Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.6054 del 23/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29071/2015 proposto da:

Fallimento della ***** S.p.a., in persona del curatore fall.re Dott.ssa M.M.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ennio Quirino Visconti n. 20, presso lo studio dell’avvocato Petracca Nicola Domenico, rappresentato e difeso dall’avvocato Mendolia Stefano, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

***** S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Ferraris Anna, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1157/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, pubblicata il 12/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/01/2022 dal cons. Dott. DI MARZIO MAURO.

FATTI DI CAUSA

1. – Il Fallimento ***** S.p.A. ricorre per due mezzi, nei confronti di ***** S.p.a., contro la sentenza del 12 novembre 2015 con cui la Corte d’appello di Brescia, provvedendo in accoglimento del reclamo proposto da quest’ultima società avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento ed il coevo decreto di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, ha revocato entrambi tali provvedimenti.

2. – ***** S.p.A. resiste con controricorso.

3. – Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. – Il primo mezzo denuncia violazione della L.Fall., art. 161 e falsa applicazione dell’art. 2364 c.c., comma 2, censurando la sentenza impugnata per aver reputato, diversamente da quanto aveva ritenuto il Tribunale, che ne aveva dichiarato il fallimento, che ***** S.p.a., la quale aveva fatto domanda di concordato in bianco, avesse ottemperato alla previsione della L.Fall., art. 161, comma 6, non avendo depositato i “bilanci relativi agli ultimi tre esercizi”, intendendosi con ciò il bilancio di esercizio disciplinato dagli artt. 2423 c.c. e ss., completo di stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa, approvato dall’assemblea dei soci e con gli allegati il cui deposito è previsto al Registro delle Imprese dall’art. 2435 c.c., avendo viceversa versato in atti, in luogo dell’ultimo dei tre bilanci richiesti, una “situazione patrimoniale al 31.12.2014”, documento che non poteva sostituire il bilancio, nulla rilevando altresì la pendenza del termine prorogato ai sensi del citato art. 2364, comma 2.

L’obbligo di deposito dei bilanci, previsto dalla L.Fall., art. 161, comma 6, è secondo la società ricorrente funzionale alla valutazione delle effettive condizioni economiche e patrimoniali dell’imprenditore che chiede il concordato, analogamente a quanto prevedono altre norme, quali quella in tema di fusione di cui all’art. 2501 bis c.c., nonché lo stesso L.Fall., art. 15, comma 4, ragion per cui il debitore che intende accedere al concordato preventivo ha l’onere di approvare preventivamente i bilanci degli ultimi tre esercizi chiusi prima del deposito del ricorso, senza poter fruire della proroga di cui all’art. 2364, comma 2 in vista di un adeguato bilanciamento tra l’interesse del debitore medesimo e quelli del ceto creditorio, anche in funzione di prevenzione di abusi, considerato gli effetti di protezione anticipata a favore del debitore automaticamente determinati dalla domanda di concordato.

Il secondo mezzo denuncia violazione dello stesso art. 2364, comma 2, ed è volto a sostenere che, anche ad ammettere che la proroga prevista dalla norma possa ripercuotersi sugli adempimenti di cui alla L.Fall., art. 161, comma 6, deve al tempo stesso riconoscersi che il Tribunale possa incidentalmente valutarne la legittimità, nel caso di specie insussistente.

5. – Il ricorso va respinto.

5.1. – I due motivi, che per il loro evidente collegamento possono essere esaminati simultaneamente, sono infondati.

5.2. – la L.Fall., art. 161, comma 6, riferito al concordato in bianco, laddove stabilisce che: “L’imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti”, reca un precetto solo apparentemente univoco, il cui effettivo senso non riesce ad intendersi attraverso l’analisi del mero dato letterale, se non si indaga la ratio sottesa alla disposizione così formulata. Basterà osservare che la L.Fall., art. 15 impiega la stessa formula, ove prescrive che “il tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi”, la quale, considerata nel suo rapporto con l’art. 1, comma 2 stessa legge, che fissa i requisiti di fallibilità, è interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che l’imprenditore può avvalersi dell’intero arco documentale costituito dalle scritture contabili provenienti dalla sua impresa, come pure di qualunque altra documentazione, formata anche da terzi, che possa nel concreto risultare utile (da ultimo Cass. 23 luglio 2021, n. 21188).

5.3. – Quanto alla ratio della disposizione, il deposito dei “bilanci relativi agli ultimi tre esercizi” potrebbe essere collocato sullo stesso piano del deposito della “aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa”, prevista dalla L.Fall., stesso art. 161, comma 2, lett. a) per il caso di domanda concordataria “piena”: la relazione ed i bilanci sarebbero secondo tale lettura strumentali al medesimo controllo sulla situazione attuale dell’impresa. E si potrebbe immaginare che il legislatore abbia chiesto i bilanci in luogo della relazione per non imporre una dilatazione dei tempi di presentazione della domanda di concordato in bianco. Questa soluzione, tuttavia, non può essere condivisa. In primo luogo i bilanci, ivi compreso l’ultimo, non necessariamente riflettono la situazione “aggiornata” dell’impresa, potendo risalire a mesi prima della domanda concordataria, e, d’altro canto, ove pure si ritenesse idoneo allo scopo l’ultimo bilancio, non si spiegherebbe la ragione della previsione che esige il deposito non dell’ultimo, ma degli ultimi tre bilanci.

