Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.6059 del 23/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25442/2020 R.G. proposto da:

A.A., nato in *****, il *****, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Novelli, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Castelfidardo via Paolo Soprani 2B;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12;

– resistente –

Avverso il decreto del Tribunale di Ancona, depositato il giorno 12 agosto 2020, nel procedimento iscritto al n. r.g. 6181/2019.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fichera.

FATTI DI CAUSA

A.A., cittadino ***** – che nel racconto reso in fase amministrativa aveva dichiarato di essere fuggito dal suo paese dopo essere stato rapito da un gruppo di terroristi talebani che lo avevano costretto a collaborare ad un attentato in cui erano rimaste uccise alcune persone -, impugnò innanzi al Tribunale di Ancona la decisione della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona, che aveva negato al richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, nonché delle altre forme complementari di protezione internazionale.

Con decreto depositato il giorno 12 agosto 2020, il tribunale, dopo aver proceduto alla audizione del richiedente, respinse l’impugnazione, osservando che, in considerazione della scarsa credibilità di quanto narrato dall’istante e tenuto conto della situazione politica attuale dell’area di provenienza, non sussistevano i presupposti per la concessione della protezione internazionale, neppure di quella sussidiaria, e del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Avverso il detto decreto del Tribunale di Ancona, A.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, mentre il Ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo e il secondo motivo deduce il ricorrente la violazione dell’art. 276 c.p.c. e del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, artt. 1 e 2 convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 47, poiché l’audizione del richiedente si è tenuta davanti ad un giudice onorario, estraneo alla sezione specializzata in materia di immigrazione del tribunale, che non ha poi fatto parte del collegio giudicante.

2. Con il terzo e quarto motivo lamenta la nullità della decisione per motivazione apparente, nonché la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto non credibile il racconto del richiedente.

3. Con il quinto motivo rileva la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, comma 1, poiché il tribunale ha omesso di riconoscere l’invocata protezione sussidiaria, nonostante i rischi e la situazione di instabilità nel paese di origine del richiedente.

4. Con il sesto e settimo motivo motivo eccepisce la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, nonché vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il tribunale negato l’invocato permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, omettendo di considerare le precarie condizioni di salute del richiedente e il suo livello di integrazione nel nostro paese.

5. Il ricorso è inammissibile, attesa la nullità della procura alle liti rilasciata dall’odierno ricorrente, considerato che il difensore ha omesso di certificare la data in cui la procura sarebbe stata a lui rilasciata dal medesimo.

Invero, le Sezioni Unite di questa Corte, a composizione di un contrasto insorto tra le sezioni, hanno affermato che il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” e che “a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore (Cass. S.U. 01/06/2021, n. 15177).

Ne consegue che tale procura speciale deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con un’unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione, che l’autenticità della firma del conferente.

5.1. Inoltre, sempre le Sezioni Unite hanno chiarito che la norma, così interpretata, non può considerarsi in contrasto: a) con la disciplina unionale, in relazione al principio di equivalenza e di effettività, considerato che non vi è alcuna materia regolata dal diritto interno, omogenea a quella della protezione internazionale e dell’asilo, che goda di una tutela maggiormente protettiva con riguardo alla proposizione del ricorso per cassazione, e che il principio di effettività deve ritenersi limitato al giudizio di primo grado; b) con l’art. 6 CEDU, nella parte in cui riconosce il diritto all’accesso alla giustizia, valutato anche in combinato disposto con l’art. 14 che stabilisce il divieto di non discriminazione, poiché la norma persegue l’interesse ad un corretto e leale esercizio dell’amministrazione della giustizia, anche in relazione alle ripercussioni sul complessivo funzionamento della giurisdizione ordinaria di ultima istanza, interessi che il legislatore può legittimamente valorizzare, senza violare il principio di non discriminazione, poiché la norma riguarda solo coloro che, trovandosi in una posizione di incerto collegamento con il territorio nazionale, costituiscono un gruppo nettamente distinto rispetto a quello che ha invece con il nostro paese una stabile relazione territoriale; c) con gli artt. 3 e 24 Cost., quanto al principio di eguaglianza ed al diritto di difesa, considerato che la specifica regola processuale non ha come giustificazione la condizione di richiedente protezione internazionale, quanto, piuttosto, la specificità del ricorso per cassazione rispetto alle materie disciplinate dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, in relazione alle quali il legislatore ordinario ha un’ampia discrezionalità, maggiormente accentuata nella disciplina degli istituti processuali dove vi è l’esigenza della celere definizione delle decisioni.

6. Nulla sulle spese in difetto di attività difensiva dell’amministrazione resistente; sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti del ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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