Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.5926 del 23/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31179-2020 proposto da:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore speciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TANARO 10, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SICILIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA GHEZZI;

– ricorrente –

contro

P.V., domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO SANTUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 01/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 09/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALERIA PICCONE.

RILEVATO

che:

Con sentenza dell’1 giugno 2020, la Corte d’Appello di Firenze ha respinto l’appello proposto da UNIPOL SAI S.P.A. nei confronti di P.V. avente ad oggetto la decisione di primo grado del locale Tribunale che aveva ritenuto sussistente una illecita interposizione di manodopera e, quindi, la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato con – UNIPOL SAI nel periodo 10/10/2011 – 31/01/2015;

in particolare, la Corte ha ritenuto che fosse stata fornita prova adeguata da parte della ricorrente dell’interposizione vietata, sia mediante testi sia mediante le numerose e-mails prodotte, attestanti il carattere puntuale delle disposizioni impartite dai preposti della compagnia alla P., non reputando rilevante in senso contrario l’acquisizione di un’elevata professionalità dell’appellata;

per la cassazione della sentenza propone ricorso UNIPOL SAI S.p.A., affidandolo a un motivo;

resiste, con controricorso, P.V.;

e’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, deducendosene come compiuta dalla Corte una interpretazione restrittiva e non completa;

il motivo è inammissibile;

parte ricorrente, invero, non si confronta con la motivazione della decisione della Corte territoriale nell’affermare avere la stessa dato assoluta rilevanza al criterio dell’organizzazione dei mezzi dell’appaltatore, che sarebbe stato ritenuto decisivo ai fini della qualificazione della legittimità dell’appalto;

tutta la confutazione di parte ricorrente si incentra su tale oggetto ma con doglianze pervasive di aspetti fattuali che fanno ritenere la censura come volta ad ottenere, piuttosto, una rivisitazione del fatto, inammissibile in sede di legittimità;

in particolare, parte ricorrente deduce una erronea interpretazione delle risultanze istruttorie allegando che le stesse “…non portano alle conclusioni cui sono giunti i giudici di secondo grado. Sul punto è appena il caso di richiamare le testimonianze sopra ricordate, dalle quali emerge chiaramente che…” aggiungendo come non vi fosse alcuna evidenza istruttoria atta a condurre a ritenere sussistente la subordinazione della P. rispetto alla UNIPOL SAI S.p.A.;

evidente, quindi, la pretesa di una nuova valutazione del fatto, non consentita dal ricorso per cassazione proposto;

deve, quindi, concludersi che parte ricorrente non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, e, cioè, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 14476 del 2021);

alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1-bis, art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 4000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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