Che la relazione ed i bilanci non possono essere collocati sullo stesso piano, del resto, è testimoniato dal già citato art. 15, comma 4, che in effetti prevede il deposito non solo dei “bilanci relativi agli ultimi tre esercizi”, ma anche di “una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata”, il che conferma che i bilanci non danno di per sé conto della situazione aggiornata dell’impresa. Ulteriore conferma della stessa conclusione si trae dall’art. 161, comma 6 secondo il quale colui che domanda di essere ammesso al concordato, oltre alla proposta ed al piano, deve depositare la “documentazione di cui ai commi 2 e 3”, ivi compresa, perciò, la relazione di cui si è detto, con il che si rinforza la conclusione di infungibilità di relazione e bilanci. Ed ancora, i bilanci non possono avere la stessa funzione della relazione aggiornata anche perché non è possibile ravvisare un nesso di strumentalità tra essi ed il provvedimento che, nel fisiologico svolgimento della procedura, il giudice chiamato in questa fase a pronunciare, limitandosi ad assegnare il termine per il deposito della proposta e del piano, oltre che della ulteriore documentazione menzionata dalla norma.

5.4. – Ne’ potrebbe altrimenti supporsi che il deposito dei bilanci sia destinato ad una verifica della generica regolarità contabile dell’attività di impresa, che costituirebbe recupero di una concezione premiale dell’accesso al concordato, estranea alla sua configurazione positiva attuale.

5.5. – La sola plausibile lettura della norma è quella secondo cui il deposito dei bilanci abbia lo scopo di porre il Tribunale in condizione di verificare, in vista della fissazione del termine per la presentazione della proposta, del piano e della documentazione completa, la sussistenza del presupposto soggettivo del superamento delle soglie dimensionali di cui alla L.Fall., art. 1, comma 2. Il deposito dei bilanci richiesto dall’art. 161, comma 6, in questa prospettiva, va a collocarsi in parallelo alla previsione contenuta nella L.Fall., art. 14, in applicazione del quale l’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti, ed in posizione inversa rispetto a quella considerata dal già citato art. 15, comma 4: nel concordato e nell’autofallimento (per quest’ultima ipotesi v. Cass. 14 giugno 2019, n. 16117) è il debitore che chiede di accedere all’una o all’altra procedura a dover dimostrare la ricorrenza dei requisiti dimensionali a tal fine necessari; nel fallimento è il debitore, per non fallire, a dover dimostrare la insussistenza dei requisiti dimensionali predetti. La produzione documentale in esame ha cioè ad oggetto, in tutte tre le ipotesi appena menzionate, l’assolvimento dell’onere probatorio concernente l’osservanza delle soglie dimensionali: nel caso del fallimento l’onere ha ad oggetto l’insussistenza del presupposto di fallibilità; nel caso dell’autofallimento e del concordato l’onere è capovolto.

Il perché, nel concordato, è chiaro: occorre evitare che possano prodursi gli automatici effetti protettivi che l’accesso alla procedura comporta in favore di soggetti che – potrebbero ipoteticamente ottenere il medesimo risultato a mezzo di altre procedure, alle condizioni di esse, ma che – alla procedura concordataria non possono accedere.

5.6. – Ma, una volta stabilito che la ratio è sostanzialmente la medesima che sta alla base della L.Fall., art. 14, comma 4, non v’e’ ragione per non estendere anche al caso del concordato gli approdi interpretativi in proposito formatisi.

5.7. – E, se l’imprenditore può avvalersi non solo dei bilanci, ma di qualunque altra documentazione che possa nel concreto risultare utile (si è citata soltanto Cass. 23 luglio 2021, n. 21188, poiché l’orientamento è consolidato ed è superfluo il richiamo ad altre numerose decisioni dello stesso segno), viene a cadere la stessa premessa della censura spiegata dalla ricorrente, dal momento che il giudice di merito ha in buona sostanza inteso ritenere che la “situazione patrimoniale al 31.12.2014” fosse equipollente all’ultimo bilancio non depositato, in ragione di una vicenda, la recente morte di uno dei due soci al 50% della S.p.A. istante nella procedura concordataria, tale da giustificare – secondo un apprezzamento di merito che sfugge al controllo di questa Corte – l’applicazione della proroga di cui all’art. 2364 c.c., comma 2.

5.8. – Resta soltanto da dire che non è pertinente il richiamo effettuato dal ricorrente in memoria illustrativa al principio enunciato da Cass. 11 novembre 2021, n. 33594, che si misura con la questione se dal mancato deposito della documentazione in discorso possa discendere pronuncia di inammissibilità della domanda concordataria prenotativa, ma non affronta affatto la totalmente diversa questione degli effetti del deposito di documentazione equipollente.

6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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