LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Primo Presidente f.f. –
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 735/2020 proposto da:
B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 154/3DE, presso lo studio dell’avvocato DANIELE GRANARA, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.L., e D.P., la seconda in qualità di erede di T.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI BORMIOLI;
– controricorrenti –
e contro
COMUNE DI RECCO, CONDOMINIO *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 7164/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 22/10/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/12/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.
FATTI DI CAUSA
Il Condominio ***** e i condomini M.L. e Te.La. impugnarono avanti al T.A.R. per la Liguria il provvedimento con cui il Comune di Recco aveva riconosciuto a B.G. la concessione di uso di suolo pubblico per l’esercizio di un passo carrabile a servizio della sua abitazione sita ai civici *****.
Il T.A.R. accolse il ricorso ritenendo fondata e assorbente la censura concernente la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7, a causa della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento ai condomini del Condominio *****, sul rilievo che il Comune avrebbe dovuto informare i residenti nel condominio “della domanda presentata dalla controinteressata e delle possibili conseguenze derivanti dal suo accoglimento”, tenuto conto che non era chiaro se la natura pubblica riguardasse tutta la strada o parte di essa e considerato che la concessione di uno spazio per passo carrabile aveva apportato “una significativa modificazione” dei titoli di utilizzo della strada interessata.
Pronunciando sull’appello della B., il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, lo ha respinto, con compensazione delle spese di lite.
La B. ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c., comma 1 e art. 110 c.p.a., affidandosi a quattro motivi; ad esso hanno resistito, con unico controricorso, M.L. e D.P. (quest’ultima in qualità di erede di T.L.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, la ricorrente denuncia “violazione dell’art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c., comma 1 e dell’art. 110c.p.a., in relazione alla violazione degli artt. 24,103,111,113 e 117 Cost. e dell’art. 6CEDU, dell’artt. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, dell’art. 1c.p.a.. Violazione art. 34c.p.a. e art. 112 c.p.c.. Invasione o sconfinamento della giurisdizione appartenente al Giudice Ordinario”.
Assume la ricorrente che la sentenza impugnata è frutto di un’errata applicazione delle norme di diritto e dei principi giurisprudenziali concernenti il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, “laddove il Consiglio di Stato ha accertato la natura privata della strada di ***** quale statuizione principale della propria decisione”; rileva che l’accertamento concernente la natura, pubblica o privata, di una strada o l’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata è devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, “in quanto inerisce ad un diritto soggettivo”, mentre alla giurisdizione amministrativa compete una mera cognizione incidentale, che “deve essere strumentale alla pronuncia del Giudice Amministrativo sui vizi di legittimità dedotti senza che tale accertamento incidentale diventi l’oggetto (principale) del giudizio”; lamenta che “il Consiglio di Stato non ha rispettato tale limite al suo sindacato, incorrendo in un difetto di giurisdizione poiché ha trasformato la cognizione circa la natura giuridica della strada da mera cognizione incidentale e prodromica al giudizio circa la legittimità del provvedimento di cognizione a giudizio principale”, con ciò privando l’Amministrazione di qualsivoglia margine di discrezionalità”; in altri termini, evidenzia che “il Giudice Amministrativo non ha statuito sulla questione propostagli (ovvero sulla legittimità o meno della comunicazione di avvio del procedimento ai condomini del Condominio *di ***** 11*) ma ha statuito sulla natura giuridica della strada, facendo discendere da quest’ultima la conseguente obbligatorietà della comunicazione di avvio del procedimento”.
1.1. Il secondo motivo deduce “erroneità della sentenza per contraddittorietà e travisamento e per difetto di motivazione. Violazione degli artt. 103 e 113 Cost.. Violazione dell’art. 362 c.p.c., comma 1 e dell’art. 110c.p.a., in relazione alla violazione dell’art. 34 c.p.a. e artt. 112 e 1167 c.p.c.. Difetto assoluto di giurisdizione. Eccesso di potere giurisdizionale”.
Assume la ricorrente che, “nel porre come questione centrale del giudizio in oggetto la natura giuridica della strada (…) e concludendo per la natura privata di quest’ultima”, il Consiglio di Stato “ha determinato una serie di conseguenze automatiche che non lasciano all’Amministrazione civica alcun margine di discrezionalità”, determinandosi pertanto uno “sconfinamento del Giudice Amministrativo nella sfera riservata alla discrezionalità amministrativa (c.d. eccesso di potere giurisdizionale)”.
