagioni un deprezzamento dell’originario valore intrinseco del bene medesimo, o, ancora, dia luogo alla costituzione di porzioni inidonee rispetto alla funzione economica dell’intero.

Inoltre, in tema di divisione ereditaria o di cose in comunione, non è necessario formare delle porzioni assolutamente omogenee, poiché il diritto del condividente ad una porzione in natura dei beni compresi nelle categorie degli immobili, dei mobili e dei crediti in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla medesima categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni rientranti nelle suddette tre categorie, dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti. Spetta dunque al giudice del merito accertare se il diritto della parte sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure per mezzo dell’assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio, ciò dando luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, ove il ricorrente deduca, nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, l’omesso esame di un “fatto storico” di portata decisiva inerente all’aspetto strutturale del singolo bene, tale da giustificarne il frazionamento attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento, nonché idoneo a consentirne il mantenimento della pregressa funzionalità, senza alcun sensibile deprezzamento del valore delle singole porzioni apportate proporzionalmente al valore dell’intero (cfr. Cass. Sez. 2, 16/04/2018, n. 9282; Cass. Sez. 2, 21/05/2003, n. 7961; Cass. Sez. 2, 07/02/2002, n. 1738).

I motivi di ricorso sono anche carenti di specificità e riferibilità alle essenziali rationes decidendi della sentenza impugnata (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4). La Corte d’appello ha spiegato che era inammissibile perché tardiva la domanda di F.F. con cui si chiedeva la condanna di M.G. al pagamento di metà delle spese di costruzione del fabbricato, ha aggiunto che le eventuali ragioni di credito dell’appellante non avrebbero comunque paralizzato la domanda di scioglimento della comunione ed ha respinto l’eccezione di nullità della CTU, perché non sollevata al momento della nomina e comunque infondata. A tali argomentazioni, il ricorrente si contrappone con censure di violazione di norme sostanziali o di omesso esame di un fatto storico.

Basta peraltro ribadire che le norme relative alla scelta del consulente tecnico d’ufficio hanno natura e finalità esclusivamente direttive, essendo la scelta riservata, anche per quanto riguarda la categoria professionale di appartenenza del consulente e la competenza del medesimo a svolgere le indagini richieste, all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito. Ne consegue che la decisione di affidare l’incarico ad un professionista (nella specie, geometra) non è censurabile in sede di legittimità (tra le tante Cass. Sez. 3, 12/03/2010, n. 6050), L’eccezione di nullità della consulenza tecnica d’ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta peraltro sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito, e, qualora, in sede di ricorso per cassazione, venga dedotta l’omessa o erronea pronuncia del giudice d’appello sull’eccezione di nullità della CTU, il ricorrente ha l’onere, in virtù dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare che detta eccezione è stata sollevata e riproposta.

Il ricorso va, perciò, dichiarato inammissibile. Non deve provvedersi sulle spese del giudizio di cassazione, perché gli intimati non hanno svolto attività difensive.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 11 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472