Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.6107 del 24/02/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26808-2020 proposto da:

I.O., elett.te domiciliato presso l’avvocato BEATRICE RIGOTTI, dalla quale è rappres. e difeso, con procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 7796/2020 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato l’8/09/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere relatore, doti ROSARIO CAIAZZO.

RILEVATO

che:

I.O., cittadino della Nigeria, ha adito il Tribunale di Venezia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso, osservando che: il ricorrente non era credibile, avendo fornito innanzi alla Commissione dichiarazioni generiche, prive di dettaglio e stereotipate in merito al suo percorso di scoperta del suo orientamento omossessuale nonché alle sue difficoltà di vivere tale condizione in Nigeria; erano altresì ravvisabili contraddizioni e aporie nella narrazione del ricorrente; alla luce di tali rilievi doveva ritenersi superflua sia l’audizione dell’asserito compagno del ricorrente, sia le considerazioni contenute nelle relazioni del Circolo Pink; erano da escludere i requisiti per la protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sulla base delle COI consultate e menzionate, nonché i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, o al c.d. diritto di asilo o protezione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, commi 1 e 1.1., in considerazione della mancata credibilità del racconto del ricorrente, della mancata documentazione dello svolgimento di attività lavorativa sufficientemente stabile e con retribuzione adeguata, della mancata allegazione di circostanze di particolare vulnerabilità soggettiva, ritenendo non determinanti e non documentati i postumi derivanti dalle vicende relative al periodo trascorso in Libia.

Lo straniero ricorre per cassazione con quattro motivi. L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

RITENUTO

che:

Il primo motivo deduce nullità del decreto impugnato per motivazione apparente, perplessa e carente, in violazione dei criteri legali di valutazione della prova D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 5, comma 3, avendo il Tribunale espresso un giudizio di non credibilità del racconto senza alcun riferimento specifico alle ragioni di tale conclusione, disattendendo i criteri di valutazione dell’affidabilità dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1, lett. b).

Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 360, nn. 4 e 5, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, all’art. 115 c.p.c., al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, art. 3 e art. 14, al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonché al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per motivazione apparente del decreto impugnato ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione al materiale probatorio proveniente dal circolo *****, nonché per omesso esame di una persona informata sui fatti, quale l’attuale partner del ricorrente.

Il terzo motivo denunzia violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 115 c.p.c., e al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, e art. 14, al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere il Tribunale falsamente applicato il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), addivenendo ad un giudizio parziale, in violazione dei criteri legali di valutazione degli elementi di prova con riferimento ai riscontri esterni di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, suddetto art. 8, avendo omesso di prendere in considerazione il trattamento riservato alle persone appartenenti alla comunità LGBT, così come attestato dalle fonti disponibili e prodotte.

Il quarto motivo denunzia violazione ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per motivazione apparente in rapporto al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29, al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3-bis, e all’art. 8 CEDU, per non avere il Tribunale esaminato la richiesta di riconoscimento della protezione umanitaria in relazione alla condizione di vulnerabilità e di integrazione del ricorrente, e per aver omesso la valutazione comparativa tra l’odierna situazione in capo alla stessa e la possibile compromissione del nucleo dei suoi diritti fondamentali in caso di rimpatrio nel Paese di origine.

Il collegio ritiene che sia da esaminare preliminarmente il secondo motivo, per il suo carattere logicamente prioritario rispetto agli altri motivi; tale motivo è fondato.

La doglianza in questione riguarda la ritenuta irrilevanza, ai fini della valutazione di credibilità del ricorrente, della relazione dell’associazione LGBT, di cui quest’ultimo è membro in Italia, dove si dà atto e si documenta anche fotograficamente l’assidua frequentazione del gruppo da parte del ricorrente e si riferisce sulle relazioni omosessuali dallo stesso vissute, viene descritto il suo carattere, il suo atteggiamento e la sua progressiva volontà di inserirsi nel contesto sociale, esprimendo liberamente il proprio orientamento sessuale. In relazione a tale mancata considerazione, il ricorrente si duole della violazione dei criteri normativi di valutazione della credibilità del suo racconto da parte del Tribunale.

Al riguardo, va osservato che il giudice di primo grado ha ritenuto inattendibile tale racconto circa la relazione omosessuale tra l’istante e il suo datore di lavoro sul rilievo che il pericolo di essere scoperti avrebbe certo dissuaso condotte del genere, senza tener conto del contenuto della relazione del circolo pink che contenevano riferimenti all’assidua frequentazione del gruppo di omosessuali da parte del ricorrente e delle relazioni omosessuali da quest’ultimo vissute. Pertanto, l’esame del Tribunale, circa la credibilità del ricorrente, è viziato nella parte in cui non ha effettuato una valutazione complessiva ed unitaria dei vari elementi probatori acquisiti, limitandosi ad escludere l’attendibilità del racconto reso per il solo generale pericolo al quale qualunque coppia di omosessuali si esporrebbe in Nigeria a causa delle gravi sanzioni penali comminate agli omosessuali.

L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento degli altri, le cui doglianze sono comunque imperniate sulla suddetta questione; pertanto, il decreto impugnato va cassato, con rinvio al Tribunale di Venezia, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del grado di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022

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