Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.6070 del 24/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3365-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.A. e B.A., elettivamente domiciliati in ROMA, via Luigi Calamatta 16, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA PAPARO, rappresentati e difesi dall’avvocato ROBERTA BONADEO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1394/2014 della COMM.TRIB.REG.VENETO, depositata il 22/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate con cui, accertato un maggior reddito di impresa nei confronti della società BI & BI sas (poi trasformata in srl), imputava anche ai soci il maggior reddito accertato in relazione alle quote possedute ex art. 5 TUIR.

I soci B.A. (titolare di quote per il 60%) e B.A. (titolare di quote per il 40%) proponevano ricorso avverso l’atto di accertamento a loro rispettivamente notificato. La Ctp, riuniti i procedimenti dei due soci, accoglieva i ricorsi in quanto nel caso il reddito societario era divenuto definitivo per effetto della domanda di accertamento con adesione, e tale reddito doveva essere considerato ai fini della sua attribuzione pro quota ai soci.

La Ctr, a seguito di appello dell’Agenzia, confermava tale statuizione. Proponeva ricorso in cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi ad un unico motivo così sintetizzabile:

“Nullità della sentenza per violazione del principio del litisconsorzio necessario in materia tributaria, artt. 101 e 102 c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, ex art. 360 c.p.c., n. 4”.

Si costituivano con controricorso i soci chiedendo il rigetto del ricorso e depositavano successiva memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente deduce che il contraddittorio non era integro non avendo partecipato al giudizio di merito la società di persone (solo successivamente trasformata in srl), il cui reddito societario era oggetto di contesa.

Il ricorso è inammissibile.

Nel caso la ricorrente non ha adeguatamente contrastato – se non in modo del tutto generico e non autosufficiente – il capo della sentenza con cui la Ctr ha accertato la definitività del reddito della società per effetto della procedura di accertamento con adesione, a seguito della quale la pretesa impositiva doveva ritenersi “cristallizzata” (come “l’Ufficio stesso riconosce”), pretesa da imputare pro quota ai soci, e quindi la parte propone una mera ripetizione del processo in violazione dei principi di economia processuale insiti nel nostro sistema.

Una volta accertata l’intervenuta definitività del reddito nei confronti della società, anche l’accertamento relativo al maggior reddito di partecipazione percepito dai soci deve essere definito in base a tale presupposto, e quindi è venuta meno proprio la necessità del litisconsorzio processuale (v. Cass. n. 12137 del 2019 – secondo la quale “In tema di accertamento con adesione, non sussiste il litisconsorzio necessario con i soci, in relazione ai giudizi da essi instaurati avverso gli atti di accertamento loro notificati, in quanto assenti o non aderenti al procedimento amministrativo iniziato e definito dalla società di persone, posto che l’esigenza di unitarietà dell’accertamento viene meno con l’intervenuta definizione da parte della società in sede amministrativa che, ai sensi del D.P.R. n. 60o del 1973, art. 41-bis costituisce titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche, con la conseguenza che ciascun socio può opporre solo ragioni di impugnazione specifiche e, quindi, di esclusivo carattere personale” – e n. 19776 del 2020; cfr. anche Cass. nn. 6110 del 2016 e 21834 del 2018).

Poiché nel caso in esame non è in discussione l’accertamento del reddito societario, che secondo la Ctr era stato definito, non può dirsi neppure violato il principio del litisconsorzio necessario considerando che il reddito societario si è automaticamente ribaltato pro quota sui singoli soci per disposizione di legge.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate nella misura di Euro 13000 per compensi, oltre al 15% per spese forfettarie, ad Euro 200 per esborsi ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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