LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8693-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
E.C.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 5074/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il 26/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 26/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.
RILEVATO
che:
Con sentenza depositata il 26 agosto 2019 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da E.C. contro il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso della quota pari al 90% delle imposte versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dal contribuente, residente in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17.
Avverso la suddetta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Il contribuente non ha svolto difese.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,19 e 21, per non avere la CTR dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente – rilevabile in ogni stato e grado del giudizio – per mancanza nell’istanza di rimborso della indicazione del quantum richiesto e della connessa prova di aver versato al Fisco la somma chiesta in restituzione.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso il contenuto dell’istanza di rimborso, ovvero indicato in quale fase del giudizio di merito la stessa sia stata prodotta, né depositato la suddetta istanza unitamente al ricorso.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017. Sostiene la ricorrente che lo ius superveniens di cui al suddetto Decreto-Legge sarebbe estensibile all’odierno giudizio poiché l’art. 16-octies, dovrebbe applicarsi a tutti i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore, nella parte in cui riduce in percentuale le somme da corrispondere (o addirittura esclude che si proceda al rimborso) nel caso in cui gli importi complessivamente dovuti eccedano le risorse stanziate in bilancio.
La censura è infondata.
Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione di limiti quantitativi al procedimento di rimborso da parte di una legge sopravvenuta (L. n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, lett. b, di conv. del D.L. n. 91 del 2017), attuata con provvedimento amministrativo, in quanto la stessa non incide sul titolo del diritto alla ripetizione, che si forma nel relativo processo, ma esclusivamente sull’esecuzione del medesimo (Cass. n. 6213 del 2018; nello stesso senso: Cass. n. 227 del 2018; Cass. n. 29899 del 2017). Le eventuali questioni concernenti i limiti delle risorse stanziate ed i consequenziali provvedimenti liquidatori attengono soltanto alla fase esecutiva e/o di ottemperanza (in termini, tra le tante, Cass. n. 2846 e Cass. n. 5300 del 2019).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Stante l’assenza di attività difensiva dell’intimato, non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio.
Risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2022