LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25828/2016 proposto da:
S.R., T.A., T.P., T.T., quali eredi di T.N., elettivamente domiciliati in Roma, Via della Cosseria n. 2, presso lo Studio Agenzia Placidi S.n.c., rappresentati e difesi dall’avvocato Conte Mario, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del ministro pro tempore, Agenzia del Demanio, in persona del direttore pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
contro
Agenzia del Demanio Filiale di Salerno;
– intimata –
avverso la sentenza n. 832/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 28/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/01/2022 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.
RILEVATO
che:
T.N. conveniva in giudizio davanti al tribunale di Salerno il Ministero dell’Economia e Finanze e l’Agenzia del Demanio per sentire accertato e determinato il canone da lui dovuto per l’utilizzo dell’area demaniale di mq. 2188, meglio distinta in atti, nonché per sentire accertato l’avvenuto pagamento da parte sua del canone così dovuto, per complessivi Euro 35.822,99 o in via subordinata, perché venisse accertata la misura del canone in base ai prezzi di mercato.
Il giudice di primo grado rigettava la domanda, in quanto nella presente materia, le controversie di competenza del giudice ordinario relative a fattispecie riferite a diritti soggettivi erano quelle relative al rilascio del bene dato in concessione, a prescindere dalla mancata contestazione dell’inesistenza del relativo rapporto e quella del pagamento del canone o dell’indennità di occupazione, non rilevando il titolo posto a base del pagamento. Poiché nella presente vicenda, il concessionario aveva continuato ad utilizzare il bene senza averne titolo, ad avviso del tribunale non aveva nessun fondamento la prospettata domanda di determinazione del canone dovuto, in quanto l’attore avrebbe potuto al più agire per la determinazione del risarcimento del danno in favore della pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 1591 c.c. ovvero per la quantificazione della misura dell’indennizzo, ai sensi dell’art. 2041 c.c., facendone, pertanto, il medesimo tribunale conseguire il rigetto della domanda, fondata su una causa petendi diversa da quella legittimante l’intervento del giudice ordinario.
L’attore proponeva appello che veniva rigettato.
A supporto delle proprie ragioni, la Corte distrettuale riteneva che non era stata colta la ratio decidendi della sentenza impugnata, che aveva qualificato la fattispecie, come utilizzo sine titulo del bene demaniale, così che non vi era interesse a chiarire la questione relativa alla esatta determinazione del canone che era la domanda proposta dall’appellante e che presupponeva un regolare rapporto negoziale; né vi era la possibilità di un rinnovo implicito o tacito del rapporto di concessione o locazione del bene pubblico, per il vincolo della forma scritta che contraddistingue i rapporti giuridici della pubblica amministrazione: nella specie, si sarebbe potuta configurare una questione di determinazione del danno, da riconoscersi, ex art. 1591 c.c. alla P.A. a titolo d’indennizzo da occupazione senza titolo ovvero di quantificazione di indennizzo ex art. 2041 c.c., ma in entrambe le ipotesi l’azione proposta avrebbe dovuto avere una causa petendi differente da quella spiegata con la domanda introduttiva del presente giudizio.
Gli eredi di T.N. ricorrono per cassazione con ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria, mentre il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso, e l’Agenzia del Demanio con atto di costituzione.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono il vizio di violazione di norme di diritto, in particolare, dell’art. 112 c.p.c. e art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4, nonché della L. n. 1034 del 1971, art. 5, comma 2 e dell’art. 1591 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte d’appello aveva erroneamente interpretato e qualificato la domanda attorea che era volta invece e dedurre l’illegittimità della pretesa patrimoniale avanzata dalla P.A. non solo per non aver applicato il criterio automatico di rivalutazione del canone, ma per aver illegittimamente fatto ricorso al criterio del libero mercato.
Con un secondo motivo, i ricorrenti deducono il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 112 c.p.c., art. 113 c.p.c. e art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4 e dell’art. 1591 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., nonché il vizio di omesso esame di un fatto decisivo e il vizio di nullità della sentenza per mancanza di motivazione, perché la parte attrice pur non avendo fatto esplicito riferimento nell’atto di citazione alla norma di cui all’art. 1591 c.c., con l’atto di appello – ad avviso dei ricorrenti – avrebbe emendato la domanda, chiarendo che la sua azione era finalizzata a determinare il canone da corrispondere alla P.A. per gli anni pregressi in modo da quantificare l’esatto corrispettivo per la sua detenzione dei beni demaniali sine titulo, per cui la domanda introduttiva non conteneva alcun diverso petitum e causa petendi.
In via preliminare, va disattesa l’eccezione di nullità della notifica del ricorso in cassazione all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno, in luogo dell’Avvocatura Generale dello Stato, sia perché è stata autorizzata la rinnovazione della notifica, ex art. 291 c.p.c., da parte di questa Corte, con decreto del 7.9.17, sia perché l’Avvocatura, come dalla stessa ammesso alla p. 2 del controricorso, si era a suo tempo costituita per denunciare il vizio della notifica, difendendosi anche nel merito e, quindi, aveva sanato, già prima della rinnovazione il dedotto vizio, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2.
Il primo e secondo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono fondati, in quanto se è vero che l’interpretazione della domanda è riservata al giudice del merito, è altrettanto vero che il sindacato in sede di legittimità può e deve avvenire sulla congruità della interpretazione, in base ai canoni di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. (cfr. Cass. n. 8473/20, in motivazione, Cass. nn. 2467/06, 17947/06).
Nella specie, alla p. 6 del ricorso in rinnovazione, il ricorrente ha riportato le conclusioni della domanda subordinata, nella quale chiede al giudice di primo grado di accertare e determinare il canone pregresso dovuto con riferimento alla media dei prezzi praticati in regime di mercato, per immobili aventi caratteristiche analoghe, che, nel suo contenuto sostanziale, è all’evidenza la richiesta di determinazione di un quantum risarcitorio, riferendosi ai prezzi di mercato e non ai canoni pattuiti contrattualmente; pertanto, la domanda proposta in appello, nel quale fa richiesta di determinazione dell’indennità risarcitoria, ex art. 1591 c.c., costituisce un’emendatio e non una mutatio libelli rispetto al contenuto della domanda proposta in primo grado.
In accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Salerno, affinché, sulla base dei principi esposti, riesamini la controversia.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022
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