LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MELONI Marina – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2432/2021 proposto da:
Z.F. elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avvocato, rappresentato e difeso LUCIANO SANDRINI;
– ricorrente –
contro
R.A.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 478/2020 della Corte d’appello di Trieste, depositata il 3/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 478/2020, depositata il 3/11/2020, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva dichiarato la separazione personale tra i coniugi Z.F. e R.A.M., respinto la domanda di addebito formulata nei confronti del marito e condannato quest’ultimo al versamento alla moglie dell’importo mensile di Euro 500,00, a titolo di contributo al mantenimento.
In particolare, i giudici d’appello hanno respinto l’appello dello Z. in punto di revoca dell’assegno di mantenimento, rilevata la sostanziale diversità reddituale e patrimoniale dei coniugi; la Corte di merito ha quindi condannato l’appellante al rimborso all’appellata non solo delle spese del grado di appello ma anche di quelle del primo grado, liquidate come in dispositivo.
Avverso la suddetta pronuncia, Z.F. propone ricorso per cassazione, notificato il 5/1/2021, affidato ad un motivo e memoria nei confronti di R.A.M. (che non svolge difese). E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 324 e 91 c.p.c., per avere la Corte d’appello condannato l’appellante alla refusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, pur in mancanza di un motivo di impugnazione relativo al capo della decisione di primo grado relativo alla compensazione delle spese, non avendo l’appellata proposto appello incidentale.
2. La censura è fondata.
Invero, risulta dalla stessa decisione impugnata, che l’appellata R., costituendosi, si era limitata a chiedere il rigetto dell’appello e la conferma della decisione di primo grado, non proponendo appello incidentale neppure in ordine alla pronuncia di compensazione delle spese processuali.
Costituisce principio consolidato quello secondo cui “il divieto di “reformatio in peius” consegue alle norme, dettate dagli artt. 329 e 342 c.p.c., in tema di effetto devolutivo dell’impugnazione di merito e di acquiescenza, che presiedono alla formazione del “thema decidendum” in appello, per cui, una volta stabilito il “quantum devolutum”, l’appellato non può giovarsi della reiezione del gravame principale per ottenere effetti che solo l’appello incidentale gli avrebbe assicurato e che, invece, in mancanza, gli sono preclusi dall’acquiescenza prestata alla sentenza di primo grado” (Cass. n. 21504 del 2020; Cass. n. 3896 del 2020; Cass. n. 25224 del 2013; Cass. n. 14063 del 2006).
Inoltre, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste solo “in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione” (Cass. n. 27606 del 2019; Cass. n. 23226 del 2013; Cass. n. 26985 del 2009; Cass. n. 58 del 2004).
Di conseguenza, deve essere cassata la decisione impugnata che, in assenza di impugnazione incidentale sul punto delle spese di primo grado (compensate tra le parti) e confermata la decisione impugnata, ha modificato, in violazione del principio espresso in massima, la statuizione sulle spese processuali di primo grado in senso sfavorevole per l’appellante.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va revocata la statuizione, in ordine alle spese processuali, di condanna dell’appellante Z. alla refusione delle spese di primo grado, già compensate dal Tribunale. Tenuto conto dell’esito del giudizio e della particolarità della vicenda esaminata, vanno interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata nel capo concernente la condanna dell’appellante Z. alla refusione delle spese processuali di primo grado, spese da intendersi quindi definitivamente compensate tra le parti; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022