Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.5921 del 23/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso rg. 27763/2020 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Frasca, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Milano, via Olmetto nr. 5;

avverso il decreto nr. 6022 del TRIBUNALE di Milano, depositato il 9/08/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/12/2021 da Dott. CAPRIOLI MAURA.

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

Il Tribunale di Milano rigettava il ricorso di S.M., cittadino proveniente dal Bangladesh avverso il decreto della Commissione Territoriale di Milano di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria.

Il primo giudice riteneva che la vicenda narrata se pur generica non sarebbe stata astrattamente riconducibile alle forme di protezione internazionale evidenziando che comunque la difesa non aveva insistito per il riconoscimento dello status di rifugiato mentre per quel che attiene alla protezione sussidiaria non erano stati circostanziati i rischi cui sarebbe stato esposto il ricorrente in caso di rimpatrio escludendo la sussistenza di una violenza generalizzata nell’area di provenienza del richiedente.

Il Tribunale riteneva insussistenti gli indici di vulnerabilità non ravvisando all’esito della valutazione comparativa fra le condizioni di vita condotta nel Paese d’origine e quella tenuta nel Paese d’accoglienza cause impeditive al rimpatrio.

S.M. ricorre per cassazione con tre motivi; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva. Preliminarmente occorre rilevare un vizio della procura alla luce della recentissima decisione delle S.U. nr. 15177/2021.

Al riguardo si è affermato che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, ha inteso modificare l’accesso al giudizio di legittimità rispetto alle ordinarie ipotesi contemplate dalla disciplina processuale ordinaria, prevedendo, per le controversie disciplinate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, e da quelle che allo stesso hanno successivamente rinviato, che la procura speciale debba necessariamente ed indefettibilmente essere rilasciata dal ricorrente in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento sfavorevole.

La data del rilascio, che, alla stregua della disciplina generale, non costituisce un elemento di forma-contenuto dell’atto di procura, né una condizione di efficacia della certificazione del difensore, nella nuova disposizione assurge a requisito condizionante l’ammissibilità stessa del ricorso per cassazione.

Tale potere certificatorio, conferito ex lege al difensore, non può dunque ritenersi mera declinazione del sistema di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3 e art. 125 c.p.c., comma 3, essendosi demandato al difensore un atto ben distinto ed ulteriore di fidefacienza circa il conferimento della procura posteriore alla comunicazione del decreto impugnato, che si aggiunge all’autonomo potere asseverativo demandato al difensore quanto all’autenticità della firma.

Nessuna altra opzione esegetica è possibile sperimentare rispetto ad un dato normativo introdotto con il D.L. n. 13 del 2017, per il quale era stata prevista, come già ricordato in premessa, una vacatio legis di sei mesi dall’entrata in vigore della legge Minniti, proprio per consentire ai professionisti di adeguare ed organizzare al meglio l’attività defensionale. L’adempimento risulta di chiaro contenuto e di semplicissima attuazione: il difensore, in aggiunta ai poteri certificatori connessi all’autentica della firma della procura, è stato espressamente investito del compito di certificare l’esistenza della data successiva al provvedimento.

Tale autonoma forma di certificazione affidata al difensore non è in alcun modo surrogabile aliunde dal mero contenuto complessivo della procura, anche se essa rechi al suo interno l’indicazione della data del conferimento (laddove priva di sua specifica certificazione) o quella del provvedimento sfavorevole e della sua comunicazione, a pena di svilire il dato testuale ed approdare ad interpretazione volta a realizzare una disapplicazione del testo normativo, così approdando ad un’ermeneusi contra legem, non consentita dal sistema – cfr. Cass., S.U., 30 marzo 2021, n. 8776 -.

Ne consegue che, in aggiunta all’ipotesi in cui manchi la indicazione della data del conferimento della procura successiva alla comunicazione del provvedimento, per la quale non può porsi alcun dubbio in ordine al vizio di inammissibilità inficiante il ricorso, malgrado l’autentica della firma della procura speciale effettuata dal difensore, anche la mera indicazione, nel testo della procura regolata dall’art. 35 bis ult. cit., comma 13, del provvedimento da impugnare non consente, da sola, di ritenere valida la procura autografata dal difensore, se ad essa non è associata l’indicazione della data di conferimento. A tale ipotesi di inammissibilità si aggiunge poi quella, ulteriore, nascente dai casi in cui la procura rechi sia la firma che la data postuma rispetto al provvedimento impugnato e comunicato, ma il difensore si sia limitato ad asseverare la firma senza compiere alcuna certificazione in ordine alla posteriorità della data.

Non occorre, infatti, che il difensore operi due autonome attestazioni, l’una relativa all’autentica della firma e l’altra alla certificazione della data, risultando sufficiente che anche solo attraverso un’unica asseverazione il difensore dia espressamente conto, anche senza l’uso di formule sacramentali, del fatto che la procura indichi una data successiva alla comunicazione, occorrendo soltanto che risulti in modo esplicito che detto difensore abbia asseverato l’esistenza di una data di rilascio in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento. Facendo applicazione dei principi di diritto qui rassegnati, il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente è inammissibile.

Nel caso di specie, infatti, la procura speciale è stata rilasciata al difensore in calce al ricorso per cassazione su foglio congiunto senza indicazione, accanto alla firma del conferente della data di rilascio della procura che non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato – nemmeno risultante dalla procura speciale – recando unicamente l’autenticazione della firma con la seguente formula “per autentica”.

Non occorre provvedere sulle spese, non essendosi costituita la parte intimata. Quanto al regime del c.d. doppio contributo, queste Sezioni Unite hanno riscontrato l’esistenza di orientamenti diversi, all’interno delle sezioni della Corte, circa il soggetto al quale va imposto il pagamento del doppio contributo previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Le Sezioni Unite con la decisione sopra richiamata hanno ritenuto che il contrasto vada risolto nel senso di individuare nel ricorrente conferente la procura speciale priva di data o della certificazione del suo difensore il soggetto responsabile per il pagamento a titolo di ulteriore contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 30 maggio 202, n. 115, art. 13, comma 1 quater, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza.

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nessuna determinazione in punto spese stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; nulla per le spese; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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