1.2. Col terzo motivo (che denuncia “violazione dell’art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c., comma 1 e dell’art. 110c.p.a., sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Eccesso di potere giurisdizionale derivante dalla pronuncia ultra petitum del giudice amministrativo di ultima istanza”), la B. assume che, “anziché limitarsi alla causa petendi e al petitum prospettati dalle parti”, il Consiglio di Stato “si è addentrato nell’esaminare questioni che non solo non appartenevano alla sua giurisdizione (…), ma che costituivano addirittura oggetto di un giudizio a sé stante tutt’oggi pendente innanzi al TAR Liguria” (relativo all’impugnazione del provvedimento con cui il Comune di Recco, a seguito del riesame della domanda della B., aveva rigettato l’istanza di occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche per l’accesso al passo carrabile). Lamenta, in particolare, che il Consiglio di Stato abbia “ricavato la prova dell’asserita infondatezza dei motivi di appello dedotti dalla ricorrente dalla mera circostanza per cui, successivamente alla sentenza di primo grado, l’Amministrazione comunale ha emanato un provvedimento di diniego della concessione precedentemente riconosciuta all’appellante, diniego che, peraltro, è stato prontamente impugnato dalla stessa” con ricorso sul quale non si è ancora pronunciato il T.A.R. Liguria.
1.3. Con il quarto motivo (anch’esso deducente la violazione dell’art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c., comma 1 e art. 110 c.p.a.), la ricorrente lamenta un “erroneo esercizio della giurisdizione”, evidenziando che la sentenza impugnata ha travisato quanto già affermato dal TAR Liguria (con sentenza n. 323/1993) e dallo stesso Consiglio di Stato (con sentenza n. 5692/2000), sostenendo che le precedenti pronunce non avevano ad oggetto anche il tratto di strada oggetto della domanda di concessione per occupazione di suolo pubblico.
2. Il primo motivo va disatteso.
Le censure svolte dalla B. sono basate sull’assunto che il Consiglio di Stato abbia qualificato in modo univoco la natura della strada in relazione al tratto interessato dal passo carrabile, in tal modo eccedendo rispetto ai limiti della propria giurisdizione e privando l’amministrazione comunale del potere di effettuare le proprie valutazioni.
Tale assunto non trova tuttavia riscontro nella motivazione della sentenza che (a prescindere dall’incipit fuorviante del punto 5, laddove parrebbe che il Consiglio desuma elementi di giudizio dal provvedimento emanato dal Comune di Recco all’esito del riesame successivo all’annullamento disposto dal T.A.R.) non compie una propria qualificazione sulla natura del tratto di strada in questione, ma si limita a riferire circa il contenuto del nuovo provvedimento adottato dal Comune e, di seguito, a evidenziare la non decisività degli ulteriori elementi richiamati dall’appellante; il tutto non per sostenere la natura privata del tratto stradale interessato, ma per evidenziare l’insussistenza di un precedente accertamento circa la sua destinazione ad uso pubblico e, conseguentemente, la necessità di un “approfondimento istruttorio” rispetto al quale risultava strumentale la comunicazione dell’avvio del procedimento ai residenti nel Condominio *****via Cotella*****.
Una siffatta conclusione trova chiara conferma nelle considerazioni svolte dal Consiglio di Stato ai punti 16 e segg. della sentenza, che evidenziano come l’esistenza del contenzioso civile fra la B. e i condomini del fabbricato *****via Cotella***** comportava che gli stessi fossero “soggetti individuati o facilmente individuabili”; che l’esigenza “di comunicare ai soggetti residenti nel condominio (…) l’avvio del procedimento a prescindere dalla natura giuridica della strada” era stata motivata dal primo giudice sulla base del rilievo che l’occupazione permanente da parte della B. avrebbe comportato una significativa modificazione della situazione di utilizzo del suolo conteso; che non era ravvisabile alcuna contraddizione nella sentenza di primo grado giacché il T.A.R. aveva attribuito “valenza decisiva all’esistenza di titoli giuridici contrapposti aventi ad oggetto l’uso della strada”, di talché “a fondamento della conseguente necessità di ampliare l’istruttoria procedimentale attraverso l’apporto di soggetti potenzialmente pregiudicati dalla concessione, attraverso lo strumento della comunicazione della L. n. 241 del 1990, ex art. 7, sta(va) proprio il dubbio espresso dal Tribunale amministrativo sull’estensione della servitù di pubblico passaggio”; ne risultava che, “lungi dall’essere incorso in una contraddizione, il giudice di primo grado (aveva) quindi affermato la necessità dello strumento partecipativo previsto dalla disposizione di legge ora richiamata in coerenza con la situazione di incertezza dei titoli giuridici sul tratto di strada interessato dall’istanza di concessione”.
Ne consegue che non ricorrono i presupposti assunti dalla B. a fondamento della censura di difetto di giurisdizione per “invasione o sconfinamento della giurisdizione appartenente al Giudice Ordinario”, dato che il Consiglio di Stato, lungi dal qualificare la natura della strada, si è limitato a confermare il rilievo di illegittimità compiuto dal primo giudice a causa della mancata comunicazione di avvio del procedimento, non eccedendo pertanto i limiti della sua giurisdizione di legittimità.
Il motivo risulta pertanto inammissibile in quanto non investe la ratio effettiva della decisione impugnata.
3. Gli altri motivi restano assorbiti.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza.
5. Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022